È cattiva, arrogante, sfrontata, una vera bulla. E questo è solo l’aspetto estetico della sorprendente Renault 5 Turbo. Perché anche alla guida, superato lo shock causato dall’allestimento psichedelico hi-tech, si rivela scorbutica, prepotente e quasi indomabile. Incarna perfettamente gli eccessi degli anni ‘80, quando dominavano gli “effetti speciali”, l’apparenza e l’edonismo sfrenato.

Dalla piccola R5, utilitaria simpatica e sbarazzina, la Renault, nel tentativo di contrastare lo strapotere nei rally della Fiat 131 Abarth, ricavò un mostro iper-vitaminizzato dalle sembianze spaventose. Una vera e propria metamorfosi. L’originaria vetturetta, presentata al Salone di Parigi del 1971, non aveva infatti nulla di esagerato né di sconvolgente, pur essendo a suo modo rivoluzionaria. Aveva forme semplici, essenziali, ma insolite e moderne. Era una vettura anticonformista, del tutto a suo agio in e poca di avant-garde figurative, caratterizzata da colori acidi e sgargianti e da un approccio audace e giocherellone, in stile quasi pop-art.
Renault 5 Turbo: costruzione del mito
Presentava alcune scelte stilistiche assolutamente innovative, a cominciare dai paraurti grigi in resina poliestere integrati nella carrozzeria con funzioni di scudi protettivi, soluzione che sarà poi via via adottata da tutte le case automobilistiche, in sostituzione dei classici paraurti di acciaio cromato. Caratteristici anche i gruppi ottici posteriori verticali, installati in alto ai lati del portellone, anch’esso una vera primizia su un’auto di questa categoria, anticipata solo dalle Autobianchi Primula del ‘64 e 112 del ‘69.

Originali anche il passo lungo, gli sbalzi quasi inesistenti, le protezioni laterali, le grandi vetrate e le maniglie nascoste. Per contro la meccanica e l’impostazione erano piuttosto tradizionali. I motori erano i 4 cilindri super-collaudati delle veterane R4 e R8, per di più disposti longitudinalmente (soluzione non certo all’avanguardia), la trazione era anteriore, il cambio era il classico “ombrello” alla francese e, sempre in tema di usanze transalpine, le sospensioni erano morbide e a lunga escursione, che le conferivano la tipica andatura dondolante, ancorché comoda e sicura.
Supportata anche da una serie di riuscitissime campagne pubblicitarie, che ne accentuavano praticità e carattere (con slogan come “cittadina giramondo” o “abracadabra, è una strega”), la R5 ottenne un grande successo, tanto da essere prodotta in oltre cinque milioni di esemplari.

L’aggiornamento, grazie a Marcello Gandini
Fu aggiornata solo nel 1984 dalla Supercinque che, grazie anche alla consulenza di Marcello Gandini, presentava il motore finalmente trasversale e linee e soluzioni più moderne, pur mantenendo lo stile generale dell’originale.
Nelle varie versioni fu declinata in una miriade di serie speciali, a cominciare dalle performanti Alpine, studiate dal reparto corse per essere impiegate in un apposito Trofeo e dal 1981 proposte in versione turbo. Era questo il fiore all’occhiello della Renault, che aveva creduto ed investito nella tecnologia turbo, tanto da conseguire la prima vittoria in Formula 1 con una vettura sovralimentata, peraltro interamente prodotta in casa (G.P. di Francia del ‘79), costringendo tutte le rivali a cercare di emularla.
Se da un lato era naturale cercare di capitalizzare il prezioso know-how anche nel campionato rally, dall’altro appariva problematico, per una trazione anteriore, scaricare a terra la potenza ragguardevole che si rendeva necessario ottenere per stare al passo con una concorrenza sempre più agguerrita. Fu allora che al manager Renault Jean Terramorsi si accese la lampadina, per un’idea geniale e al tempo stesso bizzarra: si trattava, in sostanza di mettere il motore nel bagagliaio.
Renault 5 Turbo, nasce la “belva”
È così che nacque la “belva”: via il divano posteriore e al suo posto il quattro cilindri dell’Alpine turbo montato longitudinalmente e dotato di accensione elettronica, iniezione meccanica e alimentato da serbatoi sdoppiati posizionati sotto i sedili, per bilanciare i pesi. Rivoluzionato anche l’aspetto. Occorreva distaccarsi dall’immagine utilitaria della R5 base, ma allo stesso tempo ricordarla per ragioni di marketing (soluzione che ispirò poi anche le rivali, in particolare Lancia e Peugeot).
Era altresì necessario conferire alla vettura un look da sportiva vera. Il risultato fu ottenuto, per il design, dalla collaborazione tra il centro stile Renault e la carrozzeria Bertone con lo stilista Gandini, per l’adattamento delle scocche dalla carrozzeria Heuliez, per l’assemblaggio finale dalle officine Alpine. La vettura sprigionava da qualsiasi angolazione potenza e rabbia. Parafanghi anabolizzati e davvero spropositati, carreggiate allargate, prese d’aria ovunque, spoiler e minigonne, tetto e porte in alluminio. Una vera macchina da corsa con finiture essenziali, sound spaventoso e prestazioni mozzafiato.
Un’auto esplosiva che mostrava spavaldamente i muscoli, ma che per esprimersi al meglio pretendeva potenti muscoli anche da parte dei piloti, oltre a una considerevole perizia di guida. Aveva un comportamento brusco e violento, sottosterzo e sovrasterzo si alternavano in maniera fulminea, il turbo-lag sparava cannonate improvvise nella schiena, il tutto senza alcun aiuto elettronico di soccorso.
Non molti piloti riuscirono a domarla efficacemente; su tutti Jean Ragnotti, vero specialista che riuscì anche a portarla alla vittoria nel Rally di Montecarlo nel 1981. L’avvento della trazione integrale nel mondo dei rally e l’abolizione del pericoloso Gruppo B nel quale la 5 Turbo era confluita, le impedirono di vincere un titolo mondiale, pur avendo totalizzato nel complesso un palmares di tutto rispetto, comprensivo di quattro vittorie iridate.
Tempo di una seconda vita
Come accaduto per tante storiche icone, anche per la Renault 5 è giunto oggi il tempo della seconda vita, con la riproposizione in chiave moderna delle linee e degli stilemi che avevano contribuito al successo della vettura originale, garantendo però tecnologia, prestazioni, sicurezza e sostenibilità delle auto moderne.
E ci sarà anche una nuova 5 Turbo con la stessa esuberanza della progenitrice, sia nell’aspetto estremo sia nelle caratteristiche tecniche di prim’ordine, grazie alla fibra di carbonio con la quale sarà realizzata, ai due motori elettrici piazzati tra le ruote posteriori e ai 540 cavalli che sarà in grado di erogare. Oggi la 5 Turbo storica, o meglio il “Turbone” come era anche soprannominata all’epoca, è una delle youngtimer più desiderate dagli appassionati di supercar o di competizioni rallistiche, che sono spesso disposti a spendere cifre vicine anche ai 150.000 euro per una Turbo costruita tra l’80 e l’82 in meno di duemila esemplari (dei quali solo un centinaio importati all’epoca in Italia) o comunque attorno ai 100.000 per una delle poco più di tremila Turbo 2 prodotte dall’82 all’85 con interni e materiali semplificati, ma con ancor più carattere e potenza.