Tutto ciò ha aumentato la crisi del sistema bancario con l’incremento dei costi in tecnologia non ancora compensato dalla diminuzione del personale (si parla di circa 65mila esuberi nel panorama bancario italiano). Le nuove generazioni (millenials e zeta), futuri gestori anche dei patrimoni lasciati in eredità nei prossimi 5/10 anni dalle altre generazioni, conoscono e vogliono solo operare in maniera totalmente digitalizzata per quanto concerne il rapporto con il proprio istituto di credito.
In tutto questo i consulenti finanziari che ruolo hanno, come si posizionano tra tecnologia e banche?
Se un consulente finanziario per sviluppare il business esalta la propria banca “mandante” per tutti gli aspetti tecnologici evidenziandone i pregi (compresa la grande opportunità dei conti deposito), si troverà a essere un impiegato di banca a stipendio variabile facendo percepire al cliente maggiormente il valore della azienda rispetto al suo vero ruolo, anche a rischio di una mancata fidelizzazione. Ma Il rischio più grande che questa tipologia di consulente corre è quella di non riuscire a giustificare i costi del suo operato che il cliente sostiene e che sino allo scorso anno non aveva la consapevolezza di pagare, abituato psicologicamente a utilizzare i servizi delle banche a costo 0 come sopra rappresentato.
Al contrario, se un consulente finanziario ha il coraggio di “uscire allo scoperto” – rappresentando al cliente il suo vero ruolo, evidenziando che il conto corrente per lui è solo un luogo in cui transitano i flussi legati agli investimenti che farà per conto del cliente, senza entrare nel merito dei servizi collegati (bancomat, carte di credito, canoni mensili, etc), e che la tecnologia è un mezzo per eliminare un po’ di carta – esalterà appieno ciò che realmente fa e concentrerà il rapporto con il cliente sulle sue competenze e sul rapporto interpersonale, dando un significato concreto anche ai costi sostenuti per il servizio di consulenza.
Per far percepire in maniera corretta il nostro ruolo di consulenti finanziari dovremo quindi prendere le distanze dalle banche perché la politica di sviluppo dei due business è totalmente contrapposta: da una parte le banche (lo si vede anche dalle pubblicità) per acquisire nuovi clienti fanno la guerra dei prezzi come molte altre aziende di servizi (vedi la telefonia mobile) esaltando la tecnologia come protagonista, dall’altra i consulenti per conquistare nuove quote di mercato e motivare i propri costi, combattono sulla qualità del servizio e sulle proprie competenze, dando un ruolo marginale alla tecnologia, o meglio utilizzando la tecnologia per le proprie attività di back office, ma non per essere più bravi con i clienti.
Sarebbe bello quindi vedere qualche pubblicità di banche che hanno reti di consulenti, concentrata esclusivamente sul ruolo del cf e non sulla tecnologia o sui costi dei servizi bancari, dando un contentino ai consulenti solo sui secondi finali. Questo aiuterebbe molto la categoria e inizierebbe a dare un messaggio ai cittadini italiani che esiste un ruolo alla pari di medici, commercialisti e avvocati (non mi sembra che in questi ambiti la tecnologia abbia stravolto il rapporto cliente/professionista), che viaggia solo in modalità parallela alle banche, ma che non deve essere confuso con esse. Per fortuna ci sono aziende già attive in tal senso che addirittura esaltano il ruolo del consulente finanziario come erogatore di servizi anche non finanziari tradizionali (real estate, fiscale, aziendale) che operano in architettura aperta anche sul mondo del banking alla pari della architettura aperta delle famose “case terze”, facendo percepire ai clienti (privati o aziende) chi è il consulente finanziario, di cosa si occupa e quali competenze ha, lasciando anche la tecnologia, dietro le quinte.