Più del 75% dei capitali stranieri affluiti nel mercato azionario cinese nei primi sette mesi dell’anno se n’è già andato dal Paese: gli investitori globali ritirato dalla Cina oltre 25 miliardi di dollari, mentre le prospettive di crescita del Dragone sono andate deteriorandosi sul peso della crisi immobiliare e consumi interni ancora in ripresa asfittica. E’ quanto ha calcolato il Financial Times sulla base dei dati dell’Hong Kong Stock Connect, il programma che collega i mercati azionari di Hong Kong alle Borse di Shenzhen e Shanghai aprendole così agli investitori stranieri. Il calo degli investimenti è stato piuttosto rapido, dopo un picco nei flussi esteri a 235 miliardi di renminbi, toccato a inizio agosto quando il governo cinese aveva promesso misure di supporto alla crescita, l’afflusso netto sull’azionario cinese si è ridotto del 77% a 54,7 miliardi (7,7 miliardi di dollari).
La fuoriuscita di investimenti dalla Cina ha contribuito a una performance deludente dell’indice azionario di riferimento per il Paese: il Csi 300 da inizio anno al 21 novembre risulta in rosso del 7,9%, mentre l’indice Hang Seng di Hong Kong ha mostrato un calo del 12%. Il tentativo di rimbalzo avviato dalle Borse cinesi a fine ottobre, dopo l’annuncio di un allargamento del deficit da parte delle autorità, sembra essersi arenato a partire dalla seconda settimana di novembre.
Nel frattempo, anche gli investimenti diretti esteri (Ide, o Fdi nell’acronimo inglese) sono crollati in Cina nel corso del 2023, a testimoniare un minore appetito verso il possesso diretto di attività imprenditoriali nel Dragone. Secondo il team di analisi di Payden & Rygel, tuttavia, un altro elemento in grado di spiegare questo deflusso consiste nell’allargamento del differenziale fra i rendimenti dei titoli di Stato cinesi rispetto agli omologhi Treasury Usa. Le aziende straniere potrebbero sottrarre alla Cina gli utili non distribuiti a causa dei timori geopolitici, hanno affermato gli analisti di Payden & Rygel, ma a questo fenomeno si aggiunge la ricerca di migliori rendimenti.
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Borsa della Cina, c’è spazio per il recupero?
Almeno per il momento, l’opinione dominante sul mercato cinese fra i gestori di fondi globali e decisamente ribassista. Secondo l’ultimo sondaggio dei fund manager globali realizzato da Bank of America, la posizione corta sulle azioni cinesi è la seconda mossa strategica più battuta, dopo l’investimento nelle Big Tech: un secondo posto che si è mantenuto stabile negli ultimi tre mesi.
Sulle possibilità di un recupero delle azioni cinesi nel 2024 le opinioni sono attualmente discordanti. Secondo l’outlook pubblicato da Goldman Sachs il potenziale dell’indice Csi 300 è di un rialzo del 17% a fine 2024, rispetto ai livelli attuali. Morgan Stanley vede un rialzo più contenuto, pari al 7,5%, nei prossimi 12 mesi.
La prospettiva, nonostante una recente revisione al rialzo della crescita per il 2023 da parte del Fmi, è che la corsa dell’economia cinese sarà strutturalmente più lenta negli anni a venire. Secondo l’outlook di Ubs “l’economia cinese crescerà del 4,4% nel 2024… appesantita da consumi ridotti, domanda esterna lenta e sfide nel settore immobiliare. Nel lungo periodo”, ha aggiunto la banca svizzera, “la contrazione della forza lavoro, i limiti strutturali alla crescita trainata dal commercio e il fragile equilibrio geopolitico fanno sì che l’era di una crescita annuale superiore al 6% per la Cina sia probabilmente alle nostre spalle”.
Nel territorio asiatico sono stati altri i Paesi che in questi mesi hanno attirato l’attenzione degli investitori globali. Le scommesse al rialzo sul Giappone, ad esempio, sono state uno dei temi portanti del 2023 con un rialzo dell’indice Topix del 26,75% da inizio anno al 21 novembre. Per quanto meno esuberante di altri, anche il BSE Sensex indiano ha portato a casa una performance positiva del 7,8% da inizio anno, mentre il Kospi coreano ha segnato un +12,8%.