L’intelligenza artificiale (IA) potrebbe portare all’estinzione dell’umanità e dovrebbe essere considerata una minaccia, un rischio sociale come le pandemie e le guerre nucleari? È questo l’allarme lanciato poche settimane fa in una lettera aperta firmata da più di 350 manager tra i più qualificati del settore.
Intelligenza artificiale: era il 1956 quando …
Dal 1956, anno della sua creazione ufficiale durante seminario estivo tenutosi presso il Dartmouth College di Hanover nel New Hampshire, l’intelligenza artificiale – ovvero la tecnologia di base che consente di simulare i processi dell’intelligenza umana attraverso la creazione e l’applicazione di algoritmi integrati in un ambiente di calcolo dinamico – è divenuta sempre più massicciamente presente in ogni settore della vita umana. Le macchine e i computer sono divenuti sempre maggiormente simili all’uomo, elaborando processi decisionali molto avanzati ed elaborati, tanto che oggi, spesso, ci confrontiamo con chat bot per la risoluzione di problemi, percependoli molto più come interlocutori umani che come messaggistica specializzata.
Grazie a una serie di algoritmi, un sistema di machine learning è in grado di imparare sulla base del cosiddetto training, ossia l’acquisizione di una serie di dati nel tempo. Operando in maniera adattiva, un sistema di machine learning apprende automaticamente dai dati, migliora le proprie conoscenze e, di conseguenza, le proprie prestazioni nell’analisi e nello sviluppo di soluzioni predittive e prescrittive, in grado di aiutare l’uomo nel prendere determinate decisioni.
Come cambierà il real estate con l’implementazione di queste nuove tecnologie di IA?
A livello consumer, l’intelligenza artificiale, che nella domotica ha visto una delle sue prime implementazioni massive, trova sempre nuovi ambiti di diffusione. I dispositivi interconnessi all’interno delle nostre case sono sempre con maggior frequenza controllati direttamente da interfacce conversazionali (Alexa ne è un esempio).
In ambito enterprise, l’intelligenza artificiale ha trovato un dialogo fiorente e proficuo con altre tecnologie emergenti – tra cui la robotica l’internet delle cose, la stampa 3D, la realtà virtuale, la realtà aumentata e soprattutto i big data & analytic – e supporta ormai l’intero ciclo di vita di un edificio, dalle fasi di concept fino alla gestione e manutenzione post-vendita.
I principali ambiti di utilizzo dell’intelligenza artificiale spaziano poi dal property management – favorendo una manutenzione programmata e predittiva che tende a ridurre i rischi di guasti o interruzioni di servizio – al facility management – supportando le varie fasi della progettazione e della gestione degli spazi di lavoro, per ottimizzare la strategia di gestione degli immobili e delle strutture in dotazione, oltre a supportare l’esperienza dei dipendenti stessi, ai fini di ottimizzare il comfort dei lavoratori e di consentire alle aziende di ottimizzare i costi di gestione.
Le applicazioni di AI, grazie alle loro capacità predittive sono ad esempio in grado di favorire la sostenibilità degli edifici, contribuendo attivamente a contenere i consumi energetici e a ottimizzare la domanda nei confronti dei fornitori, per ottenere tariffe più favorevoli, analogamente a quanto accade nei contesti industriali.
La collaborazione tra la sensoristica dei sistemi IoT e la capacità di analisi delle AI può dare luogo a tantissime applicazioni utili a rendere il luogo dell’abitare sempre più funzionale alle esigenze dell’uomo. È il caso delle funzioni legate alla sicurezza e alla salute. Analogamente a quanto accade con i sistemi wearable, gli edifici possono essere dotati di sensori in grado di acquisire i nostri dati biometrici, analizzabili in tempo reale per metterci in guardia da eventuali anomalie, per spingerci verso un’azione di diagnosi precoce.
La vera rivoluzione sarà però rappresentata dalla capacità illimitata di lettura e analisi dei big data, con gradi di valutazione sempre più approfonditi.
L’intelligenza artificiale consente una capacità analitica infinitamente superiore, in termini computazionali, rispetto a quella dell’uomo. L’analisi di grandi quantità di dati consente di ottenere informazioni utili e fruibili per generare un effettivo valore aggiunto, a prescindere dal loro contesto applicativo. Una sostenuta capacità di analisi costituisce un aspetto tanto più rilevante in un ambito come il mercato immobiliare, che prevede il quotidiano interfacciarsi con un incredibile quantità di variabili, in grado di rendere a tutti gli effetti unica ogni unità in vendita o in locazione. Grazie a strumenti di analisi basati sulle AI è infatti possibile esaminare dati e documenti con moltissime combinazioni, in grado di estrarre correlazioni profonde, che ben difficilmente verrebbero notate anche dall’analista più esperto, impiegando una miriade di dati che il cervello umano non riuscirebbe mai ad elaborare.
Altro fattore essenziale è la resilienza. Le macchine non si stancano e sono in grado di processare migliaia di dati al secondo, fornendo un feedback aggiornato in tempo reale. Un lavoro impossibile per un essere umano, nemmeno impegnandosi o dotandosi di un team super strutturato.
I punti di debolezza dell’IA nell’immobiliare
Ma da tutta questa potenza possono trasparire anche gli aspetti di debolezza maggiore o di potenziale rischio.
Ad esempio, un sistema di intelligenza artificiale è perfetto per la gestione di recuperi di crediti cartolarizzazioni o la gestione di mutui in sofferenza con metodologie molto più veloci, ma cosa accadrebbe se l’algoritmo integrato fosse concepito appositamente per creare un default o una crisi sistemica bancaria? In quel caso, la macchina che apprende da se stessa, diverrebbe autonomamente un rischio non indifferente per tutti noi.
Ecco un esempio emblematico di un settore dove l’intelligenza artificiale non potrà mai sostituire completamente le decisioni dell’essere umano, se non a costo di rischiare una deriva non prevedibile. Ciò che si richiede dunque è una combinazione di intelligenza artificiale e abilità decisionale umana, sopperendo con la componente di emozioni e sentimenti che (fortunatamente, ad oggi) la macchina non può provare.
Altrimenti si arriverebbe al rischio di sperimentare pienamente il “problema di re Mida”: raggiungere integralmente un obiettivo che appare desiderabile avendone sottostimato le implicazioni e le conseguenze altamente indesiderabili.
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