Un anonimo ritratto di bambina viene acquistato in un’asta da un esperto d’arte per qualche centinaio di euro. Il collezionista, dopo studi e ricerche, afferma che l’opera è stata realizzata da Monet, con una possibile rivalutazione per milioni di euro. Ma non tutti sono d’accordo. E così il quadro “dormiente” si risveglia e inizia a far parlare di sé.
La notizia è rimbalzata in poco tempo su gran parte delle testate giornalistiche nazionali. Poi è stata ripresa anche dalle televisioni. A Milano, in una tranquilla asta di metà aprile, è stato battuto un dipinto che, secondo l’aggiudicatario, è stato realizzato da Claude Monet, uno dei massimi esponenti dell’arte impressionista francese. L’opera dal titolo Bambina con coniglio reca una firma non identificata e come tale la casa d’aste l’ha presentata nel catalogo insieme a una stima compresa tra i 1.000 e 1.500 euro. Il dipinto è stato quindi aggiudicato alla base d’asta di 650 euro oltre i diritti (26%).
“Ho partecipato all’asta dopo aver studiato il catalogo e aver selezionato tre opere interessanti. Sono riuscito ad aggiudicarmi La bambina con coniglio che in realtà è di Claude Monet”, afferma Carlo Maria Romagnoli, avvocato penalista e perito d’arte presso il tribunale di Piacenza, specializzato in diritto dei beni culturali, acquirente dell’opera. “Ho condotto uno studio sul dipinto nelle fasi che hanno preceduto l’asta utilizzando il metodo del confronto come faccio di solito quando non è identificato con certezza l’autore. La comparazione si basa su tre parametri: epoca, autore e misure. Inizio con il contestualizzare l’opera rispetto al periodo di probabile realizzazione che nel caso della Bambina con coniglio è il XX secolo. Quindi, utilizzando dati storici, individuo gli artisti attivi in quel periodo che possono essere, per analogia, tecnica e stile, affini al soggetto dell’opera. Poi cerco riscontri oggettivi come, ad esempio, le dimensioni della tela, la tenuta del colore rispetto al periodo e il rintelo se presente”.
Il metodo del confronto utilizzato da Romagnoli si basa su una banca dati da lui realizzata in più di trent’anni con immagini provenienti dall’esame di circa 12 mila opere all’anno tratte da cataloghi d’asta e altre pubblicazioni. Il periodo artistico di riferimento va dal ‘500 agli artisti impressionisti a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. L’esito delle analisi condotte ha portato a ritenere che il ritratto della bambina sia stato realizzato in Francia nei primi anni del ‘900 da Claude Monet. Il soggetto risulterebbe comparabile con un’altra opera nota dell’artista francese Il bambino con una tazza, ritratto di Jean Monet. In entrambi i casi l’artista si concentra sui membri della sua famiglia diversamente dai paesaggi aperti e naturali che l’hanno reso celebre. E poi ci sarebbero le misure della tela che sono quelle utilizzate per lo più in Francia nel periodo considerato (104×74,5 cm). Romagnoli con il suo metodo afferma di aver scoperto in passato un dipinto di Amedeo Modigliani nell’anonimo Ritratto di giovane donna, olio su tela non rintelato (42×32 cm), acquistato in un’altra asta e pubblicato poi come tale su Mondadori Arte gennaio 2015.
Se dunque la ricostruzione fatta dal collezionista fosse corretta, la Bambina con coniglio potrebbe avere una rivalutazione considerevole. E qui si innesca il tema delle verifiche. “Si può discutere se l’opera sia stata realizzata alla fine del ‘800 o nei primi anni del ‘900, viste le cadute di colore, ma sono certo che l’autore sia Monet perché la firma sull’opera è la sua per quanto non chiaramente leggibile a causa della fluidità del colore che, come noto, ha caratterizzato le sue ultime realizzazioni”, precisa Romagnoli. Queste conclusioni trovano il supporto da parte di Vladimir Cicognani, critico ed esperto del tribunale e della Camera di Commercio di Bologna dal 1981, conoscitore dell’opera di Claude Monet in quanto ha collaborato a mostre sull’artista negli anni 90 e a cui il dipinto della bambina con coniglio è stato sottoposto dopo l’acquisto. Contrario invece il sottosegretario di Stato alla Cultura Vittorio Sgarbi secondo cui l’opera “non ha niente a che fare con Monet” in quanto probabilmente è stato realizzato intorno al 1940 (e dunque dopo la morte dell’artista avvenuta nel 1926), anche se il suo giudizio si basa sull’esame delle sole immagini pubblicate.
Allora come districarsi tra conclusioni così contrastanti? Il diritto di opinione è un diritto costituzionalmente garantito e quindi anche nel settore dell’arte possono essere rese perizie da chiunque. Tuttavia, il mercato, ai fini della commerciabilità dell’opera, riconosce uno o più “autenticatori” che siano gli eredi, la fondazione o gli esperti studiosi dell’artista. Nei casi più complessi si fa riferimento all’opinione maggioritaria di esperti qualificati avendo cura di indicarlo nella vendita. Romagnoli ha dichiarato che non svolgerà ulteriori approfondimenti sulla sua opera neanche in Francia dove l’artista ha realizzato la sua produzione. “Se la Bambina non è di Monet mi devono dire chi l’ha dipinta e in quale epoca” aggiunge respingendo i dubbi e spostando l’onere della prova. Ne consegue che, finché l’opera non sarà certificata da altri esperti e rimessa in circolazione possiamo solo registrare pareri ad oggi contrastanti.
Qual è il ruolo della casa d’asta e quello del procedente proprietario in questa vicenda? Nessuno di loro potrebbe avanzare rivendicazioni qualora l’opera fosse effettivamente riconosciuta come di Monet. La casa d’aste è un operatore economico che ha una competenza tecnica specifica in materia e dunque deve adottare una diligenza qualificata nelle informazioni che accompagnano la vendita ma non è tenuta a autenticare l’opera e neppure la sua provenienza. Le condizioni di vendita riportate nel catalogo precisano infatti che ogni asserzione relativa all’autore è un’opinione e non un dato di fatto. A sua volta, il venditore che ha incaricato la casa con un mandato a vendere, è colui che offre pubblicamente in vendita il bene tramite l’asta nello stato in cui essa si trova e al miglior offerente. Quindi potrebbero volerci anni prima che l’opera sia definitivamente certificata. “Ma io non ho fretta” conclude Romagnoli “l’opera rimarrà nella mia collezione”.