I flussi di investimenti diretti esteri rispetto al pil raggiunge il 25% in Italia, a fronte di una media europea del 77%
Vulpiani: “Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza abbiamo un’occasione storica per invertire questo trend e rendere più attrattivo tutto il nostro tessuto economico”
Dopo aver subito un crollo nel quinquennio tra il 2006 e il 2011, i flussi di investimenti diretti esteri in entrata in Italia ha conosciuto una crescita nel periodo 2012-2018. Per poi contrarsi nuovamente nei due anni successivi. Ma come rilevato da un recente studio di Deloitte dal titolo L’attrattività del sistema Italia per le imprese estere: opportunità e prospettive del Pnrr, si tratta di flussi contenuti rispetto alle altre principali economie europee (21 miliardi di dollari a fronte di una media europea di 526 miliardi). Se poi si guarda ai flussi in percentuale al prodotto interno lordo, si parla del 25% nel 2020 contro una media europea del 77%.
“Questo comporta che, in termini di attrattività complessiva degli investimenti esteri, l’Italia è all’ultimo posto delle principali economie europee (sebbene a livello globale si posizioni meglio di alcune grandi economie come la Cina e la Russia, ndr), mostrando una particolare debolezza nel sistema fiscale e nella disponibilità di infrastrutture”, spiega Marco Vulpiani, partner di Deloitte e curatore dello studio. “A queste si aggiungono lentezze burocratiche che rendono l’Italia meno competitiva nell’attrarre investimenti internazionali e domestici”.
“Secondo i dati Ocse, nel 2020 il gettito fiscale complessivo ammontava a circa il 43% del pil, inferiore solo alla Francia rispetto alle altre grandi economie europee. A ciò si aggiunge che i livelli di evasione fiscale e di corruzione sono tra i più alti in Europa. In termini di Corruption perception index l’Italia è infatti alla peggiore posizione tra le grandi economie europee. Anche in termini di stabilità politica è agli ultimi posti in Europa, collocandosi alla 31esima posizione su 45”, continua Vulpiani.
Eppure, il sistema produttivo tricolore può puntare su diversi punti di forza. Innanzitutto, stando all’ultima rilevazione Eurostat sul 2018, l’Italia registra il più elevato numero di innovazioni di prodotto o di processo a fronte del totale introdotto in Europa. Inoltre, è leader nel continente per offerta di prodotti green tecnologicamente avanzati. Se si considera il Gci, ovvero l’indicatore sintetico che misura questa capacità, il Belpaese è salito dalla quinta posizione nel 1995 alla seconda posizione nel 2014 (preceduta solo dalla Germania). “L’Italia può vantare risultati estremamente positivi in alcuni ambiti strategici, quali il design, le imprese culturali, l’energia e i prodotti green”, interviene ancora Vulpiani. “Non è mai stata in cima alla classifica dei paesi più attrattivi per gli investimenti delle imprese estere, ma con il Piano nazionale di ripresa e resilienza abbiamo un’occasione storica per invertire questo trend e rendere più attrattivo tutto il nostro tessuto economico”. In un contesto come quello attuale, conclude l’esperto, la “tempestiva ed efficace implementazione del Pnrr rappresenta un’occasione irrinunciabile per dare impulso al nostro sistema produttivo e migliorare l’attrattività verso investimenti internazionali”.