Il prossimo 28 febbraio l’assemblea degli azionisti di Banco Bpm sarà chiamata a votare il rilancio dell’offerta sul gestore patrimoniale Anima. La mossa, apertamente scoraggiata da un comunicato stampa di Unicredit, potrebbe essere il segno che, dopotutto, Gae Aulenti potrebbe preferire Banco Bpm con più capitale senza avere completato l’acquisizione di Anima. Ne abbiamo parlato Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting, società di consulenza specializzata nei servizi finanziari.
L’idea di far acquisire Anima da Bpm Vita per beneficiare del Danish Compromise è fondata o rischia di non reggere alla prova del regolatore?
No, ci sta assolutamente. Il Danish Compromise è stato definito in Danimarca, ma è un accordo dell’Unione Europea. È vero che la Bce deve approvarlo caso per caso, ma finora non ha mai negato l’autorizzazione. Quindi, per me, sta in piedi. Inoltre, Unicredit non contesta il Danish Compromise per l’operazione, ma sostiene che, senza di esso, Bpm non rispetterebbe i requisiti patrimoniali di vigilanza. Ma su che basi lo afferma? Unicredit non ha accesso ai dati di assorbimento di capitale di Bpm, né ai dettagli sui suoi crediti.
Quindi il valore degli asset ponderati per il rischio è noto solo alla banca stessa?
Esatto. Il calcolo del coefficiente di capitale è solo ipotizzabile teoricamente, ma è impossibile avere un calcolo puntuale perché alcune variabili come il valore esatto degli strumenti AT1 sono di difficile determinazione e inoltre le banche possono adottare metodologie diverse per il calcolo degli RWA.
Bpm ha deciso di rilanciare il prezzo dell’opa su Anima, da 6,2 a 7 euro per azione, scatenando la reazione di Unicredit. Ma la presenza di Anima non avrebbe dovuto essere un vantaggio in un’eventuale Ops sul Banco?
Dipende dalla strategia di Unicredit. Ricordiamo che ha un accordo con Amundi [in scadenza nel 2027, ndr.]. Se Unicredit intende proseguire con Amundi, non ha bisogno di Anima. E Amundi, ricordiamolo, è il più grande asset manager europeo.
Si ipotizza che Crédit Agricole stia negoziando il mantenimento della partnership fra Unicredit e Amundi per dare il suo via libera all’ops su Bpm, di cui è azionista al 15,1%. Ma perché Unicredit sembra voler ostacolare il rilancio del cda di Bpm con tanta determinazione?
Se Bpm rilancia su Anima, Unicredit dovrà alzare ulteriormente la sua offerta per acquisire Bpm.
Quindi Unicredit considera l’acquisizione di Anima a 7 euro per azione una mossa che impatta negativamente sul capitale di Bpm, rendendo l’operazione meno appetibile?
Esatto. Ma il punto è che Bpm si sta muovendo in modo assolutamente legittimo. Il management di Bpm sta semplicemente dicendo: Non conosco ancora i dettagli dell’offerta di Unicredit, ma so che quella attuale è a sconto rispetto al mercato, quindi non la considero realizzabile. Continuo con la mia strategia. E da un punto di vista industriale, ha senso che Bpm voglia comprare Anima.
Anche perché il rilancio di Bpm su Anima è stato fatto allineandosi ai prezzi di mercato.
Esattamente. Non è un’operazione azzardata. Bpm ha anche convocato un’assemblea per far approvare l’operazione in piena trasparenza.
Quindi la reazione di Unicredit ci suggerisce che l’acquisizione di Anima, per Gae Aulenti, non è poi così cruciale?
Sì, sembra che avrebbero fatto volentieri a meno di includerla nell’operazione.
Guardando all’assemblea del 28 febbraio, crede che la minaccia di Unicredit di ritirare l’Ops possa influenzare il voto degli azionisti di Bpm sul rilancio dell’opa?
Difficile dirlo. Siamo in una situazione con troppe variabili. Sapremo cosa succederà solo dopo che sarà successo. Fare previsioni su queste dinamiche è sempre molto complicato.