- Il vertice dei Brics a Kazan è il primo nel nuovo format nove più uno. Al fianco di Vladimir Putin, ci saranno il cinese Xi Jinping, l’indiano Narendra Modi, l’egiziano Abdel Fattah al-Sisi e l’iraniano Masoud Pezeshkian
- We Wealth ha chiesto a Fida – società specializzata nello sviluppo di applicazioni software per i servizi finanziari e nella distribuzione e analisi di dati nel risparmio gestito – di individuare i fondi che investono sui Brics
Al via nella città russa di Kazan il vertice dei Brics: un insieme di paesi inizialmente composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – dalle loro iniziali deriva l’acronimo – e che oggi include Egitto, Iran, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti. Ai lavori di quest’anno partecipa anche l’Arabia Saudita, sebbene non abbia ancora aderito formalmente. Per fornire un metro di paragone, queste 10 nazioni rappresentano nel loro complesso circa il 27% del pil mondiale, con un valore aggregato superiore ai 28mila miliardi di dollari. In più, i paesi membri occupano circa il 30% della superficie mondiale e ospitano circa il 45% della popolazione del Pianeta. E si tratta potenzialmente di un gruppo in crescita, se si pensa che almeno altri 40 Stati desidererebbero farne parte, come l’Indonesia e il Messico.
“Già dalla sua nascita, il gruppo dei Brics copriva una porzione significativa dell’economia globale, grazie alla presenza di potenze economiche come Cina e Russia, oltre a economie emergenti influenti su scala continentale come il Brasile: nel 2001, l’anno in cui fu coniato l’acronimo, la quota dei paesi Brics sul Pil totale a livello mondiale era poco più del 20%, mentre quella dei paesi del G7 ammontava al 42,7%”, racconta a We Wealth Gabriel Debach, market analyst di eToro. Nel 2010, con l’ingresso del Sudafrica, il blocco rappresentava circa il 29% del pil mondiale. All’epoca la Cina in particolare “stava vivendo uno sviluppo economico impressionante, con un tasso di crescita del pil che, tra il 2000 e il 2008, sfiorava il 13% annuo, arrivando nel 2010 a posizionare la Terra del dragone come la seconda economia mondiale dietro gli Stati Uniti”, ricorda l’analista. Allo stesso tempo, l’India e il Brasile registravano una crescita economica altrettanto significativa: l’India raddoppiava il suo tasso medio di crescita rispetto agli anni ‘90, raggiungendo il 5,8%, e il Brasile toccava una crescita del 7,5% nel 2010, il più alto tasso in 25 anni, trainato dal boom delle materie prime.
Brics: via al vertice del 2024 a Kazan
Il vertice dei Brics a Kazan è insomma il primo nel nuovo format nove più uno. Al fianco di Vladimir Putin, fra gli altri, ci saranno il cinese Xi Jinping, l’indiano Narendra Modi, l’egiziano Abdel Fattah al-Sisi e l’iraniano Masoud Pezeshkian. Atteso anche Recep Tayyip Erdogan, ma unicamente come osservatore. Finora 36 paesi hanno confermato la loro partecipazione, di cui una ventina invierà in Russia il proprio capo di Stato o di governo. Quando videro la luce nel 2006, con l’obiettivo di costituire una sorta di alternativa all’Occidente, in pochi credevano in realtà che i Brics sarebbero durati a lungo. Da allora, sono diventati un punto di riferimento per tutti quei paesi che rifiutano l’egemonia degli Stati Uniti e delle istituzioni finanziarie correlate (come il Fondo monetario e la Banca Mondiale). Ma non mancano spaccature al loro interno, principalmente tra Cina e Russia da un lato e India e Brasile dall’altro.
I fondi che investono sui Brics
Fatte queste premesse, We Wealth ha chiesto a Fida – società specializzata nello sviluppo di applicazioni software per i servizi finanziari e nella distribuzione e analisi di dati nel risparmio gestito – di individuare i fondi che investono sui Brics. I comparti autorizzati in Italia per i retail sono tre; nella tabella sottostante è stata proposta la classe più performante da inizio anno, confrontata con gli indici appartenenti a quattro categorie Fida: azionari Brics, azionari globali (mercati emergenti e sviluppati), azionari dei mercati emergenti e azionari americani.

Il Templeton Bric A $ ha restituito una performance da inizio anno del +23,43%, che sale al +73,05% se si considera l’ultimo decennio. Segue il Sisf Bic A Cap $ con il +18,24% year to date e l’Hsbc Gif Bric Equity A Cad con il +11,99% nello stesso periodo. Se poi si vanno ad analizzare i singoli indici dei Brics, risulta evidente come a registrare la migliore performance nel 2024 è la Borsa di Johannesburg, in Sudafrica, che risulta in crescita del +34,93%. Sul podio anche il Csi 300 (che replica la performance dei 300 principali titoli negoziati alla Borsa di Shanghai e alla Borsa di Shenzhen) con il +16,87% e il Bse Sensex di Mumbai con il +11,06%. Sul versante opposto, il Bovespa (l’indice azionario della Borsa di San Paolo, in Brasile) viaggia sotto la parità con il -1,76% year to date mentre il Moex di Mosca incassa un calo del -41,32%.

I Brics in Borsa: è ora di investire?
Ha ancora senso, dunque, pensare ai Brics come tema di investimento? “A mio avviso, per quanto tale gruppo possa continuare a espandersi includendo altri paesi emergenti, il blocco potrebbe consolidare il suo peso economico ma resterebbe geopoliticamente debole”, dichiara Debach. “L’eterogeneità di sistemi politici, economici e culturali all’interno dei Brics mette infatti a nudo le difficoltà associate al raggiungimento di un terreno comune su qualsiasi nuovo sistema di governance globale. Per contro, il sistema dominato dall’Occidente che essi cercano di contrastare, pur non essendo perfetto, è molto più omogeneo, fondato su un ordine basato su regole consolidate e privo delle tensioni geopolitiche che attanagliano i nuovi Brics”, aggiunge.
Prima ancora di affrontare i problemi di un futuro allargamento, secondo l’analista i Brics dovrebbero risolvere le divisioni già presenti al proprio interno. In particolare, il gigante indiano rappresenta “una specie di infiltrato” dell’Occidente, dice Debach, visto l’allentamento del suo asse con la Russia e il rafforzamento dei legami militari con gli Stati Uniti. Inoltre, la Russia è “diplomaticamente isolata e sono pochi i paesi disposti ad allearsi con Mosca in questo momento”, continua l’esperto. Brasile e Sudafrica sarebbero poi restii a far entrare nuovi paesi per non perdere i loro privilegi regionali e la Cina non sarebbe vista di buon occhio sia dal Brasile che dall’India. “Se l’allargamento del blocco potrebbe senz’altro accrescerne l’attrattività, è ancora incerta la capacità dei Brics di realizzare le loro ambizioni e mettere a punto un nuovo ordine realmente alternativo a quello attuale”, sostiene dunque Debach. “L’eterogeneità interna, i disaccordi sull’allargamento e su questioni fondamentali come la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e le dispute territoriali tra Cina e India, rappresentano, a mio avviso, ostacoli decisamente significativi alla coesione e al rafforzamento del gruppo”, conclude l’esperto.