Secondo la ricerca realizzata da PwC su 700 famiglie con una ricchezza investibile pari almeno a 500mila euro, il 17% dei risparmiatori private non crede affatto di poter fare a meno di coperture assicurative, mentre un altro 28% non è sicuro della risposta
Per superare le reticenze dei banker sulle insidie delle assicurazioni danni gli attori del private banking puntano sull’affiancamento di figure interne dotate di competenze specifiche
Parlare di assicurazioni difficilmente manda i risparmiatori su di giri. Forse anche per questo Aipb ha deciso di invitare l’ex pilota di formula uno Vitantonio Liuzzi a parlare di rischi: la pista come metafora di una vita che, ogni tanto, è fatta di sbandate e di incidenti.
Il mondo del private banking è abituato da molto tempo a inserire coperture assicurative nei suoi servizi, anche se il grosso di questa pianificazione riguarda le polizze vita “da investimento”. Prodotti che assicurano un capitale, più che coprire da rischi veri e propri, di cui spesso i clienti non vorrebbero sentir parlare: malattie, invalidità permanenti, morti premature. La cronaca si può concedere il lusso di chiamare queste cose con il loro nome, così come la pista è stata spesso severa ed esplicita con i piloti. Per molti banker, però, affrontare l’argomento della protezione con il cliente è quantomai delicato, a qualsiasi età e a prescindere dai livelli patrimoniali. Difficoltà storiche che il settore sta provando superare, nel tentativo di diversificare le fonti di ricavo e fornire un servizio aggiuntivo ai propri clienti.
La scommessa delle maggiori divisioni di private banking italiane è quella di potenziare l’offerta di prodotti assicurativi di “puro rischio” che, a fronte del pagamento di un premio, possano subentrare in caso di spese impreviste. Con questa prevenzione, si può sbloccare parte della liquidità precauzionale detenuta sul conto corrente e portarla verso investimenti più remunerativi a lungo termine per il cliente.
Le ricette per vendere la protezione
La società di consulenza PwC, in collaborazione con Aibp, ha realizzato uno studio che ha messo a fuoco la percezione sul tema assicurativo da parte della clientela private e degli attori del comparto. Partendo da questi ultimi, il maggior timore delle banche private nella proposta di assicurazioni danni, descritto dal 57% del panel di associate Aipb, consiste nella paura di perdere la fiducia del cliente in seguito al verificarsi di un sinistro. La possibilità che, ad esempio, le aspettative sulla copertura vengano deluse e che questo possa minare la relazione fra cliente e banker anche sulla componente finanziaria (quella determinante per i ricavi).
La metà delle società private, poi, lamenta la “bassa cultura assicurativa” e il 39% una mancanza di competenze specifiche per affrontare questi temi.
Tutte problematiche che, nel corso della tavola rotonda, sono state confermate dai responsabili del private banking di Intesa Sanpaolo e Unicredit, Andrea Ghidoni e Renato Miraglia. La quantità di competenze richieste al consulente finanziario moderno spaziano talmente tanto, dai classici fondi e sicav agli alternativi alla conoscenza delle dinamiche di mercato, che aggiungere competenze assicurative di alto livello può risultare un carico eccessivo, ha sostenuto Ghidoni. La ricetta, comune fra gli attori sul palco, consiste nell’affiancamento di figure specifiche, che abbiano competenze mirate. “Per tenere un livello di interlocuzione elevato con il cliente abbiamo affiancato il banker con degli specialisti interni che dialogassero con i clienti, che seguissero le trattative più sofisticate, che aiutassero i banker che si sentivano meno preparati”, ha dichiarato Miraglia, “abbiamo formato così delle persone che si dedicano alla clientela del private: il consulente cattura l’esigenza e porta lo specialista nella conversazione”.
Questo schema di affiancamento viene utilizzato anche nell’ambito degli investimenti immobiliari, ha dichiarato a We Wealth Renato Miraglia, aggiungendo che nella strategia di Unicredit le assicurazioni del ramo danni non puntano, realisticamente, a rivoluzionare la composizione dei flussi di ricavo, quanto a completare la gamma dei servizi.
In parte, comunque, c’è chi sostiene che le assicurazioni danni possano avere una peculiarità interessante per i flussi commissionali incassati dalle banche: non risentono dell’effetto mercato. Al contrario, le commissioni sull’ammontare investito i prodotti finanziari tendono a ridursi quando i mercati vanno male e il valore di azioni e bond diminuisce. Ad aver sottolineato questo aspetto è stato, ad esempio, Alessandro Quero, head of life protection di La Mondiale Europartner, citando l’impatto negativo sulle entrate commissionali legate ai recenti deflussi netti dai prodotti Vita di ramo I.
L’elefante nella stanza, tuttavia, è che la sotto assicurazione degli italiani è scolpita nei numeri da diversi anni ed è improbabile che questo ritardo possa colmarsi molto rapidamente. Da qui la centralità nei piani industriali delle banche della protezione intesa, in primis, come protezione del patrimonio. E solo in seguito, come protezione dai rischi.
I clienti private e il bisogno di protezione
Ma la potenziale platea del private banking ritiene davvero di poter fare a meno di coperture assicurative, perché ha messo da parte ha un notevole patrimonio? Sì e no. Secondo la ricerca realizzata da PwC su 700 famiglie con una ricchezza investibile pari almeno a 500mila euro, il 17% dei risparmiatori private non crede affatto di poter fare a meno di coperture assicurative, mentre un altro 28% non è sicuro della risposta. Solo l’11% degli intervistati si dice assolutamente certa di poter far fronte a ogni evenienza attingendo al proprio patrimonio, mentre la parte restante ne è abbastanza convinta.
Un ulteriore elemento da considerare è che la gran parte della clientela private italiana si trova in una fascia benestante, ma non ultra ricca, con patrimoni investibili entro i due milioni di euro. Un segmento che potrebbe, per questo, manifestare un maggior interesse per soluzioni assicurative di tipo private.
Le principali polizze di protezione su cui puntano gli attori del private banking? Innanzitutto, le polizze vita di puro rischio Tcm, che coprono l’eventualità di scomparsa prematura del (o della) capofamiglia. A seguire, le polizze key man, che riducono il rischio di scomparsa del leader di impresa e che cresceranno maggiormente nell’offerta nei prossimi due anni. Al momento, però, solo il 13% delle polizze danni offerte dal private banking sono pensate appositamente per questo segmento di clientela, con un altro 44% che le descrive come differenti solo in “minima parte”. Anche su questo, ci sarà da lavorare: il 61% delle private bank ritiene necessario che l’offerta debba diventare più mirata.