È compito del contribuente fornire prova contraria idonea a dimostrare l’estraneità dei movimenti circa la verifica fiscale eseguita sui conti cointestati
In tema di accertamenti bancari è prevista una una presunzione legale in favore dell’erario
Conti cointestati e verifica fiscale
Alla luce di alcuni rapporti familiari particolarmente stretti è possibile che l’ufficio finanziario estenda gli accertamenti fiscali portati avanti nei confronti di un soggetto anche sui conti cointestati.
È questo uno dei principi ricavabili dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 29160, ad avviso della quale, presuntivamente, senza idonea prova contraria, è possibile ritenere che anche dai conti cointestati, riconducibili ai congiunti del contribuente, è possibile individuare movimentazioni non giustificate.
Secondo i giudici, i controlli possono essere ricondotti a tre tipologie:
- conti intestati al contribuente
- conti cointestati al contribuente e ai suoi congiunti
- conti intestati ai congiunti, sui quali tuttavia il contribuente ha delega ad agire.
Nell’ambito degli accertamenti e delle verifiche fiscali condotte su un contribuente, il fisco può infatti chiedere alla banca o all’ente creditizio o finanziario i documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto con i loro clienti, anche relativi a conti correnti intestati a terzi soggetti.
Tuttavia, ciò a condizione che il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale.
Vale a dire, a condizione che vi sia, relativamente al conto, presenza di:
- formale intestazione del conto
- disponibilità di fatto del conto.
In queste circostanze, dunque, diviene operante la presunzione secondo cui gli importi riscossi (versamenti), rilevati sui conti intestati o riconducibili di fatto al contribuente, devono essere considerati proventi dell’attività svolta dall’interessato, con spostamento dell’onere probatorio sul contribuente.
Toccherà a quest’ultimo dimostrare che si tratta di somme comprese nella determinazione del reddito o, eventualmente, che queste somme non abbiano rilevanza reddituale.
Accertamenti bancari: il ruolo della presunzione e l’inversione dell’onere della prova
In tema di accertamenti bancari, sottolinea la Corte, è prevista una una presunzione legale in favore dell’erario che, in quanto tale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti e che può essere superata dal contribuente attraverso una prova analitica, con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili.
Lo stretto rapporto familiare è sufficiente a giustificare, salva la prova contraria, la riferibilità delle operazioni riscontrate sui conti correnti bancari cointestati e come tale a sostenere la fondatezza (presuntiva) della pretesa fiscale, con spostamento dell’onere della prova contraria sul contribuente.
Ciò comporta l’inversione dell’onere della prova, spettando al contribuente di superare la suddetta presunzione, dimostrando che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni o indicando la provenienza dei singoli versamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti, quanto alle diverse cause giustificative degli eventuali accrediti.
Pertanto, il contribuente, nell’adempimento dell’onere di dimostrare l’estraneità delle movimentazioni bancarie alle operazioni contestate, deve fornire una prova analitica della diversa riferibilità delle stesse.