Nella settimana del 13-19 marzo è previsto il voto del Parlamento europeo
Si può stimare un giro d’affari per la ristrutturazione immobiliare di oltre 1300 miliardi entro il 2033
Il valore degli edifici in classi G, F ed E è destinato a scendere gradualmente, man mano che si avvicinerà la scadenza del 2030
La nuova normativa non avrà un grosso impatto sulle case di lusso
Entra nel vivo il tema dell’efficientamento energetico degli edifici. Nella settimana del 13-19 marzo, è previsto, infatti, il voto del Parlamento europeo sul testo in questione. Cosa potrebbe succedere? Quali i rischi per il settore?
“L’aggiornamento della direttiva Ue per l’efficientamento energetico avrà un impatto significativo sul settore immobiliare, comportando sfide per i proprietari e gli investitori immobiliari ma anche opportunità per lavoro e sviluppo sostenibile”. Questo il commento di Piercarlo Rolando, amministratore delegato di Rina Prime Value Services, in merito al via libera della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo alla proposta di revisione della direttiva sulle performance energetiche degli edifici, che punta a ridurre l’emissione dei gas a effetto serra e il consumo energetico in campo edilizio entro il 2030 e a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Stando al testo approvato in commissione, gli edifici residenziali dovranno raggiungere una classe di prestazione energetica minima di tipo E entro il 2030 e D entro il 2033 per arrivare alla neutralità assoluta entro il 2050, fatta eccezione per gli edifici di pregio artistico, storico o di culto, per le seconde case e per quelle abitazioni con una superficie inferiore ai 50 metri quadrati.
Qual è la realtà italiana in tema di immobili ed efficientamento energetico?
Divisi gli operatori del settore, che ricordano che la realtà italiana è fatta di 35,3 milioni di unità residenziali, di cui – si stima – 26,8 milioni con pessime performance energetiche. Secondo i dati Siape Enea, infatti, le abitazioni in classe F e G rappresenterebbero il 60% delle unità, mentre quelle in classe E il 16%.
Sicuramente, da una parte la riqualificazione energetica offre grandi opportunità; dall’altra parte però avrà un profondo impatto sul mercato delle ristrutturazioni.
“Da un’analisi effettuata dell’ufficio studi Gabetti è emerso un aumento del valore di mercato variabile tra il 3-5% per ogni salto di classe energetica ottenuto attraverso una riqualificazione”, ha spiegato Diego Vitello, analista dell’ufficio studi del gruppo Gabetti. Che poi ha aggiunto: “Per fare un esempio, la riqualificazione di un edificio del valore di 200mila euro, che è passato da una classe E a una classe C, vede una rivalutazione immobiliare intorno al 15%, pari a 30mila euro in più rispetto al valore di partenza”.
“Per arrivare agli obiettivi di classe energetica E entro il 2030, D entro il 2033 e zero emissioni del settore edilizio entro e non oltre il 2050 occorrerebbe intervenire con costosissime (e spesso irrealistiche, considerato l’immobile in questione e la sua collocazione) opere di ristrutturazione radicale su più fronti: interventi di coibentazione delle facciate, isolamento termico, rifacimento degli infissi, ammodernamento delle caldaie e installazione progressiva di impianti solari”, ha illustrato Maurizio Fraschini, partner dello studio legale e tributario Plusiders, che ha parlato di una normativa insensata e totalmente avulsa dalla realtà geografica, economica e territoriale.
“Innanzitutto – ha detto Fraschini – pare davvero irragionevole, sotto l’egida integralista della lotta al cambiamento climatico, prevedere una normativa omogenea e di questa portata per tutti gli immobili: dal nord della Finlandia a Pantelleria, dal Portogallo alla Polonia. E poi – si chiede Fraschini – come sarebbe possibile realizzare tutto ciò in Italia, dove buona parte del patrimonio immobiliare risale, nella migliore delle ipotesi, alla ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale, in tessuti urbani densamente edificati, dove appare inimmaginabile ad esempio l’installazione di impianti fotovoltaici o di “cappotti” alle facciate? E chi sopporterà i costi di questo enorme intervento, visto che già il rialzo dei tassi determinerà tensione sui finanziamenti immobiliari e molti potenziali default?”.
In caso di acquisto di un nuovo appartamento a Milano per la messa a reddito, è più redditizio comprare un appartamento da ristrutturare, che ha prezzi più bassi, oppure comprarne uno nuovo, ma dal costo decisamente maggiore?
Cosa succede se un appartamento non raggiunge la classe di prestazione energetica minima di tipo E entro il 2030?
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Quali gli effetti che la nuova normativa potrebbe comportare sul mercato immobiliare italiano?
Anche se la direttiva entrerà in vigore con il recepimento statale nel 2025, è possibile già ora quantificare gli effetti che comporterà sul mercato immobiliare italiano sin dai prossimi anni.
Entro il 2030 dovranno infatti essere ristrutturate 21,2 milioni di abitazioni ed entro il 2033 ulteriori 5,6 milioni.
“Assumendo un importo medio di una ristrutturazione da 50 mila euro, per portare l’appartamento dalle classi G, F ed E almeno in classe D, si può stimare un giro d’affari per la ristrutturazione immobiliare di oltre 1300 miliardi di euro entro il 2033”, ha spiegato Rolando.
Quali sono quindi i rischi, nel breve periodo, per i singoli immobili?
“Il mercato immobiliare potrebbe davvero subire un colpo durissimo, poiché alcuni immobili potrebbero non solo deprezzarsi, ma addirittura, di fatto, essere esclusi dalla domanda perché ritenuti sostanzialmente “irrecuperabili”. Il sistema bancario, che ha concesso mutui a lunghissimo termine sulla base di valori che potrebbero essere radicalmente rivisti, potrebbe poi determinare una nuova crisi finanziaria profonda”, ha risposto Fraschini, che auspica che – sia in fase di approvazione a livello europeo sia in sede di adozione a livello nazionale – vengano apportati radicali cambiamenti al testo normativo che, così com’è formulato ad oggi, potrebbe determinare danni gravissimi e diffusi all’intero sistema economico.
“Il valore degli edifici in classi G, F ed E è destinato infatti a scendere gradualmente, man mano che si avvicinerà la scadenza del 2030, rendendo sempre più conveniente la ristrutturazione prima della vendita o l’acquisto da parte di operatori specializzati di immobili di unità o edifici residenziali in classi da G ad E, da riqualificare prima di essere re-immesse sul mercato”, ha aggiunto Rolando.
Una cosa è certa: “L’ultima revisione della direttiva Ue sulla prestazione energetica nell’edilizia va incontro a una tendenza in atto già in molti altri settori. Per esempio, pensiamo al settore automobilistico, dove i modelli ibridi stanno ormai sostituendo i veicoli a benzina. Collochiamo quindi ora il mercato immobiliare nello stesso scenario: chi compra casa oggi sa che la certificazione energetica dell’immobile è prioritaria e tenderà ad acquistare case nuove o con una certificazione già in linea alla normativa, pena l’acquisto di un immobile che per ovvi motivi andrà a svalutarsi (come detto in precedenza, ndr”), ha puntualizzato Vitello.
L’interesse verso le case di nuova costruzione
La conferma di un maggior interesse per gli immobili green arriva anche da Fabiana Megliola, responsabile ufficio studi del gruppo Tecnocasa. “Nel tempo, i potenziali acquirenti si sono dimostrati sempre più consapevoli dell’importanza di: benessere abitativo, innovazione, rigenerazione, riqualificazione urbana e responsabilità ambientale. Un tema che, post Covid, si è enfatizzato di più portando molti a scegliere immobili certificati, anche per motivi di risparmio energetico ed economico. Questa sensibilità sta portando ad acquistare anche in realtà più esterne come hinterland e periferie, dove ci sono gli spazi per costruire”, ha dichiarato Megliola, che poi ha proseguito dicendo: “In generale negli ultimi tempi si inizia a capire come un immobile in classe energetica elevata conservi valore nel tempo, anche in una futura ottica di rivendita”.
“Come ufficio studi del gruppo Tecnocasa abbiamo analizzato le compravendite residenziali realizzate attraverso le agenzie affiliate Tecnocasa e Tecnorete in Italia e abbiamo rilevato che, tra il 2019 e il 2022, è aumentata la percentuale di acquisti di abitazioni in classe energetica A. Si è passati infatti dal 3 al 4,2%, anche se gli scambi di case in classe G predominano, alla luce della vetustà del patrimonio abitativo italiano (interessando ancora il 58% delle transazioni della nostra rete, in calo però dal 59,5% del 2019)”. Non tutti però possono permetterselo. “La difficoltà con cui spesso si confrontano i potenziali acquirenti è infatti il prezzo più elevato che occorre pagare per questa tipologia di immobili, tanto che spesso si acquista l’usato per poi procedere alla riqualificazione”, ha concluso Megliola.
Quale sarà l’impatto della nuova normativa sulle case di lusso?
“Seppur, facendo una stima approssimativa, il 90% circa degli immobili luxury in Italia abbia probabilmente una classe energetica bassa, la nuova normativa non avrà un grosso impatto sul segmento lusso. Questo perché la maggior parte di tali immobili, che sorgono nei centri storici delle città, ha un carattere storico, spesso tutelato dalla Soprintendenza dei beni culturali che è molto attenta alla tutela artistica e storica delle città italiane – ha dichiarato Diego Vitello, analista dell’ufficio studi del gruppo Gabetti – Gli stessi centri storici, dove si trova gran parte degli immobili di pregio, sono zonizzati come Zona A che limita quasi del tutto ogni attività edilizia tale da snaturarne la valenza e l’identità storica”.
La nuova direttiva Ue dovrà rispettare questi limiti giustamente imposti per la salvaguardia del patrimonio culturale italiano. “Per quanto riguarda invece gli immobili di lusso di nuova costruzione, la classe energetica è caratteristica imprescindibile che viene garantita al proprietario già in fase di costruzione”, ha concluso Vitello.