L’agenda di Davos 2021, meeting del World Economic Forum, tocca il tema dell’invecchiamento della popolazione mondiale con un incipit contundente: per il 2050 due terzi della popolazione mondiale avrà più di 65 anni. La base della discussione alla ricerca di una ricetta di una longevità sostenibile è il legame che esiste tra benessere finanziario e benessere psico-fisico. Non necessariamente in quest’ordine. Chi dispone di denaro ha ovviamente più chance di chi non ne ha di vivere in condizioni migliori anche la propria vecchiaia. Ma merita una riflessione il fatto che è vero anche il contrario: chi raggiunge l’età della cosiddetta vecchiaia in buona salute ha più chance di godere di maggior benessere finanziario. Da cosa nasce questo assioma?
Salute e denaro
Le riforme previdenziali in Europa e il bassissimo costo (e resa) del denaro in tutto il mondo mettono a serio rischio il reddito pensionistico di moltissime persone. In questo quadro, mantenersi in salute vuol dire potersi permettere di lavorare più a lungo con un triplice vantaggio: per il lavoratore, che guadagna e accumula contributi più a lungo aumentando il proprio reddito pensionistico e i suoi stessi risparmi, per le imprese che non perdono i lavoratori più competenti e, anzi, possono valorizzarli capitalizzando il loro know-how, e per lo Stato che inizia più tardi a corrispondere la pensione a chi decide di lavorare più a lungo. Se la relazione tra salute e benessere finanziario è così stretta, dicono a Davos, occorre che in vista dell’invecchiamento di massa si lavori su entrambi i fronti. E per farlo bisogna passare dalla visione lineare della vita, studio-lavoro-pensionamento, a una visione circolare, studio-lavoro-studio-lavoro-vecchiaia attiva che, come nel caso dell’economia circolare, attraverso la valorizzazione del lavoratore eviti lo spreco di risorse produttive e culturali fondamentali per la società, intelligenza e competenze senza le quali saremo tutti più poveri.
Salute psico-fisica
La pandemia da Covid-19 ha accelerato la presa di coscienza della vecchiaia, target preferito dal virus. Il solo fatto che un terzo dei morti da Covid a livello globale fossero ospiti di residenze per anziani ha improvvisamente squarciato il velo sull’abbandono dei nostri vecchi incapaci di badare a se stessi in strutture che sono complessivamente più fragili della somma delle singole fragilità che ospitano. La pandemia ha dimostrando che, davvero, un ingranaggio è forte quanto il suo anello più debole. Questa consapevolezza unita all’urgenza dell’emergenza e allo straordinario potenziale di nuove tecnologie e intelligenza artificiale forse riuscirà in poco tempo a cambiare uno status quo vecchio di decenni e a ridisegnare il modo in cui ci prendiamo cura degli anziani non indipendenti. Dall’altro lato, la pandemia ha anche dimostrato l’importanza di mantenersi in salute stimolando ulteriormente i già diffusi programmi di prevenzione e cura della persona, fitness, alimentazione corretta, mindfulness e assistenza non medicale per prevenire la degenerazione fisica e psichica. Cosa manca ancora per raggiungere lo scopo proposto a dal World Economic Forum? Una serie di provvedimenti e sforzi che, coniugando pubblico e privato, migliorino la cura dei nostri anziani, incentivino la persistenza al lavoro dopo i 60 anni e promuovano l’ammodernamento delle case per ospitare in modo sicuro i grandi vecchi.
Benessere finanziario
Un vecchio amico, conoscitore del mondo della consulenza, sostiene da tempo che l’educazione finanziaria è inutile, anzi forse dannosa, come lo sarebbe pretendere che il comune cittadino abbia una cultura medica per fare da sé quando si trova davanti a un problema di salute. Il consulente finanziario che ci sta a fare, allora? Lui, come il medico, ha studiato, ha sostenuto esami, ha accumulato un’esperienza che nessuno di noi potrebbe mai avere. Quello che bisogna promuovere non è l’educazione ma la consapevolezza finanziaria. Tutt’altra cosa. La differenza che passa tra il cosa e il come.
Nel contesto della longevità, la consapevolezza finanziaria passa dalla comprensione che le pensioni non saranno più le stesse e che esiste un gap inimmaginato tra il reddito desiderato e l’assegno pensionistico fu- turo. Che l’aspettativa di vita oggi richiede una pianificazione a lungo termine e che il benessere in vecchiaia dipende da una serie di cose, solo alcune delle quali di carattere finanziario, che con le finanze però hanno sempre un rapporto di causa-effetto. Questo genere di consapevolezza è il prodotto di un rapporto consulente-cliente profondo e senza filtri, che prenda in esame tutti gli interessi della persona che hanno a che vedere con la sostenibilità della sua vecchiaia, dalla sua capacità di lavorare più a lungo alla casa in cui abita, dalle tutele assicurative nei confronti di una futura non autosufficienza a quelle giuridiche, da una successione ponderata e consapevole al passaggio generazionale dell’attività di famiglia, bene privato ma asset sociale. In modo particolare per le donne, destinate a una longevità maggiore e svantaggiate in partenza per contribuzione e aspettativa di reddito pensionistico inadeguati.
Articolo tratto dal magazine We Wealth di marzo 2021
L’agenda di Davos 2021, meeting del World Economic Forum, tocca il tema dell’invecchiamento della popolazione mondiale con un incipit contundente: per il 2050 due terzi della popolazione mondiale avrà più di 65 anni. La base della discussione alla ricerca di una ricetta di una longevità sostenibile …