Aspetto da sempre delicato, ad esempio, è rappresentato dalla fiscalità indiretta applicabile al trasferimento dei beni al trustee in funzione degli obiettivi stabiliti con l’istituzione del trust. Secondo una consolidata posizione dell’amministrazione finanziaria, l’apposizione del vincolo sui beni soggiace ex se all’imposta sulle successioni e donazioni (aliquota dal 4 all’8%), indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo effettivo di beni ai beneficiari.
La questione è oggetto di un annoso dibattito giurisprudenziale in Cassazione (inizialmente pro fisco, sent. 3735/2015) che, in particolare con la recente sentenza n. 16701 del 21 giugno 2019, pare volgere a favore del contribuente, nel senso di negare l’applicazione delle imposte indirette al momento della costituzione dei beni in trust.
Già lo scorso gennaio la Corte (sent. n. 734) aveva circoscritto l’imponibilità ai casi nei quali non è previsto in alcun modo il rientro dei cespiti trasferiti al trustee in capo al disponente, determinandosi in tali circostanze un incremento stabile del patrimonio dei beneficiari individuati.
Nell’ultima pronuncia la Corte, in modo ancora più radicale e favorevole al contribuente, arriva ad affermare che l’apposizione del vincolo sui beni (i.e. costituzione dei beni in trust) in quanto tale determina esclusivamente l’effetto di destinare alcuni dei beni del disponente a un determinato fine, mediante intestazione meramente formale degli stessi al trustee e attribuzione al medesimo di poteri gestori circoscritti e mirati allo scopo della segregazione patrimoniale; tuttavia, tale segregazione patrimoniale non determina, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al beneficiario e nemmeno al trustee. L’effetto traslativo (che solo giustifica l’imposizione indiretta) si realizza soltanto in capo al beneficiario al momento eventuale del trasferimento finale allo stesso dei beni del trust. Prima di questo momento, l’apposizione del vincolo comporta solo, dal lato del disponente, una auto-restrizione del potere di disporre dei propri beni e, dal lato del trustee, un’attribuzione patrimoniale meramente formale, transitoria, vincolata e strumentale.
Il fatto (considerato dirimente nella sentenza n. 734) che il beneficiario sia individuato fin dall’atto istitutivo non pare alla Corte giustificare l’immediata tassazione, dal momento che la sola designazione, per quanto contestuale e palese, non equivale in alcun modo a trasferimento immediato e definitivo del bene.
Peraltro, la Corte nega espressamente anche l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro agli atti di istituzione e dotazione/provvista del trust, prevista in via residuale su tutti gli atti aventi contenuto patrimoniale: non basta la costituzione di un vincolo segregativo su beni “muniti di valore economico”, ma occorre l’effettivo trasferimento. Analoghe considerazioni valgono per l’imposta ipotecaria e catastale sui trasferimenti immobiliari di dotazione del trust, ove la mancanza di un effetto traslativo “reale” osta all’imposizione proporzionale.
Del resto, correttamente afferma la Corte, qualora all’atto di istituzione o dotazione del trust sia davvero individuabile un effetto traslativo immediato propriamente detto sarebbe addirittura dubitabile la stessa ravvisabilità in concreto della causa negoziale di trust.
La sentenza in commento potrà forse in futuro incoraggiare il maggior ricorso dei contribuenti a un istituto versatile quale è il trust per i più svariati impieghi (ad esempio a scopo di passaggio generazionale, di garanzia, liquidatorio). Sarebbe tuttavia auspicabile anche un allineamento dell’amministrazione finanziaria.