Con il via libera del Consiglio Ue Ecofin, la direttiva Case Green è stata approvata definitivamente.
Diventa quindi definitiva la Energy performance of buildings directive (Epbd), che prevede di azzerare le emissioni per gli immobili, a un costo stimato dalla Commissione europea di 275 miliardi di investimenti l’anno (ovvero 152 miliardi di euro di investimenti all’anno in più rispetto alle risorse attuali). Si sono astenute Repubblica Ceca, Croazia, Polonia, Slovacchia e Svezia, mentre hanno votato contro Italia e Ungheria.
In ottica di raggiungimento degli investimenti, non sono previsti finanziamenti dedicati, ma i Paesi potranno attingere ai fondi Ue per sostenere la svolta, tra cui, il Fondo sociale per il clima, il Recovery fund e i Fondi di sviluppo regionale.
“E’ una direttiva bellissima, ambiziosa, ma alla fine chi paga? Noi abbiamo esperienze in Italia in cui pochi fortunelli hanno rifatto le case grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, cioè tutti gli altri italiani e diciamo che è un’esperienza che potrebbe insegnare qualcosa”, è stato il commento a caldo del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti.
I prossimi step della direttiva Case Green
Cosa succede ora? Nel momento in cui la nuova norma comunitaria sulle Case Green sarà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue, i 27 Stati membri avranno due anni di tempo per recepirla (Italia compresa) e per presentare all’Ue un piano nazionale di ristrutturazione, in cui dovranno spiegare come intendono raggiungere gli obiettivi fissati dalla normativa Ue e attraverso quali tappe.
Cosa prevede la nuova direttiva
Si tratta di una direttiva più soft rispetto alla proposta iniziale dello scorso anno. Non si parla più di classi energetiche, ora i vari stati potranno decidere su quali edifici concentrarsi. L’obiettivo è comunque quello di una riduzione del consumo energetico, per arrivare poi entro il 2050, con un parco residenziale che dovrà essere a zero emissioni.
Un aspetto importante è che bisognerà garantire che almeno il 55% della riduzione del consumo medio di energia primaria sia ottenuto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le peggiori prestazioni, quelli più energivori. Questo significa in Italia si dovrà intervenire e ristrutturare con priorità almeno circa 5 milioni di immobili su 12,5 milioni di edifici residenziali presenti nel nostro Paese.
Cosa prevedeva la direttiva di un anno fa sulle case green
Un anno fa, la direttiva parlava esplicitamente di classi energetiche: si era detto, infatti, che gli edifici residenziali dovevano raggiungere una classe di prestazione energetica minima di tipo E entro il 2030 e D entro il 2033 per arrivare alla neutralità assoluta entro il 2050, fatta eccezione per gli edifici di pregio artistico, storico o di culto, per le seconde case (abitate meno di 4 mesi l’anno) e per quelle abitazioni indipendenti con una superficie inferiore ai 50 metri quadrati.
Le novità delle direttiva sulle Case Green per le caldaie a gas e per i pannelli solari
Un’altra modifica rilevante della nuova direttiva delle case green riguarda lo stop alla vendita delle caldaie a gas, che è stato posticipato al 2040. Questa decisione mira a ridurre l’impatto sull’industria e sui consumatori. L’eliminazione delle caldaie a gas sarà però graduale. Dal 2025, infatti, saranno aboliti tutti i sussidi per le caldaie autonome a combustibili fossili, ma solo per gli ibridi, ovvero quelli che associano alla caldaia a gas una pompa di calore. Inoltre, sono stati previsti anche incentivi per incoraggiare il passaggio a sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati da energie rinnovabili.
Per quanto riguarda i pannelli solari, l’obbligo di installarli riguarderà i nuovi edifici pubblici e sarà progressivo, dal 2026 al 2030. Dovranno inoltre essere attuate strategie, politiche e misure nazionali per dotare di impianti solari gli edifici residenziali.
Le esenzioni alle direttiva sulle case green
I governi avranno la possibilità esentare alcune categorie di immobili, tra cui gli edifici storici e agricoli, le chiese e i luoghi di culto, gli immobili a uso militare, le case vacanza e quelli utilizzati solo temporaneamente.
Impatti della normativa sulle case green nelle tasche degli italiani
Per arrivare a ridurre i consumi energetici, ogni Paese membro (Italia inclusa) dovrà introdurre requisiti minimi di prestazione energetica, il che porta al collegamento con gli attestati di prestazione energetica (Ape).
Secondo un’indagine commissionata (a inizio 2023) da Facile.it agli istituti mUp Research e Norstat, più di 1 italiano su 2 non conosce la classe energetica della propria abitazione e, addirittura, circa 1,2 milioni di persone non hanno nemmeno idea di cosa significhi questo termine. Eppure, la certificazione energetica degli edifici è obbligatoria dal 2005 e nei prossimi anni, milioni di italiani saranno obbligati a ristrutturare la propria abitazione per raggiungere i criteri di sostenibilità indicati dall’Ue.
Le classi energetiche di una casa
La classe energetica di una casa – che è indicata nell’Attestato di prestazione energetica (Ape) che viene rilasciato da un tecnico abilitato – è importante per determinare l’efficienza dell’immobile (ossia per conoscere qual è il suo livello di consumi energetici e il suo impatto sull’ambiente) e, di conseguenza, anche il suo valore sul mercato. Ci sono 10 classe energetiche: per differenziarle si utilizzano degli indicatori (A4, A3, A2, A1, B, C, D, E, F, G) che vanno da A4, per indicare la classe energetica più performante, fino a G, che indica la classe meno performante. Questa scala classifica quindi i consumi in ordine crescente.
Quanto potrebbe costare, in media, il passaggio alla classe D per una famiglia italiana?
Da alcuni dati pubblici è emerso che per una casa singola di circa 100mq, ubicata al centro nord e costruita 50 anni fa, per passare dalla classe G alle E si devono rifare gli infissi con i doppi vetri, montare la caldaia a condensazione e coibentare il tetto; per passare alla D, poi, ci vuole il cappotto termico oppure l’installazione di una pompa di calore al posto della caldaia. A seconda dei lavori necessari, la spesa viaggia dai 20mila ai 40mila euro.
Si ricorda che la realtà italiana è fatta di 35,3 milioni di unità residenziali, di cui – si stima – 26,8 milioni con pessime performance energetiche. Secondo i dati Siape Enea, infatti, le abitazioni in classe F e G rappresenterebbero il 60% delle unità, mentre quelle in classe E il 16%. L’impatto della normativa sarà quindi pesante per il mercato italiano.
Quali lavori servono nel dettaglio per arrivare dalla classe F alla classe D? Cosa succede se non mi adeguo alla normativa?
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