Nonostante la totale assenza di conoscenze nel campo della finanza e della pianificazione, sapeva bene come razionalizzare le poche risorse a sua disposizione.
C’erano le priorità che erano ovviamente il cibo a tavola, il pagamento della rata del mutuo e delle bollette, l’acquisto di un abito per l’inverno e uno per l’estate, qualche piccolo sfizio e i risparmi per gli imprevisti.
Ognuno di questi obiettivi era contenuto e conservato in un barattolo dedicato con tanto di etichetta che non lasciava spazio a dubbi.
Come la maggior parte delle donne (non me ne vogliano i signori uomini!) sapeva far quadrare bene i conti familiari e, se per qualche imprevisto, non fosse stato sufficiente il denaro per le priorità, attingeva al barattolo degli imprevisti e degli sfizi, anche se quest’ultimo è sempre stato il più piccolo di tutti e molto spesso restava vuoto.
Mia nonna non l’ha mai saputo, ma oggi sarebbe fiera di sapere che era, a tutti gli effetti, un’esperta ante litteram di pianificazione.
Nel momento in cui smettiamo di pensare al denaro nell’ottica di Paperon dei Paperoni, ossia come soldi che producono altri soldi con il solo scopo di vederli crescere, e iniziamo a capire che non sono un fine, ma uno strumento per raggiungere un fine, solo allora avremo dato un senso ai nostri risparmi e soprattutto ai sacrifici fatti per metterli da parte!
I dati ci confermano che sui conti correnti delle famiglie italiane ci sono ben 1.900 miliardi: ciò dimostra che per gli italiani la liquidità sui conti ha un valore di riserva psicologica.
Lo accumulano sui conti perché sono convinti che così sia più sicuro e che non possano perderlo. In realtà sappiamo che l’inflazione ne erode il valore, ma, cosa più importante, il denaro immobilizzato sui conti non produce il valore necessario al raggiungimento degli obiettivi che si possono ottenere invece solo investendolo nei corretti orizzonti temporali.
Nei miei articoli precedenti ho approfondito molto il tema del peso che l’emotività ha sulle scelte finanziarie e questa consapevolezza mi porta a rispettare profondamente le emozioni che guidano questi comportamenti, ma il mio ruolo è anche quello di aiutare i risparmiatori a razionalizzare e superare le proprie paure e in tal senso sento una grande responsabilità.
Il valore che siamo soliti dare al denaro guadagnato e sudato è di gran lunga maggiore rispetto a quello vinto o ereditato.
Un esperimento fatto in una università americana conferma questo concetto.
A un gruppo di studenti fu chiesto di svolgere un compito manuale e a un secondo gruppo solo di osservare e rispondere ad alcune domande. Il compito consisteva nell’assemblare una scatola Ikea.
Entrambi i gruppi dovevano poi dare una valutazione monetaria del lavoro svolto.
Ebbene, il primo gruppo che aveva materialmente costruito la scatola, forniva sempre un prezzo più alto rispetto al secondo gruppo che aveva solo assistito alla costruzione.
Lo stesso accade anche in campo immobiliare: se vendiamo la nostra casa, siamo soliti monetizzare anche i ricordi e gli affetti, aumentandone quindi il valore, mentre l’agenzia immobiliare terrà conto solo del mercato.
Questa distorsione cognitiva è stata definita “effetto Ikea”.
L’Ikea è stata capace di sfruttare attraverso il marketing il valore affettivo che riponiamo nel nostro lavoro, così da lasciare che ogni cliente, assemblando i suoi mobili, ci si affezionasse in modo tale da esser disposto a pagare più del reale valore del prodotto stesso.
In campo finanziario, invece, il modo migliore per evitare questo errore cognitivo è definire gli obiettivi che vogliamo raggiungere, le nostre priorità e le risorse che vogliamo destinare a tali obiettivi.
L’importanza dell’obiettivo ci consente di non farci distrarre dalle cose che accadono nel durante, così da restare concentrati e concedere il giusto tempo alla realizzazione dell’obiettivo stesso.
Tutto ciò si può realizzare solo con una corretta pianificazione finanziaria.