- Le donne tendono a investire in portafogli più conservativi che, in media, generano un gap di performance tra l’1 e il 2% all’anno
- Secondo un’indagine di McKinsey, il 52% delle italiane dichiara di essere avversa al rischio, a fronte del 45% degli uomini
- Catania: “È importante per gli operatori finanziari avviare iniziative di educazione finanziaria e servizi di consulenza che tengano conto dei diversi obiettivi delle donne”
Le investitrici controllano attualmente circa un terzo delle masse gestite in Europa, quasi 6mila miliardi di euro. Una quota che potrebbe “aumentare rapidamente nei prossimi anni, anche grazie a un numero crescente di donne che si assumono la responsabilità delle decisioni finanziarie familiari”, spiega a We Wealth Cristina Catania, senior partner di McKinsey & Company. Nelle stime della società internazionale di consulenza, infatti, nel giro di sei anni il tasso di crescita annuale degli asset gestiti dalle investitrici ammonterà all’8% a fronte del 3% di quello degli uomini. Entro il 2030, inoltre, la quota di investimenti delle donne toccherà il 45% del totale, superando i 10mila miliardi di euro. Con un stile che resta diverso.
Come investono le donne
“Le investitrici hanno una propensione al rischio inferiore rispetto agli uomini”, racconta Catania. “Il 52% delle italiane dichiara di essere avversa al rischio, a fronte del 45% degli uomini. Da notare come le più giovani, tra i 18 e i 34 anni, risultino leggermente meno avverse al rischio rispetto alla media (47%)”. Le donne tendono così a investire in portafogli più conservativi che, in media, generano un gap di performance di 1-2 punti percentuali ogni anno; il che si traduce in un mancato guadagno annuale che può essere anche importante. Tra gli obiettivi di investimento troviamo invece ai primi posti l’esigenza di costruire una sicurezza finanziaria per la propria famiglia, aiutare i figli nella pianificazione del loro futuro e raggiungere un’indipendenza economica, anche in ottica previdenziale.
I canali che utilizzano per informarsi
Ma c’è un tema con cui si scontrano, almeno in Italia. Il livello di educazione finanziaria delle donne italiane è infatti tra i più bassi nella classifica internazionale: secondo l’Ocse, il Belpaese si posiziona al 36° posto con un punteggio di 52 su 100 a fronte di una media di 61 su 100. Guardando alle giovani generazioni, dalla ricerca di McKinsey sulle donne investitrici emerge come circa il 12% dichiara di avere limitate conoscenze finanziarie, a fronte del 4% dei coetanei uomini. Quanto ai canali che utilizzano per informarsi si può notare un aumento della predisposizione delle giovani donne a utilizzare quelli digitali, che si estende lungo l’intero percorso di investimento. La ricerca dimostra infatti come circa il 20% tra gli under 35 preferisce un journey completamente digitale.
“Attualmente i prodotti di risparmio gestito nel portafoglio delle donne pesano circa la metà rispetto a quelli degli uomini”, aggiunge Catania. Una riduzione di questo gap garantirebbe al sistema finanziario un aumento delle masse in gestione, nonché un’allocazione più efficiente dei risparmi. “Alcune realtà hanno intercettato questo cambiamento e stanno sviluppando specifiche divisioni per soddisfare le esigenze delle donne investitrici. È importante per gli operatori finanziari continuare su questo percorso, per rispondere efficacemente ai bisogni di questo segmento in forte crescita, creando una value proposition dedicata, avviando iniziative di educazione finanziaria e servizi di consulenza che tengano conto delle diverse esigenze e dei diversi obiettivi delle donne”, conclude l’esperta.
Articolo tratto dal n° di marzo di We Wealth.
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