Tecnologia e impresa: nessuno dei due elementi è una novità per la rete di consulenza Credem, anche se l’introduzione sempre più estesa dell’intelligenza artificiale nei processi porta sempre più in alto l’asticella. Le sfide dell’innovazione e quelle del mercato dei dazi, che alle imprese esportatrici può anche fare molto male: ne abbiamo parlato con Paolo Isidoro, Direttore Commerciale Financial Wellbanker Credem Banca.
A che punto è Credem sull’intelligenza artificiale applicata alla consulenza finanziaria?
L’intelligenza artificiale è ormai un tema centrale e inevitabile. Anche noi stiamo affrontando un percorso evolutivo concreto: abbiamo già introdotto soluzioni operative, soprattutto nei moduli di assistenza – sia interna che verso la clientela. Altre progettualità sono in corso, in particolare sul fronte commerciale, dove esploriamo come l’AI possa supportare l’incrocio tra le esigenze dei clienti e l’ampia gamma di prodotti e servizi oggi disponibili.
Nel vostro modello, come si coniugano le esigenze del cliente privato e dell’imprenditore?
Credem ha un modello di servizio che abbraccia sia il mondo dei privati sia quello delle imprese. La nostra sfida è servire l’imprenditore in modo integrato, considerando sia i suoi bisogni personali sia quelli aziendali. Stiamo lavorando proprio su questo doppio binario, sviluppando soluzioni adatte a tipologie di esigenze e finalità molto diverse.
Ci può raccontare uno degli use case più promettenti su cui state lavorando?
Proprio recentemente abbiamo visto evoluzioni interessanti nel nostro progetto rivolto ai consulenti finanziari, in particolare su come supportarli nell’affrontare le problematiche delle imprese. Oltre all’area core degli investimenti privati, stiamo cercando di migliorare la customer satisfaction anche attraverso l’intelligenza artificiale, integrando questi strumenti nelle piattaforme di asset allocation e nel nostro Financial Web Banking.
Come sta reagendo la vostra rete di consulenti all’adozione di queste tecnologie? C’è una differenza generazionale?
Ormai la differenza anagrafica conta meno: si distinguono piuttosto i professionisti più digitali da quelli più tradizionali. Però l’AI suscita curiosità trasversale: tutti vogliono capire come possa migliorare davvero la qualità del lavoro. C’è quindi un atteggiamento di apertura, voglia di approfondire e – direi – entusiasmo informato.
Veniamo al contesto normativo europeo. Quali prospettive vede Credem riguardo all’iniziativa Siu della Commissione europea per il canale risparmio-investimenti produttivi?
Abbiamo già esperienza con i Pir in Italia e abbiamo iniziato ad avvicinarci agli Eltif. La Siu sembra voler portare queste esperienze a un livello superiore. Ben venga, perché è fondamentale trovare canali alternativi per far arrivare i capitali alle imprese. Come banca, siamo molto attenti alla normativa e riteniamo centrale che l’Europa stia cercando di regolare anche temi cruciali come l’intelligenza artificiale, includendo considerazioni etiche. Per noi, il quadro regolatorio è una bussola nelle scelte strategiche.
Il recente scenario geopolitico e i movimenti sui tassi stanno incidendo sulle banche. Credem è pronta a fronteggiare questo contesto?
Assolutamente sì. Siamo stati riconosciuti dalla Bce come la banca più solida d’Europa e questo è un orgoglio. I mercati vanno navigati con gli strumenti giusti. Il nostro modello di consulenza è particolarmente diversificato: i consulenti non si occupano solo di investimenti, ma anche di servizi all’impresa. Questo consente di diversificare le fonti di ricavo. Per chi ha adottato pienamente questo approccio, il mix è ormai 50% investimenti e 50% servizi alle imprese. Una doppia anima che rende il consulente più resiliente.
Come vede la maturità del mercato e dei clienti in questo contesto incerto?
C’è sicuramente una maggiore maturità sia tra gli operatori sia tra i clienti. Ed è da qui che si può costruire il futuro. Le variabili oggi sono tante e imprevedibili – dalle scelte politiche alle tensioni geopolitiche – ma l’importante è avere sangue freddo e gli strumenti per adattarsi.
I vostri clienti imprenditori sono preoccupati per la guerra commerciale, soprattutto in ottica export?
Chi lavora con l’estero guarda con attenzione ai cambi di rotta, soprattutto se riguardano mercati strategici come quello americano. L’incertezza non giova a nessuno, nemmeno agli imprenditori. Ma percepisco una volontà diffusa di trovare soluzioni: gli investimenti non si fermano, purché ci sia chiarezza sul contesto. Il vero problema non sono tanto i dazi, quanto l’incertezza stessa.