Quante volte ci capita, a noi consulenti finanziari, di essere contattati per conto di manager che ci invitano a un colloquio di reclutamento, spesso senza sapere chi siamo, che ruolo abbiamo o dove e con chi lavoriamo? Il reclutamento, per me è arte. Un compito difficilissimo. Non deve assolutamente essere inteso come la vendita della propria azienda, della propria persona o un ingaggio economico. Il reclutamento è una vera e propria attività di coaching per la gestione del cambiamento.
Provo a fare un esempio, per rendere meglio l’idea: immaginate il trapezio di un circo, il cambiamento è il salto da un trapezio all’altro e il
ruolo del reclutatore è quello di proteggere l’atleta durante il salto, ovvero essere di supporto quando è in volo, proprio mentre si pratica il cambiamento. Questa attività, fondamentale, va presentata prima e va infusa la fiducia necessaria affinché il candidato abbandoni la presa consapevole che noi siamo lì a sostenerlo.
Conquistare la fiducia del reclutando vuol dire affermarsi come riferimento: dopo aver presentato l’azienda per cui il reclutatore lavora, aver illustrato il posizionamento strategico e il modello di servizio, è necessario farsi conoscere – come interlocutori e professionisti – le proprie competenze e la propria capacità di leadership. Il candidato, dopo aver assimilato il valore della azienda che si rappresenta, si concentrerà solo sul reclutatore perché anche nel campo del reclutamento è l’imprinting a decidere il futuro di entrambi.
Essere un coach del cambiamento vuol dire aver dimostrato al coachee di saperne di più. Non è importante dare risposte, ma aiutare a prendere le decisioni più giuste per lui. Iniziare un percorso di coaching significa trasmettere maggiore autostima nel candidato (allontanandolo dagli alibi della zona di confort), maggiore consapevolezza di sé e condividere un progetto con piani di sviluppo personali e professionali. Un errore da evitare è quello di farlo uscire troppo presto dalla sua zona di confort; la cosa più giusta da fare, in questo senso, è proseguire in maniera approfondita con un percorso di info-formazione e con l’obiettivo di allargare la zona di confort inserendo le fasi di apprendimento e, di conseguenza, rendendo sempre più sottile le barriere di uscita.
Reclutare è un’arte in cui passione e determinazione sono le fondamenta, ma è attraverso le competenze e quindi la capacità di coaching, che si ottiene successo in questo delicatissimo campo. A tutto questo manca ancora una componente essenziale che è la capacità di selezionare, di saper valutare se un candidato potrà essere un professionista, e quindi una persona di successo o meno nella azienda in cui lo stiamo conducendo, tralasciando gli aspetti più “egoistici” legati al bonus che ne ricaveremmo in relazione al suo portafoglio. Parliamo di persone, spesso monoreddito, con impegni finanziari come un mutuo o altro e a volte parliamo di persone che lasciano un posto di lavoro a tempo indeterminato (bancari), con loro il percorso di coaching sarà ancora più importante perché è in questa fase che scopriremo se il candidato è davvero pronto al cambiamento, se ha la giusta determinazione e se il suo progetto di vita e professionale è coerente.
Il mio mentore in questo campo, Riccardo Baccaro, una volta mi lesse una frase famosa che ancora ricordo e che vorrei condividere con tutti voi: “Esistono solo tre colori, 10 cifre e sette note, ma è ciò che facciamo con loro a farne la differenza”.
Quante volte ci capita, a noi consulenti finanziari, di essere contattati per conto di manager che ci invitano a un colloquio di reclutamento, spesso senza sapere chi siamo, che ruolo abbiamo o dove e con chi lavoriamo? Il reclutamento, per me è arte. Un compito difficilissimo. Non deve assolutament…