Musei italiani e nft d’arte, stop alla vendita

Dinnanzi al moltiplicarsi di numerose iniziative da parte dei singoli musei, il Ministero della Cultura ha deciso di intervenire, interrompendo momentaneamente il fenomeno in mancanza di un quadro normativo e/o regolamentare chiaro e uniformato. Tutto questo in attesa di nuove linee guida emanate da una commissione di esperti che possano guidare gli accordi di digitalizzazione del patrimonio culturale italiano

Nel corso di un’audizione tenutasi lo scorso 30 giugno 2022 presso la Commissione Cultura della Camera dei Deputati, il dott. Massimo Osanna, Direttore Generale Musei del Ministero della Cultura, ha affrontato il tema della realizzazione di NFT aventi ad oggetto opere d’arte appartenenti al patrimonio culturale nazionale

L’audizione del dott. Osanna fa seguito a una precedente circolare del 17 maggio 2021, con cui lo stesso DG aveva imposto uno stop al fenomeno della digitalizzazione delle collezioni dei musei italiani a fronte del moltiplicarsi di iniziative singole e disomogenee fra loro

Il quadro normativo e l’evoluzione tecnologica 

La riproduzione dei beni culturali da parte di soggetti privati per finalità scientifiche e/o commerciali non costituisce assolutamente una novità.
Si pensi, ad esempio, alle cartoline postali che raffigurano “La Tempesta” di Giorgione conservata alle Gallerie dell’Accademia di Venezia oppure al merchandising che riproduce la “Primavera” di Botticelli, esposta presso gli Uffizi di Firenze. 

Il Codice dei Beni Culturali e Paesaggio (D.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42) disciplina le modalità attraverso cui i privati possono utilizzare legittimamente i beni culturali di proprietà dello Stato. In particolare, è previsto che le riproduzioni richieste o eseguite da privati per uso personale o per motivi di studio, ovvero da soggetti pubblici o privati per finalità di valorizzazione, – purché attuate senza scopo di lucro – possano avvenire gratuitamente, salvo il rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione (art. 108, co. 3). Viceversa, in caso di richiesta di utilizzo per finalità commerciali, la riproduzione è soggetta ad autorizzazione (art. 107) e al pagamento di un canone determinato dall’autorità che ha in consegna i beni culturali di cui si è chiesta la riproduzione (art. 108, co. 1). 

Ad esempio, per l’uso di immagini da apporre sul merchandising gli Uffizi richiedono royalties a partire dal 15% sul prezzo al pubblico previsto

Il riferimento alle tariffe applicate dal museo fiorentino è tutt’altro che casuale, dato che sono stati proprio gli Uffizi – e le reazioni a una ambiziosa ed innovativa operazione di concessione finalizzata alla digitalizzazione del loro patrimonio – ad aver inizialmente acceso l’attenzione dell’opinione pubblica su questo nuovo fenomeno

Nel 2016, le Gallerie degli Uffizi hanno infatti raggiunto un accordo quinquennale con l’azienda Cinello S.r.l. attraverso il quale quest’ultima ha ricevuto l’autorizzazione alla riproduzione di 40 opere della collezione fiorentina in formato DAW® (acronimo di Digital ArtWork, marchio registrato riferito alla tecnologia brevettata da Cinello – v. scheda EPO).
La riproduzione della “Sacra Famiglia” di Michelangelo (c.d. Tondo Doni) è quella che ha riscosso maggiore successo mediatico (ed economico): una cornice artigianale realizzata sulla falsariga dell’originale che contorna uno schermo ad alta definizione il quale visualizza una riproduzione digitale 1:1 autorizzata dell’opera d’arte, dotata di certificato sottoscritto da Cinello e dal Museo e registrata su blockchain Ethereum

Lo sviluppo della tecnologia ha dunque causato un’importante evoluzione circa il concetto di “riproduzione di un’opera d’arte” e dei possibili sviluppi commerciali e di valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Messa da parte per un momento la questione filosofica – intrinseca a qualsiasi discorso in materia di NFT – di possedere una “copia più originale delle altre”, vale la pena sottolineare che se da un lato questo progresso possiede potenzialità enormi sia per i privati che per il pubblico, dall’altro lo stesso determina l’insorgere di maggiori incertezze nel quadro normativo e regolamentare. 

Le nuove linee guida 

Ed è proprio per far fronte a questa incertezza derivata che la Direzione Generale ha istituito una commissione di esperti con il compito di elaborare delle proposte e redigere delle linee guide per dare una risposta omogenea da parte della P.A. al nuovo fenomeno. 

Fra i punti di maggiore interesse, si segnala la necessità dei musei di acquisire preliminarmente informazioni sull’emittente/proponente, sul progetto, sia dal punto di vista tecnologico che economico, così come sui ritorni economici e culturali che ne derivano, nonché sulla tecnologia e gli standard tecnici che si intendono utilizzare. 

Particolare attenzione andrà poi dedicata alla descrizione dei diritti e degli obblighi inerenti al progetto, restando ben inteso che l’utilizzo delle immagini digitali debba espressamente qualificarsi come ‘non esclusivo’ (in mancanza, è opinione del sottoscritto che ci si debba necessariamente spostare nella dimensione delle gare ad evidenza pubblica).

Infine, in caso di offerta al pubblico di NFT o strumenti analoghi, sarà necessario recuperare informazioni dettagliate sulle piattaforme di negoziazione, ai fini dell’identificazione di potenziali rischi collegati a reati di riciclaggio o di finanziamento al terrorismo.

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