Novità al gusto di whisky per Bolaffi Aste. A parlarcene, Filippo Bolaffi, che rappresenta la quarta generazione di una dinastia che nel mondo del collezionismo filatelico non ha bisogno di presentazioni, essendo stata celebrata anche da emissioni dedicate, sia in Italia (1991) che in Francia (2010). Presidente e amministratore delegato del gruppo che porta il suo cognome, Giulio Filippo Bolaffi è qui intervistato in veste di ceo di Aste Bolaffi spa, casa fondata nel 1990 (la fondazione del gruppo si fa risalire invece al 1890). We Wealth lo ha raggiunto all’indomani del lancio ufficiale del dipartimento whisky e distillati, nell’ottobre 2024.
Dr. Bolaffi: whisky e francobolli, che accoppiata sono?
“Maschile e per bongustai”.
Stanti queste premesse di carattere, che cosa rappresenta per Aste Bolaffi l’inaugurazione del dipartimento distillati?
“La nostra casa d’aste già li trattava all’interno del dipartimento dei vini, essendo un ‘di cui’ delle grandi cantine. Col tempo ci siamo accorti che gli acquirenti di vini erano altri rispetto a quelli di whisky, e che il settore aveva la forza per camminare con le proprie gambe. Un catalogo autonomo inoltre avrebbe maggiormente valorizzato i lotti, rendendoli visibili agli occhi degli intenditori e degli specialisti, proteggendoli maggiormente dalla contraffazione selvaggia che purtroppo contraddistingue il settore dei whisky di pregio. Aggiungo che la domanda è al 90% estera”.
Quando parla di distillati Bolaffi si riferisce al whisky in che percentuale?
“Al 90%. Nel restante 5% confluiscono rum, grappe, altri liquori rari e di pregio”.
Che nazionalità hanno i whisky da collezione? C’è spazio anche per gli Usa, il Giappone, o ci sono solo Scotch?
“I whisky scozzesi rappresentano il 99% di una collezione di pregio”.
Dov’è che si concentra il maggior numero di contraffattori?
“Le tre fasi di distillazione, imbottigliamento e distribuzione del whisky possono avvenire in luoghi diversi. Ciò espone il prodotto a rischi, ma non è detto che sia necessariamente un falso. Il contraffattore prima di tutto è un grande conoscitore del prodotto. Per esempio, sa che un’etichetta di un colore diverso può far valere la bottiglia anche il doppio, perché indica una distribuzione diversa. A causa del gran numero di falsi in circolazione, ultimamente il mercato è stato scettico. Noi con queste problematiche ci misuriamo, con cura e dedizione. La nostra volontà è di dare un segnale forte di reputazione e affidabilità al mercato”.
Com’è organizzato il dipartimento whisky di Bolaffi?
“Abbiamo un capo dipartimento interno e poi, a seconda della tipologia di whisky, ci rivolgiamo ai grandi conoscitori specialistici della bottiglia in esame. La ‘seconda opinione’ per noi è fondamentale. Trattiamo il whisky al pari di un’opera d’arte, scartando circa il 50% delle bottiglie che ci vengono sottoposte. Non perché siano false, ma perché se mancano tutti gli elementi sufficienti per battezzare una bottiglia come autentica, preferiamo lasciar perdere. Avendo una reputazione ultra centenaria da difendere, per tutte le nuove categorie cerchiamo i migliori esperti possibili”.
Al di là del whisky, Bolaffi negli ultimi anni ha dato vita a vari dipartimenti, e non è la sola ad averlo fatto. Una scelta dovuta allo sviluppo dei mercati del lusso oppure a una migrazione della domanda da francobolli e monete a oggetti più appetibili alle nuove generazioni?
“A una serie di fattori. Primo: noi siamo relativamente giovani nel mondo delle aste. Partendo dai settori che sono i ‘puntelli’ della nostra società, abbiamo intrapreso un percorso di crescita, possibile solo in territori ancora non battuti, ricchi di potenzialità. Se vuoi espanderti non lo fai nella nicchia in cui sei leader di mercato. Secondo: il cross selling, sia in fase di acquisizione che di vendita: i clienti ci chiedevano categorie merceologiche che noi non coprivamo. Del resto, è fisiologico che un collezionista collezioni più di una tipologia di oggetto. Terzo: oggi i settori ‘classici’ sono ancora importanti; ma guardando al futuro, non è detto che fra un po’ incontrino ancora il favore dei collezionisti”.
E il dipartimento fumetti?
“Sono una costola del dipartimento libri, abbastanza vicini a quello dei manifesti, in cui siamo pionieri in Italia, così come nelle penne e nelle motociclette. Sono molto collezionati, anche se a livello di volume d’affari non potranno mai competere con i dipartimenti più blasonati. Ma si ricordi che su altri mercati – come quello Usa – possono macinare milioni. E non è detto che in Italia non possa accadere, se si introdurrà anche da noi il grading (una misura condivisa a livello internazionale degli stati di conservazione del bene, ndr)”.
Auspica il grading anche per i francobolli?
“Varrebbero 10 volte tanto”.
Perché un cliente italiano dovrebbe scegliere proprio Bolaffi, oltre che per i whisky?
“Per la nostra serietà e la connessa garanzia di esserci, anche in futuro; perché applichiamo rigorosi criteri di qualità in tutti i settori. Abbiamo l’occhio, l’attenzione e la curiosità di capire qualcosa può funzionare. Tutto, benché di qualità estrema, può trovare una sua collocazione, magari in più aste. Non abbiamo la puzza sotto il naso”.
Alzando lo sguardo al mondo, che cosa vede nel futuro?
“In generale sempre più persone si avvicinano ai beni tangibili in opposizione a una economia di carta. Non mi limito a definirli pleasure asset: per me sono tangible asset. Il mondo non sta andando in una direzione facile, né auspicabile. Noi non abbiamo subito gli effetti della geopolitica nelle nostre aste, anche se alcuni mercati, come quello russo, sono venuti a mancare. Se il problema è circoscritto, si può assorbire. Se invece si andrà verso un conflitto mondiale, avremo problemi ben più seri dei beni da collezione, purtroppo”.
Quale il vostro rapporto col diritto di notifica?
“È il nostro incubo quotidiano per quanto riguarda libri e monete. Il problema però non sono le sovraintendenze, ma la vacatio legis che sta a monte. Bisognerebbe riprendere in mano il Codice Urbani per definirne molto meglio il perimetro. Il codice lo aveva definito con lungimiranza, il problema è stato la sua attuazione: se ogni soprintendente interpreta a modo suo il diritto di notifica, ne derivano problemi e iniquità”.
Qual è il suo dipartimento Bolaffi preferito, al di là dei francobolli?
“I francobolli li conosco a fondo. Fra quelli che son nati con me, sono molto affezionato al dipartimento dei vini. Poi mi interessa il mondo delle card, ricchissimo altrove”.
È molto simile a quello dei francobolli.
“Si, ma è ancora tutto da esplorare, c’è molto potenziale in Italia”.
Un suo sogno per il futuro?
“Pensionarmi! Oltre a questo, sogno che Bolaffi continui a crescere. Abbiamo iniziato l’espansione internazionale con due acquisizioni (Harmers of London, UK; Soler y Llach, Spagna, ndr). A livello mondiale ci sarà un consolidamento. A prescindere dalla tipologia di beni trattati, credo che le case d’asta non potranno continuare a fare il loro lavoro così come lo hanno sempre fatto: rimanere statici è sbagliato”.
Articolo originariamente pubblicato su We Wealth magazine n.73. Abbonati qui.