DotPigeon, la cryptoarte è italiana
Nel firmamento della cryptoart vi sono stelle che brillano più di altre. Una di queste è DotPigeon, che già lo scorso anno (ben prima, quindi, che i “nifties” divenissero fenomeno di moda) Forbes aveva indicato tra gli artisti da tenere d’occhio.
Non tragga in inganno il nome d’arte: dietro “DotPigeon” si cela un artista italianissimo (milanese, per la precisione), che ci ha concesso questa intervista.
LG: Toglimi una curiosità: perché “DotPigeon”?
DP: DotPigeon è il nome che ho scelto nel 2017 quando ho aperto l’account Instagram. È una dichiarazione d’amore per i piccioni, che in parte mi rappresentano (ho anche un piccione tatuato sul braccio). Perché? Di fatto sono animali urbani che riescono ad adattarsi perfettamente ovunque si trovino e in qualsiasi circostanza. Puoi dare loro aragosta o vomito da mangiare e non fa alcuna differenza. Questo spirito di adattamento credo mi rappresenti abbastanza.
LG: Ho sempre sostenuto che l’artista digitale sia, semplicemente, un artista che usa un medium diverso da quelli consueti: un pittore che dipinge su una tela fatta di bit o uno scultore che modella in 3D. Non ti chiedo, perciò, “chi sia” un cryptoartist, ma vado oltre. Le tue opere hanno una cifra stilistica che le contraddistingue. Da un punto di vista iconografico, rappresentano ambienti eleganti in cui c’è, però, la presenza di un personaggio (vestito casual e incappucciato) che crea un elemento di disturbo. Qual è il messaggio che esprimono? Ci racconti la tua poetica?
DP: Partiamo dal presupposto che mi trovi molto d’accordo con ciò che dici: un artista è un artista. Può dipingere su una tela fisica o una digitale e per me non c’è alcuna differenza.
Prima di rispondere però in modo preciso alla tua domanda faccio una premessa sull’estetica che ho sviluppato: tutte le mie opere sono chiaramente create digitalmente dipingendo con un’iPad Pro. Ciò che cerco di fare, però, è raggiungere un’estetica ibrida: “scimmiotto” (in maniera positiva) l’arte tradizionale utilizzando pennelli che richiamano gli olii e gli acrilici e confondo un po’ lo spettatore che a volte, vedendo ad esempio le mie opere su Instagram, non capisce – e si chiede – se si tratti di dipinti reali o meno.
Il significato invece è molto preciso: gli ambienti, le case, rappresentano ciò che mostriamo agli altri.
In un mondo dove regna sempre di più il politically correct e la politeness, il nostro involucro esteriore è sempre scintillante e patinato. Questo, simbolicamente, è rappresentato da case che all’apparenza sono perfette, immacolate, arredate con gusto e arricchite con opere d’arte, sculture e oggetti di pregio.
All’interno di queste case però si annida nascosta la nostra vera natura. È qui che entra il gioco il Balaclava guy (o riot guy) che, di fatto, nient’altro è che la nostra vera natura. Quella che reprimiamo ogni giorno pur di attenerci alle nuove convenzioni sociali.
Questo nostro alter ego può finalmente agire e comportarsi per come si sente. Si sfoga, distrugge tutto, fuma, si ubriaca, si annoia.
LG: L’opera “Termoscanner” (facente parte della prima serie che hai realizzato per Nifty Gateway, denominata “I’ve just robbed the crypto bank”) presenta un impianto compositivo diverso: vi è una persona incappucciata, sola, al centro dell’opera, che catalizza l’attenzione di chi la guarda. Ce ne spieghi il significato? Lo sfondo monocromatico è frutto di una precisa scelta o attiene ad una ricerca che si è poi perfezionata nelle opere successive?
DP: Per il primo drop di Nifty Gateway ho scelto un approccio in realtà ironico e meno centrato sul significato delle mie opere.
Il mondo NFT era anche per me abbastanza sconosciuto; mi ero iscritto su Nifty Gateway da non così tanto tempo e la stragrande maggioranza degli artwork presenti erano 3D e la simbologia delle crypto valute era onnipresente.
Per questo ho pensato che potesse avere un senso introdurmi con una serie che in qualche modo parlasse quel linguaggio.
Non essendo però capace di scolpire in 3D ho dovuto fare tutto a mano. Ogni artwork è infatti composto da 15 fotogrammi dipinti digitalmente uno a uno e poi messi insieme per dare a chi guarda l’illusione di un artwork fatto in 3D anche se di fatto è totalmente 2D. Il riferimento al mondo delle crypto valute è invece, ovviamente, nel titolo della serie.
LG: Una persona che ha acquistato la tua opera “OK, but the real jungle is outside” è un collezionista, colto e navigato, il cui precedente acquisto era stato una natura morta di Morandi, di ottimo periodo e con provenienze illustri. Che effetto ti fa? È la conferma che la cryptoart, lungi dall’essere una moda passeggera (come qualche novella Cassandra afferma), è un fenomeno destinato a rimanere?
DP: Mi lusinga molto. Non sono un artista elitario, anzi, ed essere apprezzato trasversalmente sia da ragazzi giovani che collezionano solo crypto arte e collezionisti abituati ad un certo tipo di opere mi fa molto piacere e mi fa pensare che il messaggio che cerco di trasmettere sia comprensibile ed apprezzabile dalla maggior parte delle persone. Che la crypto arte non sia una moda passeggera è per me una convinzione assoluta. Come ho già detto parecchie volte non è una bolla (anche se ci sono stati e ci saranno aspetti speculativi) ma l’inizio della curva.
LG: Fa molto discutere il fatto che l’NFT del drawing di Basquiat “Free comb with pagoda” (una tecnica mista su carta del 1996) potrà rimanere l’unica rappresentazione dell’opera, in quanto è data facoltà a chi si aggiudicherà all’asta la versione tokenizzata della stessa di distruggere l’originale di partenza. Riflessi giuridici a parte (l’art. 20 della legge sul diritto d’autore, per esempio, contente all’artista di opporsi agli atti a danno dell’opera che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione), a me sembra che questo “esercizio” (iniziato con il Bansky dato alle fiamme qualche tempo fa) sia una deriva da evitare. Un gioco sadico che, in fondo, nuoce alla cryptoart stessa, che è un movimento “autentico” che non ha bisogno di queste spettacolarizzazioni. Qual è la tua opinione al riguardo?
DP: Mah, non credo ci sia molto da commentare: è una “porcheria” anche solo pensare di bruciare un Basquiat.
LG: La storia dell’arte è un susseguirsi di movimenti artistici. Dal Novecento in poi, in particolare, la tendenza è stata sempre più marcata (e infatti il mercato ancora oggi spesso penalizza ottimi artisti che hanno operato come voci fuori dal coro). Cosa accade con la cryptoart? Vista da fuori, talora sembra un caleidoscopio fatta di singole personalità che dialogano a fatica l’un l’altra. È davvero così? Vi è un forte individualismo o stanno nascendo gruppi di artisti destinati a collaborare e ad essere portatori di un messaggio comune? Ci sono già esempi in questo senso?
DP: Credo che come in tutti gli ambiti ci siano forti individualismi nel cercare giustamente di emergere rispetto agli altri ma c’è anche una fortissima componente di collettività, senso di appartenenza a una community e voglia collaborazione.
Sono tantissimi gli artisti che si supportano in vari modi, dalle collaborazioni artistiche vere e proprie, al supportarsi sui social in vista di un nuovo drop, a mostre collettive organizzate/curate da artisti con altri artisti.
C’è molto meno individualismo rispetto a molti altri ambiti professionali a mio parere.
LG: Cosa ti senti di dire in relazione all’allarme ecologico legato alla produzione degli NTF, che qualcuno comincia a strillare? La blockchain che verrà, oltre che più “user-friendly”, sarà anche maggiormente “eco-friendly”?
DP: È un argomento ancora caldo (anche se meno rispetto a qualche tempo fa) e sicuramente il passaggio da proof of work a proof of stake renderà il tutto indiscutibilmente più eco friendly.
LG: Per concludere, dove si possono acquistare i tuoi lavori, tanto sul mercato primario quanto su quello secondario?
DP: Per quanto riguarda gli NFT ad oggi ho rilasciato collezioni solo su Nifty Gateway, quindi bisogna fare riferimento a questa piattaforma per il mercato primario. Per il mercato secondario, invece, si possono trovare, oltre che – chiaramente – su Nifty Gateway, anche su Opensea.
Per quanto riguarda le opere fisiche, invece, il riferimento è Plan X Art Gallery.