L’Europa sta attraversando un momento cruciale della sua storia. E non (solo) per i recenti risultati elettorali che ne mettono in discussione l’autorevolezza, quando non la sua stessa esistenza. Il Vecchio Continente registra un declino costante nel peso dell’economia mondiale, come recentemente messo in luce dal Ft: il nostro pil nel 1993 pesava per oltre un quinto dell’economia mondiale. Oggi è crollato a poco più del 13%. Una questione urgente, che va ben al di là dei temi di politica interna, come osserva in una accorata lettera Edouard Carmignac, fondatore, presidente e cio della società indipendente di asset management che porta il suo cognome: «Il tempo stringe», afferma senza mezzi termini l’imprenditore, osservando come le politiche interne degli stati stiano distogliendo l’attenzione dai problemi reali che la nostra regione di trova a vivere.
La situazione è tale che solo una vera alleanza fra le sovranità europee potrà far crescere la nostra libertà e il nostro benessere. Affrontando una volta per sempre i punti deboli che gli ultimi anni hanno messo drammaticamente in mostra: vulnerabilità militare, competitività, flussi migratori, crescita ecosostenibile.
L’Europa al bivio. Serve Mario Draghi
Pensando al futuro dell’Europa, il presidente e cio di Carmignac ha una sola personalità in mente: quella di Mario Draghi. L’ex guida della Bce per l’asset manager è l’unico a poter presiedere la Commissione europea, l’unico dotato di «autorità intellettuale e una capacità negoziale inconfutabili». Il suo whatever it takes del luglio 2012 – rimasto nella storia – evitò all’eurozona di implodere.
Europa: quali i problemi strutturali da affrontare ora
Quattro sono le problematiche più lampanti. La nostra scarsa competitività, che il combinato disposto della ricerca di riduzione del costo del lavoro e del sostegno al potere d’acquisto ha eroso rovinosamente. Il mancato controllo dei flussi migratori, estremamente deleterio per il tessuto sociale di tutti i paesi europei, all’origine del recente risultato elettorale. Senza contare il fallimento nell’implementazione di politiche ecologiche. Edouard Carmignac definisce i leader ambientalisti «ben intenzionati ma privi di buon senso». Tanto è vero che in Europa la maggior parte delle forniture di energia da fonti rinnovabili è di origine cinese. E, «se dovessimo cercare di conseguire rigorosamente gli obiettivi di produzione di veicoli elettrici, almeno il 60% del nostro parco auto sarebbe di origine cinese entro il 2030!». Inoltre, l’assenza di incentivi fiscali contrasta con il piano Inflation Reduction Act Usa, che induce le nostre aziende a delocalizzare gli investimenti al di fuori dei confini europei.
Infine, fra i maggiori problemi europei, l’asset manager sottolinea come gli ultimi due anni e mezzo abbiano scoperto la nostra vulnerabilità militare. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha mostrato come siamo incapaci in via autonoma di fornire un aiuto decisivo a un territorio alle porte dei nostri confini. Scontiamo l’assenza di un’efficace cortina terra-aria. I nostri budget per la difesa sono «insufficienti, ma, per di più, privilegiano gli acquisti da fornitori extraeuropei (80%)». Sconcerta rilevare che «le cinque maggiori società statunitensi di armamenti coprono 1’80% del budget per la difesa oltreoceano, rispetto al 45% in Europa».
Come fare? La ricetta di Edouard Carmignac
Per ovviare allo scarso vigore dei consumi e all’indebolimento del modello sociale, occorre perseguire una politica industriale volta a ridurre il nostro crescente ritardo nelle tecnologie del futuro, quali l’intelligenza artificiale e le biotecnologie. L’Europa annovera solo quattro delle cinquanta aziende tecnologiche più importanti a livello mondiale. La gestione dell’immigrazione richiede politiche rigorose, e per uno sviluppo ecosostenibile bisogna incoraggiare piani di espansione green in Europa, salvaguardando le nostre industrie e «penalizzando quelle importazioni che non sono in linea con i nostri standard ecologici». Per quanto riguarda la difesa infine, i budget vanno aumentati e armonizzati per ridurre la quota di importazione.