- Il trasferimento anagrafico del contribuente nel Paese estero e le relative comunicazioni di quest’ultimo alle autorità estere
- L’ottenimento della cittadinanza del Paese estero
- La permanenza nel Paese estero anche dei figli del contribuente.
Il caso esaminato dalla sentenza n. 7621, depositata il 18 marzo 2021, emessa dalla Corte di Cassazione origina da un accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria nei confronti di un cittadino italiano trasferitosi nel Regno Unito. L’Agenzia delle Entrate si è così attivata per attrarre a imposizione in Italia i redditi ricondotti al contribuente nell’ambito di una contestazione più ampia. Il contribuente, iscritto all’Aire sin dal 29 giugno 1994, è stato considerato dall’Amministrazione finanziaria residente fiscalmente in Italia, anziché a Londra, sulla base «delle numerose presenze del riscontrate in Italia[…] seppur non sufficienti – per tutti gli anni analizzati- ad attivare la presunzione legale di residenza, tuttavia considerate insieme agli altri fattori sopra esplicitati costituiscono elementi dotati degli attributi di gravità, precisione e concordanza ex art. 2729 c.c. che consentono di affermare che il contribuente avesse solo fittiziamente stabilito la residenza in Inghilterra». In materia, la Corte di Cassazione ha già avuto modo di precisare che, in tema di imposte sui redditi, occorre la verifica degli elementi indiziari relativi alla pretesa persistenza nel territorio nazionale della sede principale degli interessi economici e personali del contribuente, per la maggior parte del periodo d’imposta. Inoltre, occorre valutare gli elementi che hanno portato l’Ufficio a ritenere come fittizio il trasferimento all’estero. Non possono poi essere trascurati gli elementi di collegamento con il Paese estero offerti dal contribuente. Il giudice, quindi, dovrà condurre un’approfondita disamina logica e giuridica del relativo quadro indiziario nel suo complesso. E di tale verifica dovrà riportante i passaggi nella sentenza per non incorrere nel vizio di motivazione (art. 134, comma 2, n. 4 c.p.c. e art. 111 Cost.).
Sull’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno Unito i giudici evidenziano, nella sentenza in commento, che solo l’accertamento dell’effettiva, e non fittizia, residenza del contribuente nel Regno Unito potrebbe rendere necessaria l’applicazione della normativa convenzionale. Ciò in quanto le disposizioni della convenzione per eliminare le doppie imposizioni si applicano quando in base alle norme convenzionali una persona fisica è considerata residente fiscalmente in entrambi gli Stati contraenti.
In tal caso per l’individuazione della residenza fiscale in uno dei due Paesi si fa riferimento ai seguenti elementi:
- La persona è considerata residente dello Stato contraente nel quale dispone di un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in ciascuno degli Stati contraenti, è considerata residente dello Stato contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali)
- se non si può determinare lo Stato contraente nel quale la persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non dispone di un’abitazione permanente in alcuno degli Stati contraenti, essa è considerata residente dello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente;
- se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati contraenti ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato contraente del quale ha la nazionalità