L’economia americana procede a tutto vapore: questo incoraggerà la Federal Reserve a ribadire la necessità di una politica monetaria restrittiva ancora per lungo tempo. Le aspettative dei trader, tuttavia, sono fortemente posizionate sul fatto che i tassi non saliranno né in occasione della prossima riunione né in quella dicembre. Al 30 ottobre, il Cme Fed Watch tool indica che le posizioni sui future escludono completamente un rialzo nella riunione del 1° novembre, mentre le chance di un ultimo rialzo da 25 punti base sono inferiori a una su quattro. L’occupazione elevata e una crescita del Pil mai così spedita da fine 2021 (+4,9% nel terzo trimestre) potrebbero far dubitare sulla diminuzione in atto dell’inflazione, ma i dati osservati sul fronte dei prezzi sarebbero stati abbastanza incoraggianti da rafforzare l’aspettativa che la stretta monetaria statunitense è già finita.
In questo scenario, il rendimento del Treasury decennale si mantiene al 4,9%, un livello particolarmente elevato che riflette l’attesa di un perdurante mantenimento dei tassi d’interesse su livelli elevati. Stando alle aspettative attuali rappresentate dal Fed Watch Tool, il primo taglio dei tassi Fed è atteso il prossimo giugno.
In apparente contrasto con questa condizione di mercato, che accresce l’attrattiva di beni rifugio che generano rendimento come il Treasury, l’oro è tornato sopra quota 2000 dollari l’oncia il 30 ottobre, proseguendo un rally coinciso con i rischi di estensione del conflitto in Israele.
Un’economia in gran forma, contro ogni previsione
Oltre alla crescita del Pil nel terzo trimestre, la forza dell’economia statunitense si è vista anche nei consumi delle famiglie: le vendite al dettaglio a settembre hanno raggiunto il ritmo di crescita più veloce da 15 mesi. Allo stesso tempo, i nuovi posti di lavoro continuano a crescere a ritmo mensile sostenuto: nella media degli ultimi tre mesi si parla di 266mila posti di lavoro.
“Il punto cruciale per la Fed è che non c’è alcuna recessione in vista e i responsabili politici possono essere soddisfatti di poter mantenere i tassi più alti più a lungo, senza innescare un crollo dell’economia”, hanno affermato gli analisti di Ebury nel loro rapporto di previsione sulle mosse della Fed. “Detto questo, non crediamo che gli impressionanti dati sul Pil della scorsa settimana siano sufficienti a costringere la Fed a un altro aumento dei tassi nell’attuale ciclo”, hanno aggiunto, ricordando come l’inflazione di fondo stia continuando a diminuire. Allo stesso tempo gli elevati rendimenti dei Treasury contribuiscono a inasprire le condizioni finanziarie, mentre il pieno impatto dei precedenti rialzi del Fomc deve ancora riflettersi pienamente nei dati economici.
“A settembre l’inflazione core statunitense è scesa al 4,1%, il minimo da due anni a questa parte, mentre l’inflazione core Pce, la misura preferita dalla Fed per misurare i prezzi al consumo, è scesa al 3,7%, il livello più basso da maggio 2021”. Se l’inflazione complessiva è cresciuta leggermente, lo si deve principalmente al rincaro dei carburanti, un fattore temporaneo che difficilmente inciderà sulle scelte della Fed.
Tirando le somme, “il mercato non si aspetta né un cambiamento di politica né un cambiamento significativo nelle comunicazioni, come nel caso della Bce la scorsa settimana”, hanno affermato gli analisti di Ebury, “venerdì verrà pubblicato il report sul mercato del lavoro di ottobre negli Stati Uniti, dove ultimamente si sono registrati pochi segnali di raffreddamento”.
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Un Treasury così fa gola
Dal punto di vista operativo, l’aspettativa che i tassi d’interesse resteranno elevati più a lungo ha alla fine persuaso gli investitori a investire con meno convinzione sui titoli di Stato a lunga scadenza, con un Treasury decennale arrivato a rendere oltre il 5%. Secondo diversi analisti il rendimento dei titoli a lungo termine su questi livelli sarà uno degli elementi decisivi nello scoraggiare un ulteriore rialzo dei tassi da parte della Fed.
E’ interessante notare come negli ultimi mesi il premio richiesto dal mercato per detenere titoli a lungo termine sia decisamente aumentato. Quando il rendimento dei titoli a lungo termine è molto più basso di quelli a breve, come osservato nella prima parte dell’anno, predomina l’aspettativa che una recessione spingerà la banca centrale a ridurre i tassi. Se ciò si verifica, il valore dei bond aumenta offrendo un’opportunità di guadagno a chi li ha in portafoglio.
Con il rafforzamento dell’aspettativa sui tassi elevati a lungo, figlia di un outlook meno negativo sull’andamento dell’economia, quest’opportunità diventa meno probabile. Pertanto, gli investitori “chiedono” un rendimento più sostanzioso per i titoli a lungo termine.
Con questi rendimenti è dunque una buona idea comprare Treasury decennali e portare a casa, tassi di cambio a parte, un rendimento vicino al 5%? La risposta sarebbe sicuramente sì, se si potesse anticipare che l’economia americana alla fine rallenterà, avvicinando il dibattito sul primo taglio dei tassi più di quanto oggi non si preveda.