Cos’è l’art lending
Sotto “l’etichetta” di art lending si ricomprendono quei finanziamenti che sono concessi a fronte di un’opera d’arte data quale garanzia. Tecnicamente, dunque, l’art lending è una operazione finanziaria che combina un mutuo con un pegno, in funzione della c.d. “monetizzazione” dell’opera d’arte: termine di nuovo conio che ben rappresenta come, grazie all’art lending, un’opera d’arte da bene illiquido diviene liquido.
Il framework normativo
In Italia, a differenza da quanto accade nel mondo anglosassone, non vi è una disciplina di legge per l’art lending. Questo vuoto normativo, tuttavia, non deve preoccupare. Anzitutto perché il nostro sistema giuridico, anche a fronte di innovazioni vissute dai contemporanei come rivoluzionarie, ha sempre trovato in se stesso gli “anticorpi”, assimilando e dando veste giuridica al fenomeno nuovo. Ma soprattutto perché, a ben vedere, da un punto di vista strettamente giuridico nell’art lending di nuovo c’è poco o nulla, dato che tanto il contratto di mutuo quanto il contratto di pegno sono negozi giuridici di largo impiego, regolamentati in modo puntuale.
L’art lending in Italia: un deficit culturale, il tallone d’Achille
L’elemento di novità consiste piuttosto nella peculiarità del bene che, a fronte di una linea di credito, viene dato in garanzia: l’opera d’arte. Un bene “nuovo”, nel senso che molti istituti bancari poco lo conoscono, perché manca una cultura specifica capace di metterne a nudo pregi e difetti.
E questo è un problema da risolvere, perché in tanto un finanziamento che si appoggia su un collaterale può essere erogato, in quanto chi deve finanziare comprende esattamente la portata, anche economica, del collaterale stesso. Ma le banche spesso faticano “a prendere le misure” dell’opera d’arte.
L’art lending in concreto. I passi da muovere
Il perno di ogni operazione di art lending è l’opera d’arte, l’asset intorno al quale tutto ruota: dalla leva del finanziamento alle criticità laterali derivanti dal necessario spossessamento del bene dato in garanzia. Proprio per questo sull’opera d’arte vi sono dei passaggi obbligati, a cominciare dalla stima.
La stima di un’opera d’arte
Ciò è semplice solo in apparenza. Non perché la valutazione di un’opera sia un esercizio necessariamente soggettivo, ma perché, all’opposto, vi è la necessità che il giudizio estimativo sia ancorato a paletti di carattere oggettivo.
Oggi mancano metodiche di stima condivise dagli operatori economici del mercato dell’arte e, perciò, spesso il monito di Oscar Wilde – che ne “Il ritratto di Dorian Gray” affermava: “La gente sa il prezzo di tutto e non conosce il valore di niente” – è quanto mai attuale. Auspicando regole e metodi condivisi, il nostro studio ha elaborato una sorta di protocollo che individua gli aspetti più significativi da porre sotto la lente nel valutare un’opera d’arte: tredici temi d’indagine per giungere ad una stima quanto più obiettiva possibile (sapendo, tuttavia, che ogni opera d’arte è un unicum e che lavori dello stesso autore all’apparenza simili – per soggetto, dimensioni e data di esecuzione – possono avere valutazioni notevolmente diverse in ragione, per esempio, di differenti provenienze, pubblicazioni, esposizioni, stato di conservazione, ecc.). Ragionare di stime nel contesto dell’art lending presenta un ulteriore profilo di criticità: l’opera d’arte, a differenza di altri beni, muta rapidamente il suo valore nel tempo.
E questo è il motivo per cui, anche all’estero, il rimborso di un finanziamento con un’opera d’arte come garanzia è previsto in un arco temporale piuttosto ridotto: ciò proprio per ridurre il rischio di una correzione in peius del valore di un’opera (eventualità che, specie per le opere non storicizzate, non è infrequente).
No spossessamento, no party: i rischi da neutralizzare
Salvo eccezioni che non ricorrono in tema di art lending, il contratto di pegno presenta una caratteristica che è, per così dire, un “marchio di fabbrica”: esso si realizza con lo spossessamento del bene che ne è oggetto. Vale a dire che il proprietario dell’opera d’arte data in garanzia (sia esso il beneficiario del mutuo o un terzo datore di pegno: si pensi al caso in cui il padre garantisca con una propria opera d’arte il finanziamento concesso al figlio) non potrà più conservare presso di sé l’opera, che sarà custodita altrove. Ma se il deposito di un lingotto d’oro in un caveau non pone particolari problemi di sicurezza, per un’opera d’arte le cose non stanno esattamente così.
Ed infatti per la corretta conservazione di un’opera d’arte vi sono numerose cautele da osservare, dato che il bene può subire danni a causa di temperatura, umidità e collocazione inadeguate. E’ buona regola, pertanto, esaminare attentamente il c.d. facility report, documento che descrive le caratteristiche di conservazione e le misure di sicurezza a presidio dei rischi possibili. Ciò anche per tarare al meglio la polizza assicurativa, che andrà sottoscritta con una compagnia assicuratrice di comprovata esperienza nel settore fine art.
La due diligence nell’art lending
Preliminare alla sottoscrizione del mutuo e del contratto di garanzia ad esso collegato è la conclusione, con esito positivo, dell’istruttoria del caso, che viene condotta in relazione ad aspetti di carattere tanto soggettivo quanto oggettivo. Sotto il primo profilo c’è da tenere presente la verifica di adeguatezza che la banca deve condurre in relazione al beneficiario del finanziamento (nonché del garante, se soggetto diverso). Il secondo profilo involge, invece, alla due diligence dell’opera d’arte, che, in estrema sintesi, implica un’accurata indagine, anche di natura legale, sui seguenti elementi: autenticità dell’opera; provenienza dell’opera; titolo di proprietà dell’opera; libera circolazione dell’opera; stato di conservazione dell’opera e disamina del c.d. condition report. Terminato l’iter che precede, si potrà tagliare il traguardo e sottoscrivere, quindi, il contratto di mutuo (nel quale si dovrà prestare attenzione alla leva, alla durata e al tasso del finanziamento), il contratto di pegno e gli accordi “a latere” relativi alla custodia e all’assicurazione dell’opera d’arte in garanzia.
Dalla garanzia al finanziamento: un percorso a ostacoli?
La meccanica di funzionamento di un’operazione di art lending è indubbiamente elaborata, perché numerosi sono gli interessi in gioco (da bilanciare) e le criticità (da neutralizzare), anche alla luce delle specificità del bene in garanzia, di cui si è detto. Ma la ritrosia che in Italia troppi operatori hanno al cospetto dell’art lending è frutto più di misoneismo che di fondate argomentazioni. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito da lungo tempo si pratica l’art lending; da noi, invece, vi è un deficit culturale nei confronti di un prodotto (l’opera d’arte) che gli istituti di credito faticano a comprendere. Commettendo, così, il più classico degli autogol, in quanto l’esigenza di utilizzare l’opera d’arte quale collaterale per ottenere una linea di credito è sempre più avvertita.