La ragione nell'arte: 'Esprit de géométrie'

21.6.2021
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Pollock o Mondrian, natura e sentimento o razionalità e matematica? È uno dei dilemmi più accesi nell'arte, da sempre. Oggi, le ricerche sulla luce di Giacomo Balla sono occasione a Milano per una mostra di offrire una riflessione su astrattismo e minimalismo
L'espressione esprit de géométrie è stata coniata da Blaise Pascal oltre trecento anni fa. Definisce uno degli aspetti fondamentali della natura umana, quello che attiene alla sfera della razionalità e ha nella matematica e nelle scienze esatte la principale applicazione. All'estremo opposto, sempre secondo Pascal, si trova l'esprit de finesse, che si riferisce piuttosto alla natura e al sentimento. Si tratta di due poli opposti ma complementari, entrambi ugualmente necessari per un equilibrato sviluppo dell'uomo.
Se dal piano filosofico ci spostiamo a quello più propriamente artistico, ci accorgiamo che queste categorie possono essere di qualche utilità. Anzi, proprio nel corso del XX secolo, abbiamo assistito al contrapporsi di due filoni ben distinti, che in fondo ricalcano le distinzioni del filosofo francese. Da una parte il filone razionalista, che ha in Piet Mondrian e in genere nell'arte astratta il suo punto di riferimento, dall'altro quello dominato dall'inconscio (Surrealismo) e dall'emotività (Action painting e Informale), che al contrario attinge all'interiorità e al sentimento.
Se dal piano filosofico ci spostiamo a quello più propriamente artistico, ci accorgiamo che queste categorie possono essere di qualche utilità. Anzi, proprio nel corso del XX secolo, abbiamo assistito al contrapporsi di due filoni ben distinti, che in fondo ricalcano le distinzioni del filosofo francese. Da una parte il filone razionalista, che ha in Piet Mondrian e in genere nell'arte astratta il suo punto di riferimento, dall'altro quello dominato dall'inconscio (Surrealismo) e dall'emotività (Action painting e Informale), che al contrario attinge all'interiorità e al sentimento.
Negli anni venti sembra che l' esprit de géométrie abbia il sopravvento. Il razionalismo ripone una fiducia illimitata nella capacità della ragione di affrontare e risolvere i problemi dell'uomo. Ne è una testimonianza il Bauhaus di Walter Gropius, uno scuola d'arte, design e architettura, in cui i problemi estetici non sono mai disgiunti dalle loro applicazioni pratiche. Questa concezione ottimistica si scontra ben presto con gli avvenimenti storici che portano prima all'avvento del Nazismo e poi alla seconda guerra mondiale.
Nel dopoguerra si afferma una visione del tutto differente, che affonda le proprie radici nell'esistenzialismo. L'arte sembra riflettere il profondo disagio dell'uomo davanti alla storia. La ragione sembra sconfitta, viene abbandonata a favore dell'emotività, che sgorga dal profondo e si riversa senza filtri sulla tela, sulla quale la materia pittorica viene fatta letteralmente gocciolare come nelle tele di Pollock. Per oltre un decennio questa visione sembra dominante. L'arte diventa frutto di un gesto o di un'azione immediata, non progettata a tavolino, ed è tanto più interessante quanto più spontanea. Dubuffet arriva addirittura ad ispirarsi al linguaggio dei matti, quasi a proclamare l'afasia della ragione.
Le cose cambiano radicalmente alla fine degli anni sessanta quando si afferma il Minimalismo e l'Arte Concettuale. La ragione, che sembrava accantonata, torna ad essere protagonista. Anzi, è il pensiero puro a ritornare ad essere il fulcro della creazione artistica. Basti pensare alle opere dei minimalisti americani, Donald Judd, Sol Lewitt, Carl Andre.
Nel dopoguerra si afferma una visione del tutto differente, che affonda le proprie radici nell'esistenzialismo. L'arte sembra riflettere il profondo disagio dell'uomo davanti alla storia. La ragione sembra sconfitta, viene abbandonata a favore dell'emotività, che sgorga dal profondo e si riversa senza filtri sulla tela, sulla quale la materia pittorica viene fatta letteralmente gocciolare come nelle tele di Pollock. Per oltre un decennio questa visione sembra dominante. L'arte diventa frutto di un gesto o di un'azione immediata, non progettata a tavolino, ed è tanto più interessante quanto più spontanea. Dubuffet arriva addirittura ad ispirarsi al linguaggio dei matti, quasi a proclamare l'afasia della ragione.
Le cose cambiano radicalmente alla fine degli anni sessanta quando si afferma il Minimalismo e l'Arte Concettuale. La ragione, che sembrava accantonata, torna ad essere protagonista. Anzi, è il pensiero puro a ritornare ad essere il fulcro della creazione artistica. Basti pensare alle opere dei minimalisti americani, Donald Judd, Sol Lewitt, Carl Andre.

Nella mostra che abbiamo allestito negli spazi di via Montebello 30 abbiamo voluto raccontare la storia e la fortuna di questo filone artistico. Il punto di partenza – per quanto riguarda l'arte italiana – sono le ricerche sulla luce di Giacomo Balla, veri e propri incunaboli dell'arte astratta. L'artista romano, prima ancora di aderire al Futurismo, nel 1912, studia la scomposizione dell'iride luminoso in una serie intitolata Compenetrazione iridescente.

Sono le prime opere totalmente astratte dell'arte italiana, da leggere in parallelo con le coeve ricerche di Kandinsky. Accanto a Balla non potevano mancare gli esponenti dell'astrattismo italiano (Manlio Rho e Antonio Calderara, Franco Grignani), accomunati a quelli del minimalismo americano (Robert Mangold e Sol LeWitt), artisti che applicano in modo rigoroso ed esclusivo la geometria e la linea. In questo filone si inserisce anche Giulio Paolini, che però ha anche uno spiccato interesse per l'arte del passato, sulla quale riflette in modo distaccato e analitico. La mostra ha un'ideale conclusione in un grande lavoro di Massimo Antonaci, dove le regole ferree del Minimalismo vengono interpretate in modo più libero attraverso la luce e il colore.


'Esprit de géométrie', ML Fine Arts, Milano
Sono le prime opere totalmente astratte dell'arte italiana, da leggere in parallelo con le coeve ricerche di Kandinsky. Accanto a Balla non potevano mancare gli esponenti dell'astrattismo italiano (Manlio Rho e Antonio Calderara, Franco Grignani), accomunati a quelli del minimalismo americano (Robert Mangold e Sol LeWitt), artisti che applicano in modo rigoroso ed esclusivo la geometria e la linea. In questo filone si inserisce anche Giulio Paolini, che però ha anche uno spiccato interesse per l'arte del passato, sulla quale riflette in modo distaccato e analitico. La mostra ha un'ideale conclusione in un grande lavoro di Massimo Antonaci, dove le regole ferree del Minimalismo vengono interpretate in modo più libero attraverso la luce e il colore.