Il Mezzogiorno ha incassato nell’anno della crisi un calo del prodotto interno lordo dell’8,4% rispetto al 2019, a fronte di un dato nazionale del -8,9%
Il 34% delle imprese della regione ha realizzato investimenti nel triennio 2018-2020 (due punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale)
Scudieri: “La fase di ripresa economica a livello nazionale può essere la vera occasione per consentire un recupero almeno parziale dello storico gap con il resto d’Italia”
La battuta d’arresto che ha colpito l’Italia lo scorso anno non ha lasciato immune il Mezzogiorno. Ma, contrariamente alle aspettative, sembra essersi rivelato più resiliente di quanto sperato. Preparandosi, ora, a una nuova fase di rilancio sostenuta anche dall’ingente pacchetto di risorse comunitarie in arrivo. Un nuovo studio pubblicato da Srm, centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo, rivela quali sono i pilastri fondanti della sua ripartenza. A partire dalla digitalizzazione.
Iniziamo dai numeri. Stando allo studio, il Mezzogiorno ha incassato nell’anno della crisi un calo del prodotto interno lordo dell’8,4% rispetto al 2019, a fronte di un dato nazionale del -8,9%. Ma segnali positivi emergono già dai primi dati relativi agli ultimi mesi, che rivelano una
crescita del numero delle imprese del +1,8% a giugno sul 2020 (contro il +0,9% per l’Italia nel suo complesso) accompagnata da una ripartenza dell’export al 1° trimestre del +1,6% (+4,6% a livello nazionale). Un rilancio, spiegano i ricercatori, che come anticipato potrebbe essere sostenuto anche dalla rilevante disponibilità di risorse comunitarie (che superano i 200 miliardi di euro), senza dimenticare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (
Pnrr) che vede il sud assorbire il 40% dei fondi complessivi per circa 82 miliardi di euro.
E il tessuto imprenditoriale della regione sembrerebbe essere pronto a raccoglierne i benefici. La survey di Srm ha coinvolto in particolare 300 imprese manifatturiere del Mezzogiorno (e 700 per l’Italia), concentrandosi su Pnrr, investimenti e internazionalizzazione. Tre pilastri attraverso i quali, scrivono, “potrebbero rilanciare il loro sviluppo futuro”. Quello che è emerso è che il 34% delle meridionali ha già realizzato investimenti nel triennio 2018-2020 (due punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale), con il 60% che ha superato anche il 20% del fatturato aziendale in termini di ammontare. Investimenti che si sono
focalizzati per quasi il 50% su innovazione e sostenibilità, in linea con le principali aree di intervento previste dal Pnrr. Positive sono anche le attese proprio sul Piano, con il 54% delle imprese che si attende opportunità e vantaggi indiretti per il proprio business e il 31% che si definisce pronto a coglierli.
“I dati dimostrano che esiste un Mezzogiorno che nonostante tutto riesce a essere competitivo”, osserva Paolo Scudieri, presidente di Srm. “La fase di ripresa economica a livello nazionale – con il supporto delle risorse del Pnrr e delle riforme necessarie a modernizzare il Paese – può essere la vera occasione per consentire un recupero almeno parziale dello storico gap con il resto d’Italia e permettere al Mezzogiorno di contribuire alla ripartenza” della Penisola nel suo complesso, conclude. Dello stesso avviso anche Massimo Deandreis, direttore generale del centro studi, secondo il quale “occorre cambiare passo guardando al futuro” e concentrare “gli sforzi di tutti per non perdere la più grande occasione per il sud e per l’Italia rappresentata dal Pnrr”.
Ma a che punto sono le aziende meridionali quando si parla di innovazione, digitalizzazione e ambiente? Stando allo studio, 15.695 possono essere definite “innovative”, il 17% del dato nazionale. Un numero comunque in crescita rispetto al 2014 di circa il 52% (in Italia si parla del +34,3%). Tuttavia, l’87% delle realtà considerate con almeno 10 addetti riporta un livello “basso” o “molto basso” di adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (contro una media nazionale dell’82%). Sulla scia dell’emergenza sanitaria, crescono intanto le aziende che offrono informazioni sui prodotti offerti sui propri siti web, dal 28,2% del 2019 al 47,7% del 2020. Quanto al capitolo “green & circular economy”, invece, la bioeconomia vale nel Mezzogiorno 23,6 miliardi di euro pari al 6,7% dell’economia della regione nel suo complesso e al 23,6% della media nazionale. A contribuire maggiormente in tal senso sono Campania, Puglia e Sicilia, che generano complessivamente circa il 67% della bioeconomia meridionale. Dal punto di vista socioeconomico, si parla infine di 730mila addetti impegnati nelle produzioni bio (il 36,4% del dato italiano).
Il Mezzogiorno ha incassato nell’anno della crisi un calo del prodotto interno lordo dell’8,4% rispetto al 2019, a fronte di un dato nazionale del -8,9%Il 34% delle imprese della regione ha realizzato investimenti nel triennio 2018-2020 (due punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale)Sc…