Home è la tua casa, la casa alla quale sei affezionato e nella quale hai vissuto o vivi con i tuoi affetti. È quella che ti dà calore, protezione, sicurezza: il tuo rifugio, il nido.
La house è invece un immobile destinato alla residenza e l’unica protezione che ti offre è quella alle intemperie.
Durante la mia infanzia ho cambiato spesso residenza e quindi house, e l’unica home che ricordi con affetto è quella in cui sono nata e dove ho vissuto i miei primi dieci anni.
Posso considerarmi una buona testimone della netta differenza che c’è tra l’una e l’altra: la mia casa d’infanzia è l’unica che ricordo nei minimi particolari, mentre di tutte le altre ho pochissimi ricordi e spesso confusi.
Della mia home ricordo perfettamente ogni stanza, gli arredi, i colori e le decorazioni delle mattonelle e la fantasia delle carte da parati. Ricordo perfino l’esatta posizione degli
interruttori della luce.
Un mezzo miracolo, considerando che nella casa dove vivo da vent’anni confondo ancora l’accensione dei faretti!
La confusione tra home e house è la tragedia dei risparmi degli italiani.
Si compra una casa perché è un servizio e poi ci si affeziona. Si compra un’altra per le vacanze e ci si affeziona pure a quella. E ci vogliamo far mancare l’acquisto della casa per i figli?
Risultato: siamo costretti ad andare in vacanza sempre nello stesso posto e abbiamo più case che figli a cui lasciarle.
Il 73% degli italiani possiede almeno una casa di proprietà, uno dei dati più alti al mondo.
Di per sé il dato è positivo, perché come già detto la nostra casa ci dà un senso di sicurezza e protezione. È invece l’idea che il mattone sia un investimento sicuro, un bene rifugio sul quale investire tutti i propri risparmi che dovrebbe essere rivista.
Esiste un enorme patrimonio inutilizzato, in molti casi derivante da eredità ricevute e sappiamo bene quanto sia complesso vendere e soprattutto vendere bene questi immobili.
Se ci sono più case di quante servano, la legge della domanda e dell’offerta è implacabile e le fa scendere di prezzo.
Secondo i dati ISTAT tra il 2010 e il 2019 i prezzi delle abitazioni italiane sono crollati in media del 24%.
Le case non sono eterne, invecchiano e hanno bisogno di continui interventi di manutenzione se non volete ritrovarvi dopo 30 anni un immobile fatiscente.
Se acquistate casa con un mutuo dovete pagare i costi che ne derivano. E le tasse sulla casa? Tasi e Imu diventano insostenibili se abbiamo più case non messe a reddito.
La casa va bene per viverci, ma se diventa uno strumento per investire i risparmi, allora deve essere valutata con la freddezza e il distacco che abbiamo nei confronti di tutti gli altri asset come azioni, obbligazioni, ecc.
Le manovre delle banche centrali hanno schiacciato i tassi di interesse e fatto schizzare il valore delle azioni.
Il mondo è cambiato: le Borse sono diventate più sicure dei titoli di stato e degli stessi immobili, ovviamente in un’ottica di lungo termine.
Ciò nonostante i dati ci dicono che solo il 2% delle famiglie italiane ha beneficiato dell’esplosione dell’azionario, i cui valori sono raddoppiati negli ultimi dieci anni, mentre le case nello stesso periodo si sono svalutate.
Le famiglie italiane pensano alle future generazioni e questo è un bene; il paradosso è che lo fanno in un’ottica di breve periodo, anziché di lungo. Tengono i soldi liquidi sul conto corrente per il “non si sa mai” e investono in immobili illiquidi per definizione e spesso li acquistano in luoghi dove i genitori sperano che i figli sceglieranno di vivere, quando invece questi vivranno probabilmente in un’altra città e forse persino in un altro paese.
Non sarebbe meglio allora destinare un patrimonio “più liquido” seppure con un orizzonte lungo per i propri figli che possa rispondere ai loro veri progetti e desideri?
L’azionario viene spesso considerato più rischioso solo perché ha oscillazioni, mentre l’immobile più sicuro solo perché le oscillazioni non sono visibili e ci si àncora al prezzo di acquisto e di vendita, senza considerare che, a causa dell’inflazione, il prezzo nominale non coincide mai con quello reale.
Non voglio dire che l’investimento immobiliare sia di per sé sconsigliato, anzi, può essere una scelta redditizia, ma solo a certe condizioni.
Per investire bisogna calcolare bene tutte le spese di gestione e le tasse che andranno inevitabilmente a decurtare il rendimento.
C’è poi il tema della gestione degli inquilini, dei possibili periodi di “vuoto” e il rischio di morosità, il tutto aggravato dalla pandemia con la didattica a distanza degli studenti e lo smart working dei lavoratori che hanno lasciato le case prese precedentemente in affitto.
L’investimento immobiliare è un’attività che richiede competenza, conoscenza del settore e delle specifiche località, in termini di domanda/offerta, prezzi, canoni e prospettive.
E ha senso se inserita all’interno di una corretta diversificazione, evitando un’eccessiva esposizione al settore, ricordando la regola aurea di non mettere tutte le uova nello stesso paniere!