- Una ricerca Anasf-McKinsey stima che l’intelligenza artificiale generativa avrà un impatto sull’economia globale compreso tra i 2,6 e i 4,4 trilioni di dollari all’anno
- Oleinikov e Wolburg: “Il nostro studio suggerisce che gli investitori non dovrebbero fare affidamento su classificazioni ampie come Msci Em, Ue o Brics”
Nvidia, Microsoft, OpenAi, fino ad arrivare alla più recente DeepSeek. I nomi associati finora all’intelligenza artificiale, secondo alcuni addetti ai lavori, rappresentano solo l’inizio della sua avanzata. Basti pensare proprio a DeepSeek, la startup che ha scosso i mercati finanziari con il suo modello di Ai a basso costo, accendendo i riflettori su tutta un’intera generazione di nuovi potenziali protagonisti cinesi del settore. In una fase come quella attuale in continua evoluzione, dal punto di vista degli investitori, diventa fondamentale riuscire a identificare i potenziali vincitori e perdenti.
L’indice sulla competitività dell’intelligenza artificiale
Per orientarsi in questo scenario e valutare i paesi in base alla loro capacità di sfruttare l’intelligenza artificiale, Generali asset management ha elaborato il cosiddetto “GenAm Ai Index”: un indicatore che esamina 55 paesi al mondo – incluse le economie dei mercati emergenti Msci – sulla base di quattro variabili:
- innovazione, premiando i paesi con un elevato peso della spesa in ricerca e sviluppo sul prodotto interno lordo, unitamente a un’importante attività di brevetti sia in generale che nell’ambito specifico dell’Ai;
- adozione e diffusione, utilizzando indici specifici per valutare la connettività digitale e la prontezza tecnologica ed esaminando gli articoli accademici con un focus sull’Ai;
- capitale umano, considerando che saranno sempre più richiesti professionisti laureati nelle cosiddette discipline Stem (Scienze, tecnologia, ingegneria e matematica);
- e regolamentazione, analizzando i progetti di legge sull’intelligenza artificiale già approvati.
L’impatto potenziale dell’Ai sull’economia mondiale
“L’Ai sta diventando sempre più presente nelle attività economiche e – sebbene non sia chiaro quanto forti saranno i guadagni in termini di crescita e produttività – è certo che saranno positivi”, osservano Vladimir Oleinikov, senior, quantitative analyst di Generali investments, e Martin Wolburg, senior economist dell’asset manager. Basti pensare che una recente ricerca Anasf-McKinsey stima per esempio che l’intelligenza artificiale generativa avrà un impatto sull’economia globale compreso tra i 2,6 e i 4,4 trilioni di dollari all’anno.
“Per gli investitori, è fondamentale identificare i mercati più promettenti. È a tal fine che abbiamo creato un indicatore proprietario che valuta dimensioni chiave necessarie per sfruttare i benefici dell’Ai. A differenza dell’indicatore Aipi del Fondo monetario internazionale che copre 174 paesi, ci siamo concentrati su un campione più ristretto, simile al Global Ai vibrancy tool di Stanford, che analizza solo 36 paesi. Il nostro campione comprende infatti 55 economie”, dicono Oleinikov e Wolburg.
I migliori e peggiori paesi su cui investire
Come evidenziato nel grafico sottostante, Stati Uniti, Germania e Singapore sono tra i 10 migliori paesi in base a uno dei due indicatori analizzati. “Quando si considera l’analisi dei numeri assoluti, anche la Cina, la Corea del Sud, il Regno Unito e gli Emirati Arabi Uniti vengono inclusi”, spiegano Oleinikov e Wolburg. Tuttavia, ci sono paesi che non appaiono nella top 10 in nessuno dei due indicatori, tra cui Francia, India, Emirati Arabi Uniti, Giappone, Malesia, Svezia e Finlandia.

Fonte: Generali asset management
“Tutti gli indicatori considerati identificano il Brasile come molto poco preparato per l’intelligenza artificiale. Non sono così chiari i segnali per altri Paesi, ma la nostra conclusione è che Kuwait, Vietnam, Ucraina, Georgia, Ungheria, Polonia, Russia, Messico, Sudafrica e Turchia non si trovano in una posizione di forza”, affermano i due economisti. Fatta questa premessa, secondo Oleinikov e Wolburg i risultati dell’analisi indicherebbero che gli investitori non dovrebbero puntare su classificazioni ampie come l’Msci emerging markets, l’Unione europea o i cosiddetti Brics (insieme di paesi inizialmente composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – dalle loro iniziali deriva l’acronimo – e che oggi include Egitto, Iran, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti, ndr).
“All’interno dell’Msci emerging markets, solo la Corea del Sud appartiene alle economie più promettenti sul fronte dell’intelligenza artificiale, mentre Messico e Sudafrica appartengono a quelle meno promettenti”, dichiarano Oleinikov e Wolburg. “Allo stesso modo, all’interno dell’area euro, Francia e Germania appartengono alle economie leader. Tra i Brics, infine, la Cina ha senza dubbio un enorme potenziale, mentre Russia e Sudafrica ne hanno solo un potenziale molto limitato”.