Non solo: consentendo il cumulo dei due benefici.
Maniche troppo larghe, si dirà, ma in mancanza di massicci investimenti pubblici (sinora, s’intende: il Pnrr vedrà e provvederà, ovviamente) quelli privati restano, di fatto, il principale motore di crescita della nostra economia (specie in presenza di una domanda asfittica e di una liquidità immensa, ma stagnante).
Dunque, lo stesso legislatore fiscale (per la precisione, si tratta di un decreto-legge che dovrà essere discusso e convertito dal parlamento) ha inopinatamente ravvisato, così parrebbe, tale larghezza e ha quindi messo mano all’intera disciplina.
Numerose le critiche già mosse da vari autorevoli commentatori, così come da Confindustria e da Assonime, con l’invito a riconsiderare se non i tempi, almeno gli obiettivi e il fatidico regime transitorio, dove solitamente si annidano sperequazioni e ingiustizie di vario tipo.
L’esito sarà inevitabilmente di natura compromissoria, per cui è meglio lasciare ai posteri (e ai postumi in bilancio) l’ardua sentenza.
Sul fronte formale, nulla da eccepire: c’è un governo in carica, atto a legiferare d’urgenza e spetta ovviamente al parlamento, attesa la sua sovranità, approvare, bocciare, modificare etc.
Sul fronte sostanziale, innanzitutto una premessa: innumerevoli volte abbiamo ascoltato, a vari livelli istituzionali, della necessità di un rapporto fisco-contribuente improntato alla lealtà, alla trasparenza e alla buona fede.
Veniamo, in particolare, alla trasparenza: non sembra più tollerabile, almeno a chi scrive, che il tenore letterale di una rubrica normativa reciti “Semplificazione della disciplina del patent box”, per poi introdurre, inequivocabilmente e contrariamente alla rubrica stessa, l’abrogazione della disciplina in questione, per sostituirla con un nuovo regime opzionale che, in molti casi, si rivelerà (come dicono a Roma) “una sola” (con la o aperta).
La trasparenza imporrebbe, forse, di mostrare più affetto verso una comunicazione più “schietta” e rispettosa dell’interlocutore (il contribuente).
Capisco bene, il tutto è da ricondurre a fisime verbali, come pure che imporre tasse (o, il che equivale, ridurre benefici fiscali) generi malcontento, e occorra quindi “smussare” la comunicazione; ma sarebbe auspicabile, ancora una volta, un metodo più ispirato al dialogo paritario.