L’appuntamento che la Bce ha fissato giovedì presso la sede di Atene potrebbe segnare l’inizio ufficiale di una nuova fase di attesa, archiviando di fatto la possibilità di nuovi rialzi dei tassi – dopo i nove inasprimenti decisi a partire da metà 2022. L’attenzione degli operatori si concentrerà principalmente su tre fattori. Il giudizio che la Bce fornirà sull’andamento futuro dell’economia europea, che martedì ha lanciato nuovi segnali di debolezza; la discussione evocata nelle settimane scorse sul possibile innalzamento delle riserve obbligatorie richieste alle banche; la rotta sui reinvestimenti dei titoli acquistati nell’ambito del piano anti-pandemia (Pepp) e la relativa riduzione del bilancio della Bce.
“Ci aspettiamo una serie di comunicazioni dovish da parte della Banca centrale europea: dall’ultima riunione l’inflazione nell’Area euro è diminuita e i dati sull’attività economica si sono deteriorati. I dati Pmi di martedì mattina sono stati a dir poco disastrosi. A nostro avviso, tutto ciò elimina la possibilità di un ulteriore inasprimento”, hanno affermato a We Wealth gli analisti di Ebury. L’indice Pmi, che anticipa l’attività economica prevista dai direttori per gli acquisti si è attestata sotto la quota della parità (50 punti) sia nel settore dei servizi sia in quello della manifattura: ciò dimostra un’attesa di riduzione del business in questi settori. In particolare, l’indice composito è in territorio “profondamente recessivo a 46,5 punti, il peggior rallentamento dal novembre 2020 e il maggior calo nell’attività economica da dieci anni se si esclude il periodo pandemico”, hanno aggiunto in una nota separata gli analisti di Ebury.
Secondo il senior market strategist di IG Italia, Filippo Diodovich, la pausa sui rialzi dei tassi ci sarà, “ma resterà comunque hawkish”, lasciando “aperto uno spiraglio per un prossimo rialzo nella riunione di dicembre quando lo staff di esperti della Bce pubblicherà le stime sulle variabili macroeconomiche (Pil, inflazione, disoccupazione) e potrebbe decidere di accelerare sulla riduzione degli asset in pancia all’istituto di Francoforte”, ha affermato lo strategist a questo giornale.
Oltre al peggioramento delle previsioni economiche, anche la riduzione dell’inflazione di fondo dovrebbe scoraggiare il board della Bce a alzare ancora i tassi. “La nostra misura dell’inflazione core mensile bottom-up destagionalizzata suggerisce che la Bce è sulla buona strada per raggiungere il suo obiettivo di inflazione”, anche se “non è il momento di rivedere il [suo] messaggio di settembre”, hanno dichiarato gli analisti di Bank of America, “le nostre aspettative per la riunione di questa settimana si limitano a un chiarimento sullo stato di avanzamento della discussione sulla riserva obbligatoria e sul reinvestimento del Pepp”.
Aumentare le riserve obbligatorie delle banche: cosa cambia
Il 27 settembre scorso il governatore della banca centrale austriaca e membro del consiglio Bce, Robert Holzmann, aveva ventilato l’idea di incrementare di dieci volti le riserve minime obbligatorie delle banche commerciali. La mossa limiterebbe la circolazione della moneta e l’inflazione, ma anche i profitti delle banche: sulle riserve obbligatorie la Bce, da settembre, non paga più alcun interesse alle banche. Attualmente le riserve obbligatorie ammontano all’1% dei depositi: secondo alcune fonti riservate sentite da Reuters a fine settembre, si potrebbe rivedere la soglia al 3 o al 4% – comunque molto meno rispetto a quanto suggerito da Holzmann.
“Ci aspettiamo che il presidente della Bce Lagarde dica che la discussione sulla riserva obbligatoria si limita alla ‘normalizzazione’ (cioè al 2% o quasi) nel contesto della revisione del quadro operativo”, hanno affermato da Bank of America, che però ritiene improbabile che questa materia possa essere discussa nella dichiarazione ufficiale: più probabilmente il tema emergerà nelle risposte alle domande dei cronisti.
Ridurre il bilancio Bce: Btp con le antenne alzate
Le altre questioni di particolare interesse per il futuro andamento dei rendimenti dei titoli di Stato riguardano il processo di riduzione del bilancio della Bce, un percorso nel quale i titoli rimborsati dagli Stati a Francoforte non vengono reinvestiti – sortendo l’effetto netto di sottrarre moneta all’economia. I titoli acquistati nell’ambito del piano anti-pandemia Pepp prevede che i reinvestimenti proseguano almeno fino al termine del 2024 – anche se il board non esclude di poter ridefinire la tabella di marcia “in modo da evitare interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria”. L’eventuale anticipazione del termine dei reinvestimenti avrebbe un effetto restrittivo sulla politica monetaria, ma potrebbe far aumentare lo spread sui titoli di Stato nell’Eurozona e penalizzare, fra le altre cose, il prezzo dei Btp italiani.
“Ci aspettiamo che la Lagarde non si impegnerà nella discussione sul reinvestimento del Pepp: riconoscere la discussione nella dichiarazione preparata sarebbe un segnale da falco, dal quale ci aspettiamo che il Consiglio direttivo rifugga”, hanno dichiarato gli esperti di BofA.
Anche Filippo Diodovich si aspetta di vedere “poche informazioni relative agli strumenti straordinari di politica monetaria”, come il Pepp ed eventuali revisioni della riserva obbligatoria, “rimandando le decisioni al meeting di dicembre quando saranno pubblicate le stime degli esperti della Bce su inflazione, disoccupazione e Pil”.
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L’outlook economico e la tempistica sui tagli dei tassi
Con queste premesse, la Bce sarà ascoltata soprattutto per comprendere il grado di preoccupazione sull’andamento futuro dell’economia dell’Eurozona. Un tono più pessimista potrebbe far pensare a un appuntamento più ravvicinato con il primo taglio dei tassi d’interesse, atteso nella prima metà del 2024.
“Non essendo previsto alcun cambiamento nella politica monetaria per un certo periodo di tempo, è probabile che la presidente Lagarde non si esprimerà sui tassi”, hanno dichiarato gli analisti di Ebury a questo giornale, “tuttavia, presteremo particolare attenzione all’opinione dei responsabili politici sulle prospettive di crescita, che ora appaiono fondamentali per la tempistica dei tagli dei tassi. Allo stato attuale, i mercati degli swap prezzano il primo taglio dei tassi nel secondo trimestre del 2024, una visione che riteniamo si consoliderebbe nel caso in cui il Consiglio direttivo adottasse un tono negativo questa settimana”.
Anche per quello che riguarda la forza del tasso di cambio dell’euro, “se la Lagarde dovesse esprimere maggiori preoccupazioni sulla possibilità di una recessione, segnalando al contempo i timori geopolitici e il forte aumento dei rendimenti dei titoli di Stato come rischi per le prospettive”, hanno concluso gli analisti di Ebury, “l’euro probabilmente cederebbe”.