L’istituto del cosiddetto coacervo successorio del donatum con il relictum comporta la riunione fittizia del valore attualizzato delle donazioni effettuate in vita dal de cuius a eredi e legatari (donatum) con il valore dell’asse ereditario (relictum).
Più volte la Corte di Cassazione ha affermato che la disciplina del coacervo successorio sarebbe stata implicitamente abrogata dalla legge n. 342/2000, che ha sostituito il sistema di aliquote progressive con quello attualmente in vigore di aliquote fisse (cfr., Cassazione sentenze n. 24940/2016 e n. 26050/2016; Cassazione ordinanze n. 22738/2020 e n. 10255/2020).
Invece l’Agenzia delle entrate è sempre stata di avviso contrario, ritenendo che l’istituto del coacervo successorio dovesse comunque trovare applicazione limitatamente al calcolo della franchigia residua (cfr., Cm n. 207/E/2000 e circolare Ae n. 3/E/2008), così riconoscendo una sola franchigia utilizzabile cumulativamente per le donazioni e per la successione ereditaria.
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Un esempio per capire meglio il coacervo successorio
Facciamo un esempio per chiarire meglio la questione. La legge riconosce a Tizio una franchigia di 1 milione di euro per i trasferimenti a favore del figlio. Se Tizio ha già disposto a favore del figlio donazioni per 900 mila euro, l’applicazione del coacervo comporta che per la sua successione ereditaria disporrà di una franchigia residua di 100 mila euro.
In assenza di coacervo, invece, la franchigia per la successione sarà di un ulteriore milione di euro e Tizio si troverà a beneficiare dunque di una franchigia totale di 1,9 milioni di euro.
La nuova posizione dell’Agenzia delle entrate sul coacervo successorio
Con circolare n. 29/E del 19 ottobre 2023, anche l’Agenzia delle entrate si è allineata al consolidato orientamento di legittimità prima citato, ammettendo che l’istituto del coacervo successorio debba ritenersi implicitamente abrogato. Da ciò consegue che lo stesso non può essere applicato né per determinare le aliquote, né ai fini del calcolo delle franchigie.
Le conseguenze pratiche del nuovo orientamento dell’Agenzia delle entrate
Le conseguenze pratiche di tale mutamento sono rilevanti soprattutto per i grandi patrimoni.
Basti pensare al caso di una coppia di coniugi con tre figli e sei nipoti. I suddetti coniugi avrebbero cumulativamente una franchigia totale (donazioni + successioni) fino a 36 milioni di euro per i trasferimenti a favore dei propri discendenti. Ciascun coniuge infatti potrebbe trasferire in esenzione fino a 1 milione di euro per ciascun figlio e ciascun nipote attraverso donazioni (in totale 9 milioni di euro per coniuge) e altrettanto attraverso i trasferimenti mortis causa.
Inoltre occorre evidenziare che questa nuova interpretazione comporterà un risparmio fiscale sino a 40.000 euro per ciascun successore in ipotesi di successione a favore del coniuge o dei discendenti, per i quali si applica l’aliquota del 4% e la franchigia ulteriore di 1 milione di euro.
Da ultimo, è necessario fare un cenno a eventuali effetti sulle vicende passate. Al riguardo, occorre rilevare che nella predetta circolare n. 29/E del 19 ottobre 2023, l’Agenzia delle entrate ha invitato le strutture territoriali a riesaminare le controversie pendenti concernenti la materia in esame e ad abbandonare, con le modalità di rito, quelle caratterizzate da un’attività di liquidazione dell’ufficio effettuata secondo criteri non conformi, a meno che non risultino sostenibili altre questioni.
Occorre poi verificare le possibili soluzioni per chi abbia già pagato e voglia chiedere il rimborso delle maggiori imposte versate.
A tal fine si ipotizzi che nel 2022, a seguito di successione, Tizio abbia trasferito in favore dei figli Caia e Sempronio, in parti uguali, un patrimonio relitto pari a 6 milioni di euro, avendo compiuto in vita donazioni in favore di ciascuno di essi pari a 4 milioni di euro. Nel caso di specie, i figli di Tizio avranno pagato per la successione 240.000,00 euro, mentre secondo la nuova interpretazione sarebbero dovuti allo Stato soltanto 160.000,00 euro.
Quindi si pone il problema di se e come provare a recuperare le maggiori imposte versate. A un primo esame della questione, sembrerebbe che la disposizione recata dall’articolo 42 TUS non possa trovare applicazione in quanto non contempla il caso in cui si abbia un mutamento di prassi, mentre potrebbe essere più agevolmente tentata la strada dell’indebito oggettivo ai sensi dell’articolo 2033 cod. civ., che gode peraltro di un termine di prescrizione decennale per il rimborso.