Montecarlo, febbraio 1972. Accade quello che nessuno era stato in grado di prevedere. Il rally più prestigioso del mondo è pacificamente considerato, in quell’edizione, un affare a due fra le terribili Alpine Renault A 110, bassissime, agili e aggressive, e le potenti e veloci Porsche 911 S. La Lancia, che già sta lavorando su quella che sarà l’imbattibile Stratos, schiera ancora, in sua attesa e per onor di firma, la gloriosa Fulvia Coupé Rallye 1.6 HF ormai a fine carriera, un’auto plurivittoriosa che corre da sette anni e che appare superata rispetto alle più moderne concorrenti.
Lancia Fulvia nel rally del 1972
La Casa ha già deliberato la fine della produzione della Fulvia sia nella versione berlina sia in quella coupé, senza però fare i conti con le capacità, la longevità e l’affidabilità della vecchia “Fulvietta”, da tutti data per battuta in partenza. Grazie anche alla maestria e all’esperienza dell’equipaggio Munari – Mannucci e alle strategie vincenti adottate, la HF numero 14 rossa con il cofano nero e l’enorme scritta Lancia – Italia, attaccò vigorosamente nelle ultime prove speciali imponendo un ritmo infernale, percorrendo come un fulmine i passaggi sul Col de Turini, fra ghiaccio, neve e forte vento e decimando letteralmente le auto avversarie, i cui motori e cambi cedevano uno dopo l’altro.
Nella bufera notturna sul Turini il rombo cupo dell’incontenibile 14 rossa, le sciabolate abbaglianti dei suoi grossi fendinebbia e i flussi di neve sollevati dalle sue ruote impressionarono enormemente il pubblico, consentendo alla Fulvia di stravincere la gara e di infliggere alla Porsche 2.400 c.c. con il doppio di cavalli, giunta seconda, dieci minuti di distacco, e addirittura trentasei alla prima delle Alpine schierate, classificatasi settima. A fine stagione la Lancia conquistò anche il campionato internazionale costruttori, antesignano del mondiale che non era ancora stato istituito.

Lancia Fulvia, il restyling dopo l’annunciato pensionamento
E la Lancia non solo dovette rinunciare all’ipotesi di “pensionare” la Fulvia Coupé, ma la forte richiesta derivante dai nuovi successi che si aggiungevano alle centinaia di vittorie precedenti, la indussero a mettere in produzione anche una versione celebrativa della vittoria a Montecarlo e a continuare a produrre la piccola coupé ancora per quattro anni. La clamorosa e inaspettata vittoria aveva infatti rinvigorito notevolmente la fama della vettura, che aveva cominciato certo ad accusare il peso degli anni, ma che godeva comunque di un’immagine vincente che le garantiva ancora un buon successo, che peraltro aveva conosciuto fin dalla sua presentazione.
Fu lanciata al Salone di Ginevra nel marzo 1965, come derivazione dalla classica berlina accorciata di diversi centimetri, alleggerita di oltre cento chili e potenziata di un buon numero di cavalli. La linea conquistò subito il pubblico: dava immediata impressione di grande leggerezza, luminosità, eleganza e classe. Aveva una linea di cintura piuttosto bassa, un frontale affilato con due coppie di fari e una netta piega tra cofano e calandra, una nervatura che correva lungo tutta la fiancata, due sole porte ed una coda tronca e concava caratterizzata da un taglio netto. Sullo slanciato corpo vettura spiccava un abitacolo impostato come una torretta, con sottilissimi montanti e grande superficie vetrata.
Ricordava immediatamente lo stile di certi piccoli e veloci motoscafi sportivi, ed infatti il progettista Piero Castagnero dichiarò immediatamente di aver tratto ispirazione dal mondo della nautica, ed in particolare dai prestigiosi Riva Aquarama.
Col passare del tempo tuttavia affiorarono ulteriori sensazioni di déjà-vu e si cominciarono a notare indubbie similitudini con alcune creazioni del famoso stilista Giovanni Michelotti, una Fiat Osca 1500 e una Fiat 1300 Scioneri presentate anni prima come prototipi. Non è noto se anche Michelotti sia a sua volta ispirato ai motoscafi Riva, né se Castagnero abbia inteso citare l’illustre collega o se invece abbia realizzato una inconsapevole rielaborazione creativa. Resta il fatto che la linea delle Fulvia Coupé è tutt’oggi considerata non solo unica e originale ma un vero capolavoro, esempio di personalità, sobrietà ed equilibrio.

Specifiche tecniche dei vari modelli
Anche la meccanica aveva doti di grande modernità e raffinatezza. Nacque con un quattro cilindri a V stretto di 1,2 litri in lega d’alluminio con due alberi a camme, montato a sbalzo sull’avantreno ed inclinato sul lato sinistro; la trazione era anteriore.
Altrettanta raffinatezza si riscontrava nell’abitacolo, con dotazioni complete e nel quale spiccavano il legno di volante e plancia ed il panno o la pelle dei sedili; le finiture accurate donavano all’insieme sensazioni di gran classe e qualità.
Già nel ‘66 la Casa lanciò una prima versione sportiva della Coupé, l’ HF, ove l’acronimo stava per High Fidelity, denominazione della Squadra Corse Lancia, il cui simbolo era il noto elefantino in corsa. La vettura era alleggerita con lamiere più sottili, cofani e porte in lega di alluminio, vetri e lunotto in plexiglas, motori più spinti e carburatori più grandi.
Le porte e i cofani più leggeri vennero proposti anche in una versione più tranquilla, la Rallye 1.3, uscita nel ‘67 con il nuovo motore di 1,3 litri, seguita poi anche dalla versione “S”. Anche l’HF adottò quindi il motore 1300 c.c., portato a ben 101 cavalli, e cominciò quasi di nascosto (perché contro il volere dei vertici Lancia) a correre nei campionati rallistici. Le vittorie si susseguirono incessantemente, ma per competere per i piazzamenti assoluti contro vetture ben più potenti, occorreva un’ulteriore cura vitaminizzante.
Si arrivò quindi alla Fulvia 1.6 HF Rallye, presentata al Salone di Torino del novembre ‘68 e contraddistinta, nel frontale, dai due fari di profondità interni di maggiori dimensioni rispetto ai fari esterni, che le valsero l’appellativo di “Fanalona”. Impreziosite anche dai cerchi in lega e dai codolini allargati ai parafanghi, le HF vinsero a mani basse campionati nazionali e internazionali piloti e costruttori, ponendo le basi dello strapotere Lancia nel mondo dei rally che, grazie a Fulvia, Stratos, 037 e Delta, diverrà il costruttore più vincente di sempre.
La Fulvia Coupé, amata dai collezionisti
Con il suo tipico assetto rialzato nel posteriore e puntato in basso nel frontale, l’HF scriverà pagine memorabili nelle competizioni, soprattutto nelle mani dei piloti più esperti, poiché alle proverbiali doti di affidabilità e tenuta di strada accompagnava un comportamento spiccatamente sottosterzante, imponendo, nelle curve, continue sbandate controllate. La Fulvia Coupé in generale conobbe un grande successo commerciale e tra prima serie, seconda serie (uscita nel 1970, già in epoca Fiat) e versione 3 (lanciata con aggiornamenti nel ‘73) fu costruita complessivamente fino al 1976 in oltre 140.000 esemplari. Di questi oltre 6.200 sono stati prodotti nelle versioni HF, le più sofisticate e performanti, ed ovviamente le più ricercate oggi dai collezionisti.
I palati più fini non potranno però che dirigersi verso le HF 1.6 Rallye, prodotte in 1.258 esemplari; le quotazioni delle sopravvissute difficilmente scendono sotto i centomila euro, senza considerare però i blasonati esemplari ex corsaioli, che possono raggiungere prezzi da vera affezione.