- Il 46% dei professionisti e delle professioniste non concorda con l’affermazione “il lavoro del consulente permette di conciliare agevolmente vita lavorativa e familiare”. Una percentuale che sale al 54% nel caso delle donne
- Conte: “Come associazione siamo prossimi al conseguimento della Certificazione per la parità di genere, affinché sia un segnale chiaro anche verso i giovani e coloro che intendono intraprendere questa professione”
Se si chiede a un consulente o una consulente di ricordare perché ha scelto di esercitare questa professione, le motivazioni iniziali sono tendenzialmente simili. In una scala da 1 a 10, dove con 1 si intende un’affermazione non probabile e con 10 un’affermazione altamente probabile, a emergere con maggiore frequenza è l’autonomia e la gestione del tempo libero (con una media di 9,1 per gli uomini e 9 per le donne). Ma se poi si domanda loro se il lavoro di consulente finanziario consenta effettivamente di conciliare agevolmente vita lavorativa e vita familiare, emerge uno scollamento: il 54% delle professioniste e il 39% dei professionisti vede messo in discussione il cosiddetto work-life balance. Sono solo alcuni dei risultati della ricerca Consulenza finanziaria, genere e pari opportunità co-finanziata da Anasf e J.P. Morgan asset management con l’obiettivo di comprendere ostacoli, fattori demografici, familiari e lavorativi, motivazioni e attitudini che portano le donne a essere ancora sottorappresentate nell’industria.
Il campione della ricerca
L’indagine è stata condotta su un campione di 585 uomini e 245 donne. Oltre la metà dei rispondenti ha un diploma di scuola superiore; coloro che superano questo titolo, raramente si fermano alla laurea triennale. L’età media è di 57 anni, che scende a 53 anni per le donne e sale a 58 per gli uomini. Il 34,2% ha un reddito compreso tra 50mila e 100mila euro, mentre il 38,9% tra 100mila e 250mila euro. Se si analizza invece il peso del reddito personale rispetto al reddito del nucleo familiare, l’87,1% degli uomini e il 46,9% delle donne sono i breadwinner delle proprie famiglie. Il 30,1% degli uomini e il 32,2% delle donne guadagnano invece tra il 50% e il 75% del reddito familiare.
Perché diventare consulente
“Abbiamo chiesto ai consulenti e alle consulenti perché hanno scelto questa professione”, racconta Letizia Mencarini, professoressa ordinaria di demografia dell’Università Bocconi e co-autrice del rapporto. “Le motivazioni iniziali che emergono con maggiore frequenza sono l’autonomia e la gestione del tempo libero (con una media di 9,1 per gli uomini e 9 per le donne) e l’interesse per il settore (8,6 per gli uomini e 8,4 per le donne). Seguono la stima e l’ammirazione per la figura del consulente finanziario, le prospettive di guadagno e infine la conoscenza di altri consulenti”. Se si guarda invece alle prospettive a tre anni dall’analisi, come evidenziato dal grafico sottostante, chi ha figli si aspetta una progressione di carriera più bassa (3,6 per gli uomini e 4,5 per le donne) rispetto a chi non ha figli (6 per gli uomini e 6,1 per le donne).
![Una tabella che confronta uomini e donne in tre categorie (campione completo, con figli, senza figli) fornisce preziosi consigli. Le colonne rivelano valori per avere figli, cambiare lavoro, trasferirsi, avanzare nella carriera e smettere di lavorare. I valori variano in base alla categoria.](https://wewealth.fra1.digitaloceanspaces.com/2024/12/Consulenza-e-prospettive-future.jpg)
Fonte: Anasf, J.P. Morgan am e Università Bocconi. Prospettive medie nei prossimi tre anni, da non probabile (1) ad altamente probabile (10)
Il 78% dichiara di lavorare overtime
In più, la ricerca evidenzia come i rispondenti si preoccupino spesso per il lavoro, le donne più degli uomini. Inoltre, le consulenti sono più frequentemente troppo stanche per svolgere i lavori di casa e affermano più spesso di avere difficoltà a concentrarsi sul lavoro per via di responsabilità familiari. Guardando al campione nel suo complesso, il 78,8% dichiara inoltre di lavorare overtime, il 78,4% non ha orari fissi di inizio e fine lavoro e il 70,8% lavora meno del 25% delle proprie ore da casa. “Se si chiede ai consulenti e alle consulenti quanto siano soddisfatti della loro vita, gli uomini riportano una valutazione media di 8,1 e le donne di 7,9”, aggiunge Mencarini. I banker appaiono tra l’altro più soddisfatti anche del loro lavoro (con una media di 8,1 contro il 7,7 delle donne) e della loro situazione familiare (8,3 contro 8 nel caso delle donne). Il focus sul campione femminile evidenzia però che sia la soddisfazione lavorativa che nella vita diminuiscono con la stanchezza e i conflitti tra lavoro e tempo da dedicare alla famiglia, mentre crescono con il reddito.
L’analisi mette poi in luce le attitudini di genere esplicite, chiedendo ai partecipanti quanto siano d’accordo con le seguenti affermazioni su una scala da 0 (completamente disaccordo) a 10 (molto d’accordo):
- è un problema se le donne percepiscono un reddito più alto del marito (il valore medio è di 2,1 per gli uomini e 3 per le donne);
- la vita familiare ne risente se le donne lavorano a tempo pieno (4,5 contro 4,4);
- se c’è poco lavoro, gli uomini hanno più diritto di lavorare (2 contro 1,3);
- i bambini in età prescolare con madri lavoratrici ne risentono (5,5 contro 4,4).
“Siamo andati ad analizzare anche alcune risposte aperte delle consulenti finanziarie, evidenziando come anche in questo settore il tema del lavoro di cura sbilanciato nella coppia rappresenti uno dei maggiori ostacoli al successo a livello professionale”, interviene Paola Profeta, prorettrice all’Università Bocconi e professoressa ordinaria di scienza delle finanze e a sua volta co-autrice del rapporto.
La consulenza permette la conciliazione?
Infine, è stato condotto quello che viene definito come “list experiment”: dopo essere stati divisi in due gruppi, ai rispondenti è stato chiesto con quante affermazioni non concordassero, somministrando al primo gruppo cinque frasi e al secondo quattro. Quello che è emerso, come anticipato in apertura, è che il 46% non concorda con l’affermazione “il lavoro del consulente permette di conciliare agevolmente vita lavorativa e familiare”. Una percentuale che sale al 54% nel caso delle donne. “Quello della parità di genere è un tema molto delicato, rispetto al quale l’associazione ha iniziato a metterci la testa all’inizio di questa legislatura”, commenta Luigi Conte, presidente di Anasf, recentemente confermato alla guida dell’associazione per i prossimi quattro anni. “Abbiamo attivato concretamente una serie di iniziative portate poi a valle con questo esperimento, che ritengo possa rappresentare un punto di partenza, più che di arrivo”, prosegue.
Conte: “Serve un cambio di paradigma”
“Siamo inoltre prossimi al conseguimento della Certificazione per la parità di genere, un percorso che chiuderemo a breve, affinché sia un segnale chiaro anche verso i giovani e coloro che intendono intraprendere questa professione”, annuncia Conte. Parlando della borsa di studio “Aldo Vittorio Varenna” dedicata alle neo-consulenti finanziarie con un’età pari o inferiore ai 30 anni istituita da Anasf e J.P. Morgan am, il presidente ricorda tuttavia la difficoltà di individuare nominativi di donne che desiderassero candidarsi. “Serve un cambio di paradigma rispetto all’idea di autodeterminazione e consapevolezza de sé. Se ciò accadesse all’interno del sistema scolastico, credo si potrebbe tradurre effettivamente in una sintesi virtuosa dei progetti verso il futuro”, conclude Conte. Sulla stessa linea d’onda anche Andrea Aurilia, country head Italia di J.P. Morgan am, intervenuto in apertura dell’evento di presentazione dell’indagine. “I numeri sulla rappresentanza femminile nell’industria della consulenza finanziaria sono abbastanza sconcertanti”, osserva. “Se vogliamo evolverci, la questione va affrontata anche dal punto di vista accademico, lavorando a progetti specifici”.