Secondo Swetha Ramachandran, investment manager e responsabile del fondo Gam Luxury Brands Equity, sulla capacità decisionale di prezzo delle imprese del settore lusso influisce il resale. Ovvero, il mercato secondario, che per alcuni marchi è particolarmente fiorente: in cima alla classifica, le inarrivabili borse Hermès, che conservano mediamente il 90% del loro valore al dettaglio (discorso diverso è quello del collezionismo, per cui la rivalutazione dei pezzi pare inarrestabile). Seguono le Louis Vuitton, che tengono l’80% del valore (in salita di 17 punti percentuali rispetto al 2020). Sottolinea la Ramachandran che il marchio più solido e costantemente in crescita dal 2019 è tuttavia Bottega Veneta (gruppo Kering).
Swetha Ramachandran
La crescente inflazione in un contesto di domanda poco sensibile al prezzo dei beni di lusso potrebbe determinare un aumento dei margini (il settore già ottiene di solito un margine almeno del 25-30%). L’analista ritiene che gli investitori andranno alla ricerca di società in grado di dominare le proprie politiche di prezzo.
Fra questi machi, si notano Hermès e Ferrari, che presentano valutazioni oltre le medie grazie alla relativa scarsità dell’offerta e al loro forte potere di determinazione dei prezzi. Ma anche marchi con un’offerta ampia come Cartier (Richemont), Levi’s e L’Oréal stanno sviluppando il loro mix di prodotti per sfruttare il potere di determinazione dei prezzi in passato prerogativa dei marchi di moda e pelletteria.