Innanzitutto, viene effettuata una rivisitazione della definizione di “lavoratore frontaliero”, tramite la quale viene ora individuato il soggetto fiscalmente residente in un comune limitrofo all’area di confine – si parla di un raggio di 20 km – svolgente un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera svizzera che ritorna quotidianamente al proprio domicilio nello Stato di residenza oppure non vi rientra, ma solo per motivi professionali, e per non più di 45 giorni in un anno.
È bene ricordare che con l’espressione “area di frontiera” vengono indicati i cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese; conseguentemente, l’accordo è relativo solamente a chi esercita attività lavorativa dipendente per datori di lavoro ivi residenti, fermo restando il requisito della residenza entro 20 km dal confine italo – svizzero.
Ad oggi, come disciplinato dall’art. 3 dell’accordo del 1974, il reddito di lavoro dipendente percepito da fonte Svizzera è interamente ed esclusivamente soggetto ad imposizione elvetica e la regola rimarrà tale per tutti i contratti di lavoro dipendenti stipulati prima all’entrata in vigore del nuovo accordo. Ai frontalieri del (vicino) futuro spetterà, invece, una tassazione mista: la Svizzera preleverà solamente un’imposta sui redditi delle persone fisiche che non potrà eccedere l’80% di quella prevista dal sistema fiscale locale, mentre l’Italia assoggetterà in via ordinaria il reddito ad imposizione avendo però cura di evitare la doppia tassazione attraverso il riconoscimento, come di consueto, del credito d’imposta.
Un ulteriore aspetto del nuovo accordo potrebbe riguardare il fenomeno del dumping salariale, tenuto conto che il lavoratore italiano era solito accettare un minor salario rispetto a un domiciliato nei cantoni di frontiera. La conseguente inevitabile preferenza – da parte del datore di lavoro – per un lavoratore italiano ha creato spesso malumori tra i cittadini svizzeri. L’accordo non ha chiarito la questione, ma le maggiori imposte conseguenti al sistema di tassazione misto porteranno i frontalieri a richiedere un maggior compenso lordo, riportando quindi in Svizzera un riequilibrio salariale da sempre atteso.
C’è poi da chiedersi, considerate le recenti esperienze e l’evoluzione verso una maggiore digitalizzazione, come verrà fiscalmente affrontato il caso di frontalieri in smart working, dipendenti di aziende oltre confine. L’accordo, per il momento, disciplina solamente i soggetti che quotidianamente superano fisicamente il confine, ma i due Paesi si sono impegnati a procedere a un riesame del documento ogni cinque anni, facendo ben presagire un aggiornamento in tema.