Nell’era digitale, sorge naturale chiedere se la tecnologia potrà mai sostituire l’uomo nell’expertise delle opere d’arte. Se una volta, si usava solo l’occhio per fare l’expertise sulle opere d’arte, oggi il campo si è molto evoluto e si sono aggiunti numerosi strumenti, anche tecnologici, che ci forniscono un inestimabile aiuto nel capire l’identità storica e materiale di un’opera da numerosi punti di vista. Molti esperti credono che l’occhio e l’esperienza visiva sia ancora la via migliore, e forse non hanno torto, perché l’occhio raffinato ed esperto è spesso in grado di cogliere delle minime sfumature di differenza.
Ma in alcuni casi l’occhio si è dimostrato problematico o non sempre convincente. Sappiamo tutti che gli occhi di alcune persone sono migliori di altri, e che alcuni specialisti hanno una conoscenza più profonda di un artista rispetto ad altri specialisti nello stesso campo. Alcune interpretazioni di dati visivi possono essere viste come soggettive, o superficiali, incomplete o addirittura sbagliate. La situazione può diventare problematica in un contesto legale, quando due esperti, magari egualmente qualificati, presentano delle interpretazioni completamente opposte della stessa identica prova stilistica visiva, a favore o contro l’autenticità o l’
attribuzione.
In questi casi, l’aiuto della tecnologia può essere determinante. Tra le molte altre cose, gli scienziati della conservazione possono analizzare con degli strumenti su una scala più grande dell’occhio nudo la trama di una tela, la superficie pitturata, o altre parti meno facili da vedere dell’opera. Nuovi tipi di test sui materiali organici e inorganici possono aggiungere informazioni e, a volte, sfidare o confermare ciò che il nostro occhio nudo può vedere, nonché dare la possibilità di vedere “dentro” gli strati nascosti. In casi come un dipinto Old Masters che appare sul mercato all’improvviso senza provenienza (il cosiddetto ‘sleeper’ o un’opera trovata in una soffitta), l’esame scientifico della trama della tela, la datazione del pannello (se è in legno), l’analisi dei pigmenti per vedere se il pigmento esisteva al tempo dell’artista, e molti altri tipi di test scientifici possono essere utili.
L’intelligenza artificiale si sta rivelando come mezzo molto interessante per aiutare a indagare su dei pattern e tratti ricorrenti sia di scrittura sia di pennellata. Tuttavia, bisogna ricordare che non tutte queste informazioni possono essere utilizzate come “prova” di autenticità o di contraffazione, e qui la tecnologia non basta: ci possono essere copie di opere legittimamente fatte in vita dell’artista da altri, così come abilissime falsificazioni fatte durante la vita di un artista, e falsificazioni che usano artigianalmente dei materiali e delle tecniche vecchi. A volte si possono identificare scientificamente tutti i materiali, e sembrano corrispondere perfettamente all’epoca dell’artista, ma bisogna anche sapere se l’artista li ha mai usati veramente!
Lo stesso vale per la tecnologia e la ricerca archivistica. Oggi ci possiamo collegare in un lampo online a un immenso e sempre più vasto tesoro di immagini digitali, archivi, registri di cataloghi d’asta, cataloghi di mostre, riviste, atti di vendita, testamenti e persino diari privati e lettere personali. Molte connessioni inaspettate possono venire fuori da una profonda ricerca su Google e dalla spulciatura di documenti online. Ma anche qui, la tecnologia da sola non è tutto. Ci sono ricerche d’archivio che devono essere fatte di persona e la ricerca in archivi difficili rimane un vero lavoro da detective. Bisogna sapere dove cercare e cosa cercare.
Non dobbiamo dimenticare poi quel pizzico di intuizione umana, dove la tecnologia non è ancora riuscita ad arrivare. Recentemente ho lavorato su un quadro complesso, in relazione al quale ho deciso di consultare dei botanici per sapere se la varietà dei fiori dipinti nel quadro esistevano durante la vita dell’artista, e ho dovuto parlare con specialisti della ceramica per sapere se i vasi in cui erano raffigurati i fiori erano tipici del momento storico. In altri casi, ho consultato esperti di macchine da scrivere antiche per poter datare l’etichetta, ed esperti di carta per sapere se la colla di un adesivo esisteva nella data scritta sull’etichetta. È stato proprio dall’etichetta che fu scoperto il grande falsario Beltracchi: gli scienziati della conservazione hanno notato che le etichette che Beltracchi aveva abilmente creato erano incollate con una colla sintetica che non esisteva durante la vita dell’artista o del collezionista. Questo li ha portati ad una ricerca più accurata delle etichette, che hanno rivelato tracce di caffè, utilizzato per farle sembrare più vecchie.
Alla fine, tutto ciò che la tecnologia può essere addestrata a fare deve ancora essere controllato da un umano, proprio come un’ecografia, una risonanza magnetica o anche un esame del sangue. Sono indubbiamente tutti dei grandi strumenti medici moderni per le diagnosi, ma i dati rilevati devono sempre essere analizzati e interpretati da qualcuno. La diagnosi corretta nella medicina dipende dall’esperienza e dal livello di specializzazione della persona che legge gli esami, e dovrà essere valutata all’interno del quadro generale della storia del paziente, proprio come avviene ancora oggi per l’expertise delle opere d’arte.
Nell’era digitale, sorge naturale chiedere se la tecnologia potrà mai sostituire l’uomo nell’expertise delle opere d’arte. Se una volta, si usava solo l’occhio per fare l’expertise sulle opere d’arte, oggi il campo si è molto evoluto e si sono aggiunti numerosi strumenti, anche tecnologici, che ci f…