La qualità delle finanze pubbliche cinesi rischia di deteriorarsi, secondo l’agenzia di rating Moody’s che ha proceduto ad aggiornare l’outlook sul debito del Dragone portandolo da neutro a negativo, con rating invariato ad A1. E’ la prima volta che Moody’s effettua una modifica dell’outlook sul debito cinese dal 2017, quando il rating era stato abbassato da Aa3 ad A1. Per il momento Moody’s è l’unica fra le tre maggiori agenzie ad aver aggiornato il proprio giudizio sul debito cinese: S&P e Fitch hanno mantenuto i rating A+ con outlook stabile.
Il rallentamento delle prospettive economiche unito alla scelta di controbilanciare questa difficoltà con maggiore spesa pubblica sono fra gli elementi cruciali nella valutazione di Moody’s. L’aggiornamento arriva al termine di un anno deludente per gli investitori che avevano puntato sul Dragone dopo l’uscita dalla politica Zero covid. L’indice di riferimento per l’azionario cinese, il Csi 300, ha ceduto l’1,9% il 5 dicembre, aggiornando i minimi da inizio anno e riportandosi ai livelli dell’11 febbraio 2019. Da inizio anno, il rosso accumulato dall’indice cinese è del 12,7%.
“Considerando la sfida politica posta dal debito dei governi locali, il governo centrale è concentrato nella prevenzione dell’instabilità finanziaria e probabilmente ha approfondite conoscenze sulla salute finanziaria dei veicoli di finanziamento dei governi locali”, ha affermato Moody’s, “tuttavia, mantenere la stabilità dei mercati finanziari evitando l’azzardo morale e contenendo i costi fiscali del supporto è molto impegnativo”.
Un deficit che cresce cone le sfide dell’economia cinese
Secondo Moody’s, gli stimoli fiscali che la Cina ha promesso per sostenere i governi locali e le aziende di proprietà statale stanno generando rischi di peggiormaneto per l’economia del Paese e nuove preoccupazioni sui livelli del debito. La scelta delle autorità cinesi di incrementare il deficit del 2023 di mille miliardi di yuan, la prima revisione ad anno in corso dal 2000, è stata giustificata come una risposta ai danni provocati dalle inondazioni in varie parti del Paese. Lo stimolo straordinario, però, si inserisce in una fase di crisi delle società immobiliari (a partire da Evergrande) la cui espansione contribuiva a una larga parte della crescita del Pil cinese. Nel 2023 le autorità cinesi prevedono un rapporto deficit-Pil del 3,8%, in aumento dal 3% fissato inizialmente.
Nel frattempo, gli ultimi indicatori macroeconomici pubblicati in Cina hanno evidenziato segnali limitati di dinamismo, con la contrazione del Pmi manifatturiero a novembre attestata a 49,4 punti (-0,1) e quella del Pmi non manifatturiero a 50,2 punti (-0,4).
Secondo le proiezioni di Moody’s, il tasso di crescita annuale del Pil cinese raggiungerà il 4% sia nel 2024 sia nel 2025; nel periodo dal 2026 al 2030, la media prevista sarà del 3,8%. Si ipotizza che fattori strutturali, tra cui le modifiche demografiche, concorreranno a una riduzione del tasso di crescita potenziale, attestandosi a circa il 3,5% entro il 2030.
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Uno sguardo sull’investimento in Cina
Il bilancio sull’investimento azionario in Cina è impietoso se si allarga l’analisi su un orizzonte di medio periodo. Chi avesse investito cinque anni fa nell’indice Csi 300 avrebbe realizzato una performance complessiva del 6,69%, contro il +73% segnato dall’S&P 500 e il rispettabile +59% di Piazza Affari. Disastroso, invece, il confronto con l’indice Hang Seng di Hong Kong, in calo nello stesso periodo del 37%.
Esistono, vari motivi per cui le azioni cinesi dovrebbero essere considerate un’allocazione strategica per i portafogli global” ma, “nessuno dovrebbe aspettarsi un rapido cambiamento delle sorti nel Paese: gli sviluppi che potrebbero migliorare il rendimento dei titoli azionari cinesi emergeranno solo molto gradualmente nei prossimi cinque anni”, avevano scritto Arun Sai, senior multi asset strategist e Lan Wang Simon, senior investment manager, di Pictet Asset Management, in una nota del 29 novembre. “Ciò significa che gli investitori potrebbero trarre maggiore beneficio ricostruendo progressivamente le posizioni in un gruppo di aziende selezionate, concentrandosi sui settori che le autorità locali considerano strategicamente prioritari”.
“Le agenzie di rating non prevedono mai nulla, il taglio dell’outlook è tardivo non offre un’indicazione per l’investimento”, ha commentato a We Wealth Carlo De Luca, Head of Asset Management Gamma Capital Markets. Piuttosto, il segnale lanciato da Moody’s potrebbe essere un buon indicatore contrarian per approfittare di valutazioni molto basse per l’azionario cinese. In particolare, le azioni quotate a Hong Kong, le più colpite dalle vendite, potrebbero avere le migliori chance di rimbalzo nel 2024. Considerando che la gran parte dei capitali internazionali è già fuoriuscita dall’azionario cinese, per De Luca le possibilità di ulteriori ribassi sono superate da quelle di un aggiustamento delle valutazioni, ragione per la quale il gestore prevede che le azioni del Dragone potranno sovraperformare i mercati sviluppati nel 2024. I settori che potranno contare sul supporto delle autorità cinesi andrebbero preferiti, per De Luca alcune azioni particolarmente interessanti sono nel comparto tecnologico come Alibaba, Weibo, Baidu, JD.com e Pinduoduo.