I Certificati di credito del Tesoro sono titoli di Stato a tasso variabile con cedola indicizzata all’Euribor a 6 mesi
Rubiu: “L’ideale sarebbe sottoscriverli in emissione, perché in quel caso le banche non potranno addebitare costi di intermediazione”
Non esiste solo il Btp. Con i tassi di interesse attesi ancora al rialzo a lungo, i Certificati di credito del Tesoro (o Cct) potrebbero ritagliarsi nuovo spazio in portafoglio. Titoli di Stato a tasso variabile con cedola indicizzata all’Euribor a 6 mesi, possono essere sottoscritti sia in emissione – risparmiando sui costi di intermediazione, che possono arrivare fino allo 0,5% del loro valore – sia successivamente tramite la propria banca di riferimento. Ma senza dimenticare di diversificare, avverte Marcello Rubiu, amministratore unico di Norisk Scf intercettato da We Wealth.
Cct: cosa sono e come sottoscriverli
I Cct sono titoli di Stato a tasso variabile con cedola indicizzata all’Euribor semestrale, ossia al tasso interbancario di riferimento. “Normalmente prevedono un’aggiunta, chiamata tecnicamente margine, che può variare in base alla scadenza”, spiega Rubiu. “Le emissioni non hanno una frequenza così sistematica, l’ultimo a essere stato collocato risale a fine giugno, il precedente a febbraio, quello precedente ancora a marzo dello scorso anno. In ogni caso, è estremamente facile acquistarli. L’ideale sarebbe sottoscriverli in emissione, perché in quel caso le banche non potranno addebitare costi di intermediazione che potrebbero arrivare fino allo 0,5% del valore; diverso il caso delle banche online, dove le commissioni sono più contenute. Ad ogni modo, basta rivolgersi alla propria banca di riferimento o recarsi in posta”.
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I rischi connessi all’acquisto di un Cct
I rischi connessi all’acquisto di un Cct sono il rischio di credito (ovvero il rischio che lo Stato Italiano non riesca a pagare le cedole o rimborsare il capitale alla scadenza), il rischio di liquidità (non poter negoziare il titolo prima della scadenza) e il rischio di tasso (essendo un titolo a tasso variabile). “In passato era possibile investire su titoli indicizzati non all’Euribor ma all’indice dei Bot”, ricorda Rubiu. “Perciò la cedola si muoveva in modo sincrono rispetto al rischio Italia. Una differenza da non sottovalutare. Ora, qualora dovesse ampliarsi lo spread sui titoli di Stato italiani, anche il prezzo dei Cct potrebbe scendere. Il rischio di tasso, in altre parole, è minimo mentre il rischio di spread esiste esattamente come per gli altri titoli di Stato”.
Perché investire sui Cct adesso (e come)
“Adesso può essere un buon momento per investire sui Cct, perché non ci aspettiamo un taglio dei tassi prima dei prossimi due anni”, continua Rubiu. “Ma è importante diversificare rispetto ad altre tipologie di strumenti. Può avere senso una quota in Btp Italia, una parte in Btp nominali tradizionali e non dimenticherei il fatto che il rialzo dei tassi approvato dalla Banca centrale europea rende appetibili anche le soluzioni di Etf monetari che rendono come il tasso overnight della zona euro”, aggiunge. Suggerendo di evitare una concentrazione del rischio Italia. “Adesso la percezione è molto contenuta, però in passato abbiamo vissuto fasi anche abbastanza alterne. Per cui la fiducia nell’Italia va bene, ma ricordiamoci che possiamo investire ovunque e non disdegnare altre soluzioni”. Secondo l’esperto, l’esposizione obbligazionaria all’Italia non dovrebbe superare un range compreso tra il 10 e il 20% del portafoglio. “All’interno della componente governativa, credo che i Cct dovrebbero avere un peso leggermente inferiore, i Btp Italia leggermente maggiore e manterrei una parte sui Btp nominali, che offrono attualmente un rendimento significativo, sfiorando il 4% a due anni”.