Eccola, la cattedrale dell’arte digitale: Unsupervised, all’ingresso del MoMA. Il nome dice già tutto: è un’opera lasciata a briglia sciolte, libera di autodeterminarsi in ogni istante. È un esemplare – forse il più avanzato ad oggi creato – di arte generativa. Fatto di mattoni nft orchestrati dall’intelligenza artificiale. I “mattoni” sono le 130.000 opere dell’archivio MoMA, trascritte su blockchain. L’uomo che ha dato la scintilla a questa creazione in perenne auto-generazione è Refik Anadol (1985, Istanbul), artistar del mondo crossover-nft.
È una delle prime opere che i visitatori si trovano davanti accedendo al Museum of Modern Art di New York, Unsupervised. Un pannello di 24×24 metri entro cui forme e colori tridimensionali si aggregano e disaggregano perennemente e mai uguali a se stesse. Anadol le ha istruite a essere sensibili persino a ciò che accade nell’ambiente circostante (suoni, ombre, luci della Gund Lobby in cui l’opera è albergata). Addestrando questo sofisticato modello di apprendimento automatico, l’artista reimmagina la storia dell’arte moderna sognando ciò che avrebbe potuto essere – e ciò che potrebbe essere in futuro.
Senza la supervisione di Refik Anadol
Unsupervised è una meditazione sulla tecnologia, la creatività e l’arte contemporanea: «Sto cercando di trovare il modo di collegare i ricordi con il futuro», ha dichiarato l’artista, «e di rendere visibile l’invisibile». Si articola in tre capitoli, ossia «opere d’arte in cui ricostruiamo il cervello delle I.A. e le influenziamo», ha specificato Anadol, sottolineando che due delle opere sono generative e l’altra è precompressa: «È tutto fatto a macchina. Non sappiamo quale opera suonerà quando e come». La piattaforma di riferimento per gli nft dell’installazione è Feral File. Dal momento della coniazione dei non fungible token per l’opera, si è assistito a un lento ma costante aumento delle quotazioni per gli nft di Refik Anadol.
Anadol utilizza un algoritmo UMAP (Uniform Manifold Approximation and Projection for Dimension Reduction) per ridurre la complessità dimensionale dell’archivio e scansionarlo alla ricerca di somiglianze. Il risultato è quello che l’artista chiama «un universo di dati», il quale viene poi fatto passare attraverso reti generative avversarie (GAN) programmate per produrre le associazioni visive che il modello apprende mentre esamina le immagini. La curatela si limita a modificare parametri come il colore, l’interconnessione tra i punti di dati e il momento specifico nel tempo e nello spazio in cui l’opera viene creata.
L’installazione durerà fino a marzo 2023. Ed è, sorprendentemente, la prima mostra personale di Anadol in Nord America. A Palazzo Strozzi invece si è tenuta nel 2022 Let’s get digital.
MoMA pioniere
Il MoMA è sempre stato pioniere nel veicolare le pratiche artistiche emergenti. Dai primi anni ’30, quando fu fra i primi a collezionare fotografia – forma d’arte allora tacciata di minare la creatività umana (ricorda qualcosa, questa accusa?). Il suo sito web risale al 1995, nel 2015 ha caricato la sua intera collezione su GitHub. Nel 2017, la mostra Thinking Machines ha tracciato una storia della computer art attraverso le opere della collezione del museo.
Anadol è un artista residente del progetto Artists and Machine Intelligence di Google. Grazie a SALT (un archivio open source di 1,7 milioni di documenti culturali a Istanbul) ha dato vita a installazioni multimediali immersive che hanno rivelato connessioni inaspettate tra i documenti, esposte a Seoul, San Francisco, per la Filarmonica di Los Angeles e per Artechouse, fra gli altri.