Il livello di educazione finanziaria in Italia è sempre stato un punto debole dei risparmiatori, che si trovano da tempo agli ultimi posti fra i Paesi Ocse in termini di competenze. Nel 2020 il nostro Paese è 25esimo sui 26 del gruppo degli stati più avanzati al mondo. Un sondaggio condotto in diversi segmenti della popolazione, suddivisi anche per fascia patrimoniale, ha fornito qualche dettaglio in più sulle aspettative degli italiani in materia finanziaria e sulle possibili cause di questo gap. La ricerca è stata realizzata da Pictet AM e da FINER Finance Explorer su 5.200 investitori finali, 300 studenti maggiorenni e 300 risparmiatori che non hanno investito.
Nel complesso il 36% degli intervistati auto-valuta il proprio livello di competenza economico-finanziaria come “basso”, ma solo il 5% non è interessato ad incrementarlo. Il gruppo rappresentato da chi non investe è quello che reputa più carenti le proprie conoscenze in materia (63%), mentre fra gli investitori private (oltre 500mila euro di patrimonio investibile) la percentuale di chi si giudica poco esperto scende al 32% (e solo l’1% non vorrebbe provare a colmare la lacuna).
In Italia, il 24% si dice poco o per nulla interessate alla finanza (una quota che sale al 50% fra i non investitori). Perché? Le ragioni più importanti sono essenzialmente due: innanzitutto, una mancanza generale di interesse sul tema (51%); in secondo luogo,
una fiducia scarsa o nulla nei confronti del settore finanziario (47%). Quest’ultima motivazione invita una particolare riflessione, specie se si considera che la sfiducia in banche e affini supera di gran lunga, fra i fattori che inibiscono un maggiore interesse in materia finanziaria, la mancanza di denaro da investire (24%).
In generale, gli italiani ritengono che la difficoltà della materia finanziaria o dei contenuti che la riguardano siano, congiuntamente (55%), il principale ostacolo che limita una migliore conoscenza. Il 22%, poi afferma che di non trovare contenuti o referenti.
Per tutte le categorie raggiunte dal sondaggio, è soprattutto lo Stato, comprese le istituzioni pubbliche Bankitalia e Consob, a doversi fare carico di divulgare al meglio la finanza (52%). I consulenti occupano il terzo posto: il 12% degli intervistati li ritengono la figura più adatta a supportare gli italiani nella conoscenza della finanza, davanti alle associazioni (11%) e ai docenti universitari (9%).
“Con questa ricerca abbiamo indagato difficoltà e bisogni di un ampio campione che, in misura differente, non si sente sufficientemente sostenuto nel percorso di avvicinamento a tematiche, come quelle finanziarie, ritenute ostiche”, ha commentato Daniele Cammilli, Head of Marketing di Pictet Asset Management, “ciò che emerge, tuttavia, di positivo dall’indagine è che finalmente oggi c’è una coscienza diffusa che una maggiore cultura finanziaria potrebbe essere centrale per il rilancio dell’economia del Paese. Questa nuova consapevolezza potrebbe essere un ottimo incentivo ad approfondire le tematiche e conomiche-finanziarie, andando anche al di là dell’interesse per la gestione dei propri risparmi”.
Il livello di educazione finanziaria in Italia è sempre stato un punto debole dei risparmiatori, che si trovano da tempo agli ultimi posti fra i Paesi Ocse in termini di competenze. Nel 2020 il nostro Paese è 25esimo sui 26 del gruppo degli stati più avanzati al mondo. Un sondaggio condotto in diver…