Mandato post mortem: conferito solo a determinate condizioni

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Il mandato post mortem è quel contratto con cui un soggetto, cioè il mandante, conferisce ad un altro soggetto, il mandatario, l’incarico di compiere una determinata attività dopo la sua morte

Tradizionalmente, il mandato post mortem è stato classificato in tre diverse figure: una prima, in cui l’incarico da eseguirsi dopo la morte del mandante riguarda il compimento di attività giuridiche non dispositive di diritti o di attribuzioni patrimoniali, come ad esempio lo spargimento delle ceneri dopo la crematura ovvero l’atto di iscrizione a società di cremazione (c.d. mandato post mortem exequendum); una seconda, in cui l’incarico consiste nel compimento di attività giuridiche dispositive di diritti, e in questo caso il mandato ha lo scopo di attuare un’attribuzione patrimoniale mortis causa, come ad esempio l’acquisto di un immobile dopo la morte del mandante (c.d. mandato mortis causa o post mortem con oggetto illecito); una terza, in cui il mandato non è configurato come un contratto, ma come un atto unilaterale, in cui un soggetto riceve l’incarico di svolgere un’attività giuridica dopo la morte del mandante (c.d. mandato post mortem in senso stretto).
Per quanto riguarda il mandato post mortem exequendum, l’incarico conferito dal mandante ha ad oggetto in buona sostanza il compimento di attività materiali, o al limite attività esecutive di un’attribuzione patrimoniale già perfezionata dal mandante nel corso della sua vita. In tal caso, l’opinione della giurisprudenza e della dottrina è che tale contratto sia valido: poiché l’incarico non ha ad oggetto alcuna attribuzione di diritti patrimoniali del mandante dopo la morte del medesimo, non si è in presenza di un contratto che viola il divieto di patti successori, bensì di un patto del tutto legittimo. Tuttavia, con preciso riferimento alla consegna di beni già alienati dal mandante nel corso della sua vita, è da segnalare come parte della dottrina abbia ritenuto che sia da esaminare caso per caso se le parti non abbiano considerato tale trasferimento come entità di una futura successione: in tal caso, si potrebbe essere in presenza di un patto successorio, con conseguente nullità del mandato per violazione del divieto di cui all’art. 458 c.c. (“fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti, è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. È del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi”).

Per quanto riguarda il mandato mortis causa o post mortem con oggetto illecito, come detto, esso ha ad oggetto il compimento di attività giuridiche dispositive di diritti e attuative di attribuzioni patrimoniali dopo la morte del mandante. Poiché in questa ipotesi il mandato è attuativo di una attribuzione mortis causa che avviene non già per testamento, ma per contratto (quale è il mandato), tale fattispecie di mandato post mortem si pone in violazione del divieto dei patti successori previsto dall’art. 458 c.c., e come tale è nullo ai sensi dell’art. 1418 e 1346 c.c. In contrario, alcuni autori hanno ritenuto questa fattispecie di mandato post mortem valida nella misura in cui il mandato sia revocabile dal mandante (posto che, per alcuni autori, il divieto dei patti successori si fonda sulla necessaria revocabilità degli atti con cui un soggetto dispone della propria successione: qualora il mandato sia revocabile dal mandante, non si sarebbe al cospetto di un patto successorio vietato).

Per quanto riguarda il mandato post mortem in senso stretto, suo tratto distintivo è che lo stesso non è configurato come un contratto (quale ordinariamente è il mandato), bensì come un atto unilaterale. Lo stesso potrebbe configurarsi come un vero e proprio testamento (rispettate, ovviamente, le prescrizioni formali previste per il negozio testamentario), la cui validità sarebbe consentita nei limiti in cui il principio di personalità dell’atto mortis causa non venisse violato. Il codice offre alcuni esempi di mandato post mortem in senso stretto, con la nomina del terzo arbitratore di cui agli artt. 630, 631 e 632 c.c., la nomina dell’esecutore testamentario (art. 700 c.c.), e la designazione del terzo incaricato di redigere il progetto di divisione (art. 733, comma 2 c.c.).
Si legga la sentenza della Suprema Corte di Cassazione 15/05/2018 , n. 11763/2018 secondo cui “è’ valido ed efficace nel nostro ordinamento, un mandato post mortem exequendum conferito ed accettato durante la vita del mandante ed avente per oggetto un incarico (anche se di contenuto patrimoniale) da eseguirsi dal mandatario dopo la morte del mandante e per conto di questo; tuttavia, la validità di un mandato da eseguirsi post mortem è subordinata alla circostanza che la natura dell’affare non sia in contrasto con le norme fondamentali che disciplinano la successione mortis causa e in ispecie la successione testamentaria, atteso che la volontà del defunto, relativamente ai beni dell’eredità, non può operare, post mortem, che come volontà testamentaria, nelle forme, nei modi e nei limiti determinati dalla legge”.

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