I business angel sono quei soggetti che rischiano capitali propri ma mettono anche tempo e competenze a disposizione dei nuovi imprenditori
Giagnoni (IAG): la variabile principale nella scelta delle startup è il team
IAG index: crescono le startup con almeno una founder donna, soprattutto nel settore life science
Stando a un nuovo report pubblicato dal Social Innovation Monitor (SIM) i business angel italiani sono 1014. Guardando alla geografia, quasi il 70% del totale si trova in Italia settentrionale. Inoltre, il 60% dei BA intervistati (146/245) ha dichiarato di concentrare i propri investimenti solo in Italia.
Ma chi sono in particolare questi attori e qual è il valore aggiunto che possono apportare? We Wealth lo ha chiesto a Leonardo Giagnoni, managing director di Italian Angels for Growth (Iag), il più grande network di business angel in Italia, che recentemente ha presentato i risultati della prima edizione dello Iag index, fornendo una panoramica dell’ecosistema delle startup nella rete dei business angel.
Scopriamo i principali tratti distintivi di questa nuova figura.
Qual è il ruolo dei business angel nell’ecosistema startup italiano?
I business angel supportano la nascita di nuove realtà imprenditoriali nel mondo dell’innovazione. Sono un ponte tra università, centri di ricerca e chi si vuole buttare nel mondo dell’imprenditoria. I business angel sono quei soggetti che rischiano capitali propri ma mettono anche tempo e competenze a disposizione dei nuovi imprenditori. L’obiettivo è quello di investire nell’economia reale, trasformando idee imprenditoriali da progetti su carta a posti di lavoro e Pil.
Come scegliete i progetti in cui investire? Quali sono le variabili più importanti che tenete in considerazione?
Considerando la fase in questione (seed, ndr) la variabile principale è il team. Capire bene il gruppo di persone, il loro background, le loro competenze è fondamentale. Ma anche la motivazione personale è altrettanto fondamentale perché fare impresa è un percorso duro con tantissimi alti e bassi e serve tenacia. Identificare e puntare sulle persone più resilienti e valide è il punto principale. Dopo le persone si analizza la tecnologia (prodotto o servizio), l’opportunità di mercato e di ritorno/investimento.
Cosa caratterizza la fase seed della vita di una startup e qual è il valore aggiunto che apportate in quanto business angel?
Intanto, bisogna premettere che parliamo di fase seed nell’ottica di un gruppo di business angel, che rispetto a uno singolo ha un ticket di investimento più alto (da mezzo milione a due milioni). Con fase seed si intende l’approccio e lo sviluppo del mercato. Nello specifico, si tratta di quelle aziende che hanno già un prodotto/servizio pronto, ma hanno riscontrato difficoltà o si sono appena affacciate al mercato e hanno quindi bisogno delle risorse e del network per attuare il passaggio da idea ad azienda strutturata. Iag si focalizza sul seed che è la fase di maggior rischio, ma in parte anche sul pre-seed, series A e series B. Affianchiamo l’imprenditore dalla prima fase di accesso al mercato, passando poi all’internazionalizzazione e infine al dialogo con grandi corporate e fondi investimento. Chiaramente il nostro impegno è inversamente proporzionale alla crescita della società ma restiamo sempre al fianco delle aziende nelle varie fasi di vita.
Avete recentemente presentato i risultati della prima edizione dello Iag index, che forniscono una panoramica dell’ecosistema startup nella rete dei business angel in Italia. Quali sono le principali evidenze emerse?
La prima riguarda l’imprenditoria femminile. Crescono infatti le startup con almeno una founder donna, soprattutto nel settore life science. Per quanto parliamo di piccole percentuali, siamo contenti di essere sopra la media internazionale perché la diversità è un valore aggiunto che si può dare all’impresa sia in ottica di view che di strategia. Un altro punto molto interessante sono le valutazioni a confronto nelle varie fasi di sviluppo: abbiamo rilevato una crescita esponenziale da una fase all’altra. In particolare, le valutazioni in ambito pre-seed si orientano sui 2 milioni di euro, duplicandosi, se non di più̀, nei round seed (5 milioni di euro) e ulteriormente crescendo fino ad una media di 14 milioni di euro nei series A.