Proprio il regime delle società holding è stato oggetto di alcune recenti pronunce da parte dell’Agenzia delle Entrate, che ne hanno definitivamente eliminato le incertezze legate all’agevolazione fiscale.
Fino al 2019, una società che si qualificava come holding poteva applicare un apposito regime tale per cui non era soggetta a imposta cantonale e comunale (restava comunque soggetta all’imposta federale) e poteva beneficiare di una riduzione consistente dell’imposta sul capitale, se soddisfaceva tutte le seguenti condizioni (art. 28, c. 2 Laid):
- lo statuto prevedeva come oggetto sociale l’amministrazione durevole di partecipazioni;
- non esercitava attività commerciale in Svizzera;
- nel lungo periodo, almeno due terzi degli attivi erano rappresentati da partecipazioni o due terzi dei ricavi derivavano da queste.
Posto che la Svizzera ha adottato il regime della participation reduction – del tutto simile al regime italiano di participation exemption – sui dividendi incassati e sui capital gain realizzati, i vantaggi fiscali maggiori consistevano nell’esentare i redditi che non riguardavano le partecipazioni (meno di un terzo) e soprattutto in una forte riduzione dell’imposta sul capitale.
Il 13 febbraio 2007, la Commissione europea ha adottato una decisione che dichiarava i regimi speciali cantonali (le società di amministrazione, ausiliarie e holding) quali aiuti di stato incompatibili con l’articolo 23 dell’Accordo di libero scambio (Als) del 22 luglio 1972 in vigore fra Unione europea a Confederazione svizzera. In particolare, ricadono nell’ambito degli aiuti di stato tutte quelle misure che favoriscono talune imprese a discapito della generalità falsando così la concorrenza.
Sostanzialmente sulla base di tale decisione, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che l’esenzione da ritenuta sui dividendi pagati da una società italiana a una società svizzera era preclusa alle società che beneficiavano del regime holding (cfr. ris. AdE n. 93 del 10 maggio 2007).
Di fatti, le società svizzere possono accedere al regime della direttiva madre-figlie che prevede l’esenzione dalla ritenuta in uscita sui dividendi versati a una società residente nell’altro Stato se sono soddisfatte contemporaneamente le seguenti quattro condizioni (art. 9, c. 1 Accordo Ue-Svizzera sullo scambio di informazioni automatico):
- la società madre detiene direttamente almeno il 25 per cento del capitale della società figlia per un minimo di due anni; e
- una delle due società ha la residenza ai fini fiscali in uno Stato membro e l’altra società ha la residenza ai fini fiscali in Svizzera; e
- nessuna delle due società ha la residenza ai fini fiscali in uno Stato terzo sulla base di un accordo in materia di doppia imposizione con tale Stato terzo; e
- entrambe le società sono assoggettate all’imposta diretta sugli utili delle società senza beneficiare di esenzioni ed entrambe adottano la forma di una società di capitali.
Proprio l’ultima condizione era stata contestata dall’Agenzia delle Entrate in quanto riteneva che il regime madre-figlia non fosse accessibile alle società in regime holding, posto che beneficiavano di una esenzione fiscale a livello cantonale e comunale. Tuttavia, l’Agenzia ammise che la società svizzera potesse beneficiare dell’applicazione della ritenuta zero sui dividendi percepiti dalla società figlia italiana in quanto si era impegnata formalmente con le autorità fiscali svizzere a rinunciare all’agevolazione.
Il principio espresso nella menzionata risoluzione del 2007 è stato ripreso in un’altra più recente risposta dell’Agenzia delle Entrate (n. 57 del 15 febbraio 2019) in merito al regime dei dividendi accantonati negli esercizi in cui la società madre svizzera aveva beneficiato del regime fiscale di società holding, ma che venivano distribuiti in un esercizio in cui la società aveva già formalmente rinunciato a tale agevolazione. L’Agenzia aveva affermato che anche i dividendi accumulati dalla società figlia in anni in cui la società madre beneficiava del regime speciale holding potevano essere distribuiti in esenzione da ritenuta poiché la tassazione dei dividendi avviene per cassa e di conseguenza sarebbero stati tassati in un anno in cui la società era passata a tassazione ordinaria. La circostanza poi che di fatto i dividendi non sarebbero stati imposti perché soggetti al regime svizzero di participation reduction non rileva perché non si tratta di una disposizione di favore, bensì di una norma di sistema.
In passato, sul tema vi era incertezza perché, con riferimento alla diversa disciplina Cfc, cioè la tassazione per trasparenza degli utili prodotti da una società estera controllata e localizzata in uno Stato a regime fiscale privilegiato, l’Agenzia delle Entrate aveva invece affermato il principio secondo cui non potevano assumere valore i cosiddetti “ruling negativi”, ai sensi del quale l’Amministrazione finanziaria svizzera si impegnava a non applicare i regimi di favore alla società che ne faceva richiesta (risol. n. 358 del 15 novembre 2002 e risol. n. 288 del 11 ottobre 2007). Ora, la riforma fiscale svizzera aiuta anche a evitare di incappare nella disposizione CFC, nella formulazione attualmente in vigore, posto che il tax rate effettivo risulterà con ogni probabilità superiore alla metà di quello equivalente italiano.
Infatti, a partire dal 1° gennaio 2020, la Riforma fiscale Rffa (Legge federale del 28 settembre 2018) ha portato all’abolizione di tutti i regimi fiscali speciali cantonali (società di amministrazione, ausiliarie e holding – art. 28, c. 2-5 Laid). Al contempo, ha introdotto delle misure ad hoc per evitare il c.d. “shock fiscale” dato dal passaggio dai regimi speciali a quello ordinario. In particolare, ai cantoni è data la possibilità di introdurre una riduzione dell’imposta sul capitale legata a (art. 29, c. 2 Laid):
- partecipazioni;
- brevetti e diritti analoghi;
- mutui concessi a società del gruppo.
L’Agenzia delle Entrate in una recente risposta (n. 135 del 2 marzo 2021) prende atto dell’abolizione di tali regimi e afferma che è applicabile l’esenzione da ritenute sui dividendi pagati dalla società figlia italiana alla madre svizzera, di fatto senza più necessità di ruling negativi.
Merita osservare che tutto quanto sopra vale anche per gli interessi e per le royalties, che possono quindi essere pagati senza ritenuta se sussistono le quattro condizioni analoghe a quelle previste per i dividendi (art. 9, c. 2 accordo).
D’altra parte, la circostanza che la Svizzera sia una giurisdizione attrattiva per la localizzazione delle holding è dimostrata indirettamente da un’altra risposta dell’Agenzia delle Entrate (risp. n. 380 del 11 settembre 2019) relativa a una società che trasferiva la sede dal Lussemburgo alla Svizzera. In tale occasione, l’Amministrazione ha affermato che la società poteva beneficiare dell’esenzione da ritenuta nonostante i requisiti, in particolare l’holding period di due anni, fossero maturati quando la società aveva la sede in Lussemburgo posto che il trasferimento da un ordinamento all’altro era avvenuto in continuità giuridica.
In conclusione, le recenti pronunce dell’Agenzia delle Entrate hanno definitivamente sdoganato la Svizzera come destinazione per le holding eliminando le incertezze del passato legate ai regimi fiscali privilegiati e la necessità di attestazioni ad hoc da parte delle autorità fiscali elvetiche.