Sono infatti pienamente valide le clausole dell’accordo di separazione che riconoscono ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di bei mobili o immobili o che ne operino il trasferimento a favore di uno di essi al fine di assicurarne il mantenimento.
È valida anche la clausola contenuta nella domanda di separazione consensuale con la quale viene previsto l’impegno dei coniugi a compiere trasferimenti immobiliari successivi al decreto di omologa.
In tal caso il tribunale ne prende atto rinviando al verbale con contenuto obbligatorio fra le parti. L’atto di separazione inteso come negozio giuridico bilaterale, consente che in tale convenzione possano essere presenti anche clausole a contenuto patrimoniale, volte a trasferire diritti reali immobiliari, la cui validità dipende dal giudizio sulla meritevolezza degli interessi perseguiti attribuito dal legislatore. L’accordo si configura come un contratto atipico, meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 1322 c.c., non in contrasto con l’ordine pubblico e caratterizzato da una causa propria individuata nell’esigenza di attuare un regolamento dei rapporti, una definizione delle reciproche ragioni di dare e avere tra i coniugi al termine della convivenza.
Il trasferimento di quota di beni immobili di pertinenza di uno dei coniugi a favore dell’altro realizzato in sede di separazione consensuale non può essere di per sé solo considerato a titolo gratuito. La suddetta operazione, infatti, lungi dal costituire un atto di mera liberalità, rappresenta l’attuazione di uno specifico programma atto a definire sia posizioni pregresse sia obblighi direttamente scaturenti dalla separazione coniugale, la cui liquidazione -una tantum- è specificatamente consentita.
I coniugi nell’ambito della loro autonoma e discrezionale determinazione possono subordinare l’accordo di separazione all’attribuzione definitiva di beni mobili o immobili, o di capitali in denaro in sostituzione o integrazione dell’assegno di mantenimento, alla costituzione di un diritto reale di abitazione o di usufrutto, all’assegnazione in godimento della casa di abitazione in favore del coniuge più debole, alla promessa di costituzione di un fondo patrimoniale per sopperire alle esigenze di vita del coniuge separato. In questo modo l’obbligo di mantenimento può essere soddisfatto, oltre che con la corresponsione di un assegno periodico di denaro, anche in tutto o in parte attraverso una sistemazione economica una tantum dei rapporti patrimoniali tra coniugi conseguenti la separazione.
Anche l’obbligo di mantenimento dei figli minori, o maggiorenni non autosufficienti, può essere adempiuto dai genitori in sede di separazione personale mediante un accordo il quale, anziché attraverso una prestazione patrimoniale periodica, o in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai figli la proprietà di beni mobili o immobili. Detto accordo non realizza una donazione in quanto assolve a una funzione solutoria-compensativa dell’obbligazione di mantenimento e costituisce applicazione del principio della libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
L’accordo, recepito e condizionato dal provvedimento di separazione, non si limita in tal caso a determinare le concrete modalità della prestazione periodica di mantenimento, ma comporta l’immediata e definitiva acquisizione al patrimonio dei figli della proprietà dei beni che i genitori, o il genitore, abbiano loro attribuito o si siano impegnati ad attribuire.