La legge rientra in un più ampio pacchetto normativo presentato dalla Commissione europea a fine 2020 che comprende la legge sui servizi digitali (Digital services act) e quella sui mercati digitali (Digital markets act)
La misura si estende ai servizi intermediari offerti da prestatori di servizi di hosting, motori di ricerca, piattaforme e mercati online; escludendo però le piccole e micro imprese con meno di 45 milioni di utenti attivi al mese
Parlamento e Consiglio europeo, nella notte tra il 22 e il 23 aprile, hanno raggiunto quello che Ursula von der Leyen ha definito un accordo “storico” che concretizzerà il principio secondo cui “ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale anche online”. Un disegno di legge, quello sul Digital services act, che punta a proteggere lo spazio digitale dalla diffusione di beni, contenuti e servizi illegali. Ma che, secondo alcuni, potrebbe limitare il potere di mercato delle big tech.
Le imprese coinvolte
La legge rientra in un più ampio pacchetto normativo presentato dalla Commissione europea a fine 2020 che comprende la legge sui servizi digitali (Digital services act) e quella sui mercati digitali (Digital markets act) con l’obiettivo di offrire agli utenti l’accesso a prodotti sicuri proteggendone i diritti fondamentali ma anche di garantire una concorrenza libera e leale nel digitale per favorire innovazione e crescita. La misura si estende ai servizi intermediari offerti da prestatori di servizi di hosting, motori di ricerca, piattaforme e mercati online che operano in Europa; escludendo però le piccole e micro imprese con meno di 45 milioni di utenti attivi al mese. E gli obblighi saranno proporzionati alla natura dei servizi offerti, alla loro dimensione e al loro impatto (il che significa che più saranno grandi più dovranno sottostare a requisiti più stringenti).
Le novità per le big tech
Nel dettaglio, sono previste alcune specifiche misure:
- per contrastare beni, servizi o contenuti illegali online, tra cui un meccanismo che permette agli utenti di segnalare tali contenuti e alle piattaforme di collaborare con i segnalatori considerati “attendibili”;
- per gli utenti e la società civile, come la facoltà di contestare le decisioni delle piattaforme sulla moderazione dei contenuti, l’accesso ai dati fondamentali delle piattaforme di maggiori dimensioni, una maggiore trasparenza delle piattaforme online su alcuni aspetti (come gli algoritmi per la raccomandazione di contenuti e prodotti)
- di valutazione e attenuazione dei rischi, tra cui una maggiore tutela dei minori (le piattaforme, per esempio, non potranno presentare ai minori messaggi pubblicitari mirati attraverso l’utilizzo dei loro dati personali sensibili);
- una maggiore vigilanza da parte della Commissione europea sulle piattaforme online di maggiori dimensioni
Su quest’ultimo punto, come spiegato dal commissario per il mercato interno Thierry Breton, alla Commissione è conferito il compito di imporre sanzioni “effettive e dissuasive” fino al 6% del fatturato globale delle piattaforme in questione ma anche di “vietare loro di operare nel mercato unico dell’Unione europea in caso di violazioni gravi reiterate”. Tra l’altro, alla luce della crisi russo-ucraina, i colegislatori hanno aggiunto un articolo che introduce un meccanismo di risposta alle crisi. Meccanismo, spiegano in una nota ufficiale, che sarà “attivato da una decisione della Commissione su raccomandazione del comitato dei coordinatori nazionali dei servizi digitali e consentirà di analizzare l’impatto dell’attività delle piattaforme e dei motori di ricerca di dimensioni molto grandi sulla crisi in questione, come pure le misure proporzionate ed efficaci da attuare nel rispetto dei diritti fondamentali”.