Premessa
I motivi sono i più vari: c’è chi intende acquistare (per passione o per investimento) e chi, invece, desidera vendere; chi ambisce ad ottenere un finanziamento a fronte di un’opera data in garanzia e chi ha necessità di conoscere il valore dei propri asset in un’ottica di pianificazione familiare; e chi, più semplicemente, desidera “fotografare”, anche da un punto di vista economico, il proprio patrimonio artistico.
Per tutti, l’esigenza è la medesima: stimare correttamente l’opera d’arte. Ciò è semplice solo in apparenza. Non perché la valutazione di un’opera sia un esercizio necessariamente soggettivo, ma perché, all’opposto, vi è la necessità che il giudizio estimativo sia ancorato a paletti di carattere oggettivo.
1) Autore
Individuare l’autore è il dato di partenza nella stima di un’opera. Si avrà, per ciò solo, una prima, sommaria, indicazione di valore.
Ma attenzione: è normale che opere dello stesso artista, anche delle medesime dimensioni o all’apparenza simili, raggiungano prezzi notevolmente diversi, in quanto ciascun autore ha soggetti più o meno richiesti e periodi di produzione più o meno appetibili.
Come regola generale, non si insegua “la firma”, ma si ricerchi la qualità: meglio un lavoro significativo di un artista minore che un’opera seriale di un maestro più affermato.
E, avendone la possibilità, si prediligano le opere di coloro che hanno dato vita ad un determinato movimento artistico (i c.d. “caposcuola”) rispetto a quelle di chi al movimento ha aderito successivamente.
2) Soggetto
Mentre nella pittura classica la riconoscibilità di un artista è affidata alla forma espressiva (ossia allo stile con cui l’autore esegue un dato soggetto), nell’arte contemporanea vi è coincidenza tra soggetto e stile.
Ogni artista elegge a proprio paradigma distintivo una determinata forma e ad essa si affida per essere riconosciuto: vi sono, infatti, i tagli di Fontana, i sacchi di Burri, gli arazzi di Boetti, i manichini di De Chirico, le forchette di Capogrossi, e così via.
Sono le opere c.d. “iconiche”, quelle di maggior qualità (che – detto per inciso – la si ritrova laddove si esprime in maniera più compiuta la poetica dell’artista e il segno del maestro è identificabile prima che diventi ripetitivo e seriale).
Sebbene il mercato prediliga le opere iconiche (che, pertanto, valgono più delle altre), di fronte a tanti lavori seriali, tuttavia, talvolta non è inopportuno lasciarsi sedurre da un’opera che reca in sé, in nuce, la cifra stilistica (appena “abbozzata”) dell’artista: il lavoro che segna il passaggio dalla fase di ricerca alla maturità artistica è, per ciò solo, raro e, come tale, molto richiesto dal connaisseur.
3) Datazione
Un’opera del periodo artistico più significativo avrà una stima più alta rispetto ad un lavoro “giovanile” ovvero uno recente o comunque più tardo.
Le opere “storicizzate” che anticipano quelle successive sono, in genere, le più costose e spesso anche un solo anno o, comunque, un arco temporale ristretto fa la differenza.
Non tutti gli artisti erano soliti datare (recto e/o verso) le opere: collocare temporalmente un lavoro è, però, imprescindibile ai fini di una corretta stima.
4) Tecnica
Olio, acrilico, tempera, acquerello, gouache, matita, tecnica mista; scultura, fotografia, neon, videoart, performance: ce n’è per tutti i gusti.
Specie in Italia, il mercato sembra prediligere, non sempre a ragione, le opere ad olio, ma l’indicazione (che, peraltro, regola ferrea non è) varia da autore ad autore.
5) Supporto
Anche il supporto incide nella stima di un’opera. A parità di condizioni, a raggiungere i prezzi più elevati sono le opere su tela o su tavola (ossia su legno), supporti preferiti dal collezionista rispetto alla carta intelata, al cartone o alla carta.
Da considerare, poi, che un lavoro rintelato vale meno rispetto ad un’opera “in prima tela” (ciò specie se l’opera in questione non è antica, nei confronti della quale l’eventuale rintelatura è valutata con più indulgenza).
[Fine prima parte, qui la seconda]