Le hanno preservate fango e acque bollenti. Quelle delle vasche di San Casciano de’ Bagni, in provincia di Siena: è così che una trentina di statue in bronzo di squisita fattura e migliaia di monete sono affiorate dopo 2300 anni, grazie al lavoro indefesso di una squadra di archeologi. Una scoperta che “riscriverà la storia”, ha dichiarato l’archeologo Jacopo Tabolli, ricercatore in Etruscologia e Antichità Italiche presso l’Università per Stranieri di Siena. Si tratta del “più grande deposito di statue dell’Italia antica e comunque l’unico di cui abbiamo la possibilità di ricostruire interamente il contesto”, ha commentato l’archeologo.
La più grande scoperta archeologica dai tempi di Riace
Per Massimo Osanna, direttore generale dei Musei di Stato, è la più grande scoperta dai tempi di quella dei calabresi bronzi di Riace.
Il santuario risultava attivo da qualche secolo prima della nascita di Cristo; continuò la sua attività probabilmente fino al V secolo. Unitamente ai reperti in bronzo vi sono iscrizioni in etrusco e in latino.
La zona infatti fu una di quelle in cui la lingua etrusca fu parlata più a lungo, anche dopo le conquiste romane, rendendola un luogo eccezionale per studiare la stratificazione delle culture che nei millenni hanno portato alla formazione della civiltà italiana.
Un santuario ameno
Al momento, si può solo immaginare come fosse il santuario: un luogo di culto con terrazze digradanti, fontane, vasche, altari, decorato riccamente con statue di divinità, matrone, fanciulle, uomini aristocratici, elementi votivi provenienti dalle famiglie più agiate dell’area e non solo. Allo stato attuale dei lavori, cinque statue risultano essere alte più di un metro.
Gli scavi che hanno portato alla scoperta sono di carattere innovativo e coinvolgono diverse professionalità collegate all’archeologia: architetti, geologi, numismatici, esperti di epigrafia, archeo botanici. Dal sito è emerso che le offerte agli dei erano anche di natura vegetale.
I primi rigori invernali di novembre fanno interrompere gli scavi, che riprenderanno a primavera. L’inverno sarà dedicato allo studio – 60 gli esperti già giunti da tutto il mondo – all’approfondimento, alla catalogazione.