Sensazionale, possiamo dire che Banksy ci abbia ancora una volta spiazzato con il suo genio misto a sottile irriverenza, ma prima di commentare gli effetti fenomenali che la doppia performance ha avuto e continuerà ad avere sul mercato dell’arte, faremo un passo indietro su cosa è un archivio d’artista e su cosa è, appunto Pest Control.
L’archivio consiste in un database di opere, in cui sono presenti immagini, descrizioni tecniche e informazioni su esposizioni e bibliografia, raccolti nel corso della stessa attività dell’artista ed al fine di pubblicare una raccolta/catalogo generale.
“Love is in the Bin”, ovvero l’ex “Girl with Baloon”. Courtesy Sotheby’s
La forma giuridica di ogni archivio può cambiare da artista ad artista ed infatti troviamo varie entità sotto forma di archivio come Fondazioni, Associazioni o Comitati o archivi privati costituiti come società o privi di specifica personalità giuridica.
Da un punto di vista giuridico, tuttavia, non esiste una normativa unitaria caratterizzante le attività in seno ad ogni archivio, in quanto rappresentando la scelta della Forma un criterio di discrezionalità innato, lo stesso accade per le modalità con le quali viene stabilito da archivio ad archivio l’autenticità o meno di un’opera d’arte.
Laddove taluno dovesse sindacare su tali modalità, potrà farlo prendendo come riferimento le Leggi speciali o il codice civile a seconda che venga fatta una scelta o l’altra sul tipo di Forma giuridica scelta dall’artista ovvero dai suoi aventi causa e/o diritto; laddove intervenga una dichiarazione di interesse culturale dell’archivio, si dovrà prendere in considerazione la disciplina stabilita dal Codice dei Beni Culturali e per valutare la riproducibilità delle opere si dovrà prendere in esame la legge sul diritto d’autore.
Dopo questa sintetica descrizione degli archivi e delle loro ripercussioni legali torniamo alla figura, ruolo e scopo di Pest Control, tutto ciò è facilmente riscontrabile sul sito web di Banksy (https://pestcontroloffice.com/faq.asp) , nel quale viene da sorridere – e come potrebbe essere il contrario -laddove si leggono frasi dal tenore: “ Pest Control è l’unica fonte di COA per Banksy. Li emettiamo per dipinti, stampe, sculture e altri tentativi di creatività. Non li emettiamo per cose come adesivi, poster, valuta deturpata o qualsiasi cosa che non fosse originariamente intesa come “opera d’arte”. E di certo non li emettiamo per nulla di illegale, perché abbiamo un avvocato.”
Dalla sola lettura di queste poche righe, viene sempre più alla luce quel genio misto a sottile irriverenza dell’Artista che si sintetizza anche negli elementi più patrimonialmente e formalmente esposti della propria attività e del mercato delle proprie opere d’arte.
Non è una sorpresa che “Love is in the Bin”, ex Girl with Baloon, fosse la superstar della serata di Sotheby’s, in quanto l’opera non portava con sé solo il valore di un’opera. Dopo essere stata fatta a pezzi nel novembre 2018, Banksy è andato ancora oltre e alla tela è stato cambiato anche il nome. Mutatis mutandis, si può parlare di una doppia performance di successo alla quale il mercato rilancia e dimostra di essere sempre più incline ad accettare la provocazione.
La distruzione di un’opera nel momento in cui viene consacrata dal mercato secondario e un successivo cambio di nome, non si erano mai visti prima. Nessuno aveva mai dato forma a un’opera d’arte mentre la stessa veniva piazzata all’asta. Dall’altro lato il metodo Pest Control cambia i rituali del sistema dell’arte. È come se Banksy avesse strappato l’opera alle sorti del mercato e ristabilito le gerarchie di un sistema che raggiunge l’apice di questo processo in una sessione d’asta, escludendo l’artista dai processi di produzione di valore.
Le aste, cuore pulsante del mercato secondario, sembrano così mutare il loro ruolo e divengono lo studio di un’artista, in cui prende forma l’opera d’arte. Una operazione che rientra perfettamente nelle regole non scritte di un “mercato rivoluzionario” come usa definirlo Thierry Ehrmann, presidente e fondatore di Artmarket.com e del suo dipartimento Artprice, ben distinto da un “mercato organico”, tradizionale e che tiene conto della storia dell’arte, con i suoi codici, i suoi musei, le sue gallerie, le sue fiere, le sue biennali, ecc.
Eppure qualcosa non torna più nel gioco dello street artist proprio perché da elemento di disturbo e alterazione, Banksy è ormai ingranaggio del sistema. Vanta l’anonimato ma è molto presente, non solo come star di aste milionarie ma anche con un metodo di controllo del suo mercato – il Pest Control appunto – non delegando nulla a gallerie o musei. Così facendo, che lo si voglia o no, ha rivoluzionato il sistema dell’arte. Già nel primo semestre del 2021, Banksy era l’unico artista vivente tra cinque firme di maggior successo nel mercato mondiale delle aste d’arte occupando la quinta posizione nella classifica generale di Artprice appena dietro ai colossi Picasso, Basquiat, Warhol e Monet.
Cosa dobbiamo aspettarci ancora? Probabilmente un’epoca in cui al valore delle opere si aggiungono zeri, passando dall’artista al mercato aperto delle aste con una velocità strabiliante così come è accaduto anche per Damien Hirst e Maurizio Cattelan. Si ha però il sospetto di essere di fronte a qualcosa di non più sincero, ad una logica al contrario che risponde ad un’impresa commerciale. Sembra tornare la riflessione di Andy Warhol che innalza il denaro a divinità, ad una tentazione alla quale neppure gli artisti prima o poi non rinunciano.