Unicredit l’aveva previsto: la concessione delle regole del Danish Compromise per l’acquisizione di Anima da parte di Banco Bpm Vita non è arrivata. Lo ha rivelato una fonte interna alla Bce, secondo quanto riportato da Reuters. Il parere dell’Eurotower non è vincolante, ma il verdetto finale spetta all’Autorità Bancaria Europea.
L’assenza di questa agevolazione regolamentare peserà ancora di più sull’assorbimento di capitale legato all’Opa su Anima, il cui prezzo è stato già rilanciato da 6,2 a 7 euro per azione. Con questa prospettiva in mente, gli investitori hanno venduto massicciamente il titolo Banco Bpm, che ha perso fino al 6% nella seduta di mercoledì.
Il problema del Danish Compromise è tecnico, ma con conseguenze concrete. Banco Bpm ha scelto di effettuare l’offerta su Anima tramite la sua controllata assicurativa Bpm Vita, per ridurre l’impatto sul capitale regolamentare. Infatti, il Danish Compromise permette alle banche di ponderare per il rischio le partecipazioni in compagnie assicurative, invece di dedurle interamente dal capitale. Tuttavia, il nodo della questione —anche se le motivazioni ufficiali non sono ancora emerse— è che Anima non è un’impresa assicurativa, ma un gestore patrimoniale. Di conseguenza, il solo fatto che l’acquisizione avvenga tramite Banco Bpm Vita non probabilmente sufficiente per rientrare nei criteri di applicabilità di questa eccezione normativa.
“Difficile dire cosa abbia motivato il no, attendiamo che la Bce rappresenti i razionali della decisione. Potrebbero esprimersi entro fine marzo anche sull’acquisizione di AXA Investment Managers da parte di BNP Paribas che è un caso similare di acquisizione”, ha commentato a We Wealth il ceo di Excellence Consulting, Maurizio Primanni, “Potrebbe esserci un rilancio più contenuto di Unicredit sull’Ops?
Il titolo Bpm nell’immediato è sceso, ma la risposta dipenderà dal tempo che si prenderà Unicredit per decidere e da come reagirà il titolo Bpm nel frattempo”.
Questa scelta della Bce è arrivata inattesa e potrebbe anche segnare un precedente: “Sarà interessante vedere come si posizionerà l’Eba rispetto alla Bce e come sarà trattata l’acquisizione di AXA Investment da parte di BNP Paribas”, ha aggiunto Primanni, “ci aiuterà a capire meglio l’interpretazione della norma che danno i regolatori europei e farà sicuramente scuola per nuove operazioni”.
Lo scenario del “no al Danish Compromise” era stato anticipato da Unicredit il 17 febbraio, scatenando la reazione immediata del management di Piazza Meda. Secondo Unicredit, senza il Danish Compromise il CET1 di Banco Bpm potrebbe scendere fino all’11,38% dopo l’acquisizione di Anima a 7 euro per azione, riducendo così l’attrattiva della banca in vista dello scambio azionario proposto. L’amministratore delegato di Banco Bpm aveva bollato queste previsioni come “accuse pericolose”, sostenendo che il gruppo aveva “tutto il capitale necessario per Anima” e che era “completamente falso” affermare che la banca non avrebbe ottenuto il Danish Compromise. Tuttavia, quella che allora era solo un’ipotesi oggi si è concretizzata. Anche se i calcoli sull’impatto di capitale potrebbero differire da quelli stimati da Unicredit, una conferma definitiva del mancato Danish Compromise assorbirebbe circa 1,8 miliardi di euro dal capitale di Banco Bpm.
Intanto, Banco BPM ha comunicato che al 25 marzo 2025 è stata raggiunta un’adesione pari al 47,24% del capitale di Anima Holding, superando così la soglia minima del 45% più un’azione richiesta per il buon esito dell’OPA. A questo proposito, l’istituto discuterà l’andamento delle adesioni nel consiglio di amministrazione già convocato per il 27 marzo.
Nonostante la prospettiva sfavorevole sul fronte regolamentare, Banco BPM ha confermato i target indicati nel piano strategico 2024-2027 anche in caso di mancata applicazione del Danish Compromise. In particolare, il CET1 ratio è previsto comunque al di sopra del 13% (rispetto al 14,4% dello scenario base con Danish Compromise), mentre la distribuzione complessiva agli azionisti rimane pari a 6 miliardi di euro – superiore del 50% rispetto al piano precedente – equivalenti a un euro per azione su base annua. Nello scenario favorevole, si aggiungerebbe un ulteriore miliardo di euro.
Il periodo di adesione all’Opa su Anima a 7 euro per azione è partito il 17 aprile, con il via libera degli azionisti, del Cda e delle autorità di vigilanza (Antitrust, Ivass, Bankitalia, Consob), e si concluderà il 4 aprile 2025.
Il periodo di adesione all’Opa su Anima a 7 euro per azione è partito il 17 aprile, con il via libera degli azionisti, del Cda e delle autorità di vigilanza (Antitrust, Ivass, Bankitalia, Consob), e si concluderà il 4 aprile 2025.